SASSOFERRATO – L’arma del delitto era in mano alla vittima ed il muratore è riuscito a levargliela, dopo essere stato ferito al ginocchio. Quindi, le coltellate 22 o 23, molte nella parte superiore del busto, altre alle mani – segno di un estremo tentativo di difesa – e alle gambe. Almeno una, quasi certamente, quella mortale, dritta al cuore. Quindi, la fuga. Non prima di aver buttato il coltello nelle vicinanze del luogo dell’omicidio.
È questa la versione che il 55enne muratore di origine calabrese, Sebastiano Dimasi, ha fornito nell’interrogatorio con gli inquirenti. Dunque, una versione che fornirebbe particolari per profili di legittima difesa. O, dato il numero eccessivo di fendenti, per profili di un eccesso di legittima difesa. Sul perché non si sia costituito immediatamente, il muratore si è giustificato con uno stato di choc rispetto a quanto accaduto che non l’ha portato ad allontanarsi eccessivamente dal comprensorio, visto e considerato che è stato arrestato – neppure 24 ore dopo – vicino alla sua residenza a Perticano di Scheggia, in Umbria. È probabile che questa versione dei fatti possa essere ribadita durante l’udienza di convalida dell’arresto domani, 2 febbraio, dinnanzi al giudice del Tribunale di Perugia, competente in quanto l’arresto è avvenuto in territorio umbro. Successivamente, però, il fascicolo dovrebbe essere trasferito al Pm, Serena Bizzarri, che ha emesso – subito dopo l’omicidio – un provvedimento di fermo per omicidio volontario.
Continua, dunque, a riservare particolari il terribile fatto di sangue accaduto in via Buozzi il 28 gennaio scorso. Intorno alle 17:30, Alessandro Vitaletti, il professore di Lettere in servizio nella scuola media di Serra San Quirico, è stato trovato agonizzante davanti al bar dello Sport, da un cliente che era uscito a fumarsi una sigaretta. «Avevo pensato ad un investimento visto che la maggior parte del corpo era in mezzo alla strada. Solo la testa e parte del torace sul marciapiede. Quando però ho visto i segni delle coltellate ho capito che era successo qualcosa di grave. Ho provato a chiamare Alessandro, ma non ho avuto risposta», il racconto del testimone. In molti hanno chiamato i soccorsi e un’ambulanza del 118 dell’ospedale Sant’Antonio Abate di Sassoferrato si è precipitata sul posto.
I sanitari hanno provato a stabilizzare il 47enne sul posto e disposto l’immediato trasporto in direzione del presidio ospedaliero Engles Profili di Fabriano. Una volta giunto al Pronto soccorso, i medici hanno letteralmente fatto l’impossibile per salvarlo. Ma, dopo pochi minuti, non è restato altro che constatare il decesso del professore sassoferratese, figlio dello storico preside, Domenico, scomparso da qualche tempo.
I carabinieri della Compagnia di Fabriano insieme ai colleghi della stazione di Sassoferrato, e successivamente con i colleghi di Ancona, hanno raccolto le testimonianze di chi si trovava nel bar e in strada al momento dell’omicidio. Quindi, si sono messi in cerca di Sebastiano Dimasi, 55enne muratore di origine calabrese da anni residente prima a Sassoferrato e poi a Perticano di Scheggia, in Umbria. Si era allontanato da via Buozzi a bordo della propria auto, una Fiat 600 nera.Una ricerca che è andata avanti fino alle 16 di domenica 29 gennaio, quando – dopo che i carabinieri erano riusciti a rintracciare l’auto – Dimasi è stato arrestato mentre si nascondeva in un bosco non lontano dalla sua abitazione.
L’uomo è stato subito portato in caserma a Sassoferrato per l’interrogatorio alla presenza del suo avvocato, Enrico Carmenati. E qui, ha fornito la sua versione dei fatti. Il 55enne era a giocare a carte nel bar in cui lavorava la sua ex moglie. Quest’ultima non era, però, di turno nel pomeriggio del 28 gennaio. Ha visto un suo amico fruttivendolo ambulante ed è uscito. Hanno parlato per alcuni minuti. Dimasi ha notato che Alessandro Vitaletti, a bordo della propria auto un’Alfa, è passato in strada una prima volta. Poi, secondo quanto ha raccontato il muratore, il professore avrebbe fatto nuovamente il giro del quartiere e si sarebbe quindi fermato all’altezza del distributore di benzina di fronte al bar dello Sport. Proprio quando Dimasi stava per rientrare nel pubblico esercizio perché il suo amico ambulante era andato via. Vitaletti sarebbe sceso dall’auto armato di un coltello e gridando: «Ti ammazzo, ti ammazzo». E si sarebbe avventato contro Dimasi, ferendolo ad un ginocchio. Ne sarebbe nata una colluttazione, con il muratore che sarebbe riuscito a prendere il possesso del coltello. Da qui, quasi in preda ad un raptus, i fendenti sono partiti uno dietro l’altro. Si sono fermati a 22 o 23 coltellate. In preda allo choc, il muratore si è allontanato, gettando il coltello, e scappando a bordo dell’auto.
In base a questa versione dei fatti raccontata da Dimasi, ecco che ci sarebbe l’amissione dell’omicidio, ma con profili di legittima difesa, o almeno profili di un eccesso di legittima difesa, secondo la tesi difensiva del noto avvocato fabrianese.
Secondo l’impianto accusatorio, invece, si tratterebbe di omicidio volontario. Con il coltello in mano a Dimasi e la furia omicida contro il professore di Lettere. Certo, se si riuscisse a trovare il coltello, l’arma del delitto, il terribile fatto di sangue potrebbe chiarirsi maggiormente. Ma, i carabinieri non l’hanno trovato nella zona dove Dimasi ha detto di averlo gettato. Vale a dire in prossimità del luogo del delitto. Si cerca ancora.
Ulteriori particolari per le indagini potrebbero venire anche dall’esame autoptico che questo pomeriggio, a partire dalle 14, sarà effettuato dal medico legale, Adriano Tagliabracci, incaricato dalla procura del Tribunale di Ancona. La difesa ha nominato un perito di parte, Cristiano Cortucci, di Jesi.
Domani, invece, a Perugia, udienza di convalida. Dimasi è in carcere a Montacuto dalla sera di domenica 29 gennaio.