“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”, recita il titolo di un bestseller dello psicosessuologo statunitense John Gray. Il riferimento a due pianeti diversi è calzante per sottolineare le differenze tra i due sessi nel modo di comunicare, di percepire i problemi e di affrontarli, differenze che possono portare a incomprensioni e contrasti.
Da alcuni anni i ruoli di genere hanno, fortunatamente, confini meno netti, c’è una maggiore flessibilità e intercambiabilità tra ciò che è maschile e ciò che è femminile, tuttavia alcune differenze tra uomo e donna nel modo di pensare, sentire ed esprimersi sono tuttora evidenti ed emergono costantemente nella vita quotidiana. In psicoterapia, poi, costituiscono il materiale “scottante” su cui ruotano gran parte delle discussioni e dei conflitti.
Spesso la sensazione è che uomo e donna parlino proprio due lingue diverse e il mio compito sia quello di fare da traduttrice. Ognuno pensa che l’altro abbia lo stesso proprio modo di ragionare e sentire, si aspetta che reagisca e si comporti allo stesso modo e resta amareggiato e deluso se non accade, e in questo modo si innescano cicli infiniti di recriminazioni reciproche.
In cosa consistono queste differenze? Ad esempio, nel diverso modo di reagire di fronte a uno stesso problema. Gli uomini, di fronte a uno stress, solitamente cercano di trovare una soluzione, e di trovarla preferibilmente da soli. Se non ci riescono da soli, chiedono aiuto a un altro, intendendo con ciò un aiuto concreto, la soluzione del problema. Difficilmente gli uomini cercano lo sfogo emotivo, la condivisione fine a sé stessa, un conforto, di cui le donne si giovano maggiormente. Generalmente, gli uomini sostengono che stare a parlare del problema è inutile se non serve a definirne la soluzione, anzi, aumenta solo lo stress.
Se non riescono a risolvere un problema, gli uomini tendono più frequentemente a cercare di distrarsi, svagarsi per pensare ad altro, cosa che molte donne scambiano per scarsa sensibilità o disinteresse («Come fai a guardare la partita in un momento simile? Non dovresti neanche averne voglia!»), mentre è il loro modo per scaricare la tensione.
Gli uomini possono essere restii a chiedere aiuto perché culturalmente educati all’efficienza e all’autonomia, perciò hanno bisogno di raggiungere da soli gli obiettivi e di sentirsi apprezzati e valorizzati. Le donne sono più abituate a chiedere soprattutto un supporto emotivo e considerano positivo il fatto di offrirlo ad altri, perché ne traggono molto beneficio. Quando però una donna insiste per offrire il suo aiuto a un uomo, animata dalle migliori intenzioni, può suscitare il timore di non essere percepito come abbastanza capace, col risultato che più offre il suo aiuto, più l’altro lo respinge.
Le donne, tendenzialmente, traggono un vantaggio maggiore da una condivisione del loro stato emotivo con qualcun altro. Di fronte a un problema o un evento stressante, anche se non si giunge a una soluzione, possono sentirsi sollevate dal solo fatto di parlarne ed essere ascoltate e comprese. Anzi, l’offerta troppo precipitosa di una soluzione può essere vissuta come mancanza di ascolto, di attenzione e di sensibilità. Le donne sono, per motivi culturali, più allenate a usare la comunicazione degli stati emotivi, a decifrare quelli propri e degli altri, ad anticipare addirittura i bisogni degli altri. Si aspettano che anche gli uomini facciano altrettanto e restano deluse o arrabbiate se non succede. Si aspettano che un uomo in difficoltà si confidi con loro, come farebbero loro stesse, sentendosi ferite e ignorate se lui non lo fa e, al contrario, si chiude in sé escludendole dalle sue preoccupazioni.
D’altra parte, è faticoso per un uomo ascoltare lo sfogo emotivo di una donna senza intervenire con un consiglio e anzi, vedendo che le soluzioni che propone vengono rigettate. Spesso gli uomini cercano anche di sdrammatizzare, pensando in questo modo di essere di incoraggiamento, mentre le donne possono interpretarlo come disinteresse o scarsa comprensione della gravità del problema («Se non ti va bene niente, che ne parliamo a fare?»).
Ogni coppia pensa che il problema sia solo della propria coppia, o meglio, del proprio partner, ma in realtà si tratta di una questione di genere pressocchè universale. La semplice consapevolezza che esistono differenze legate all’essere donna e essere uomo può renderci più comprensivi e meno intransigenti l’uno con l’altro e spingerci a metterci anche nei panno dell’altro e ragionare secondo il suo modo. Imparare anche la lingua dell’altro diventa così un’occasione di arricchimento e maggiore vicinanza.
Dott.ssa Lucia Montesi
Psicologa Psicoterapeuta
Piane di Camerata Picena (AN)
Montecosaro Scalo (MC)
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