Attualità

Donne e uomini della “razza” sbagliata

Il professor Luca Bravi e il sinto Ernesto Brandini hanno raccontato, anche attraverso alcune testimonianze, l'olocausto dei rom da parte dei nazisti. Interessante l'appuntamento voluto dall'Anpi Jesi per riportare alla luce questa storia dimenticata

Da sn: Eleonora Camerucci (Anpi Jesi), Ernesto Brandini e Luca Bravi

JESI – Interessante incontro sabato pomeriggio alla chiesa di San Nicolò con Luca Bravi.

Docente all’Università di Firenze, Bravi ha portato a Jesi Ernesto Brandini, sinti residente a Prato. Una testimonianza importante quella di Brandini che ha raccontato le sue origini, demolendo tante certezze su rom e sinti e fotografando la realtà di queste comunità spesso oggetto di pregiudizio. Bravi, jesino di origini, si è approcciato a rom e sinti con la tesi di laurea: «Pochi, pochissimi sanno cosa sia il porrajmos: l’olocausto di rom e sinti da parte dei nazisti. Sappiamo che anche i rom erano nei campi di concentramento ma cosa facevano, o meglio per cose venivano “usati” è meno noto. Furono internati ad Auschwitz-Birkenau, su di loro i nazisti praticavano esperimenti: i rom infatti, provengono dal Nord dell’India, siamo intorno all’anno Mille, e per aver girovagato in tutta Europa, i tedeschi li consideravano portatori di razza ariana ma bastardi. Erano considerati inferiori di razza per due motivi: la loro tendenza al nomadismo e l’asocialità».

Preziosa la testimonianza di Brandini: «Alcuni tra i ragazzi più giovani che vivono al campo, si vergognano di dire che sono sinti. Perché a scuola, con gli altri compagni, al calcio, o a basket, rischierebbero di venire esclusi. Li capisco: io stesso per non aver mai nascosto le mie origini ho avuto tantissimi scontri nella vita». Hanno una doppia identità, come nel libro “Io non mi chiamo Miriam”, presentato sabato sera per l’occasione dall’Anpi di Jesi, in cui la protagonista è una rom denigrata anche dagli stessi internati. Scritto dall’autrice svedese Majgull Axelsson, racconta la doppia vita di una rom che per sfuggire ai pregiudizi sulla sua etnia, si finge ebrea. Si stima che siano stati uccisi almeno 500mila rom e sinti durante il nazismo, una questione di cui pochi storici di occupano. «Grazie al treno della memoria, in Toscana, sono stato ad Auschwitz – spiega Ernesto – Ebbene nemmeno le guide conoscevano la storia dei rom nel campi di concentramento. E’ la nostra storia e la nostra storia siamo noi».