Il reshoring, ovvero il rimpatrio delle produzioni delocalizzate, è «un’opportunità» per l’economia delle Marche, specie se riguarda quelle produzioni in cui «la qualità è la componente principale». Lo sostiene la professoressa Alessia Lo Turco, docente di Economia politica all’Università Politecnica delle Marche.
L’economista rileva come la condizione per il reshoring è quella della possibilità di controllo della catena produttiva e della qualità. Attualmente «i dati mostrano che le imprese che fanno reshoring sono molto poche, mentre non accenna ancora ad invertirsi la tendenza all’offshoring (delocalizzazione delle imprese in altri Paesi, ndr), come mostra ad esempio il quadro del Fabrianese».
Secondo la docente per spingere le imprese a tornare nelle Marche o a restare nelle Marche è necessario «utilizzare le risorse del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza, ndr) per migliorare l’attrattività del territorio, potenziando i collegamenti, le infrastrutture e la connettività».
Insomma, serve uno sprint sul fronte dei collegamenti ferroviari, stradali, aerei, ma anche sul fronte della fibra, in modo che le imprese siano messe nelle condizioni di restare nelle Marche: «Il quadro competitivo è molto pressante – rileva – rispetto ad altri territori, ma anche rispetto ad altri Paesi dove il costo del lavoro è più basso. Migliorare la ricettività e la connessione può sicuramente abbattere i costi di trasporto».
Accanto all’azione sulle infrastrutture e le connessioni, per la professoressa Lo Turco, occorre anche agire con investimenti nel miglioramento della formazione della forza lavoro. La chiave di volta, secondo l’economista, è rappresentata dalle «produzioni di nicchia, quelle più complesse, per le quali i Paesi a basso costo del lavoro non sono ancora specializzati, fra le quali, ad esempio, produzioni di meccanica avanzata. Più aumenta la complessità della produzione e minore è l’esposizione alla competizione internazionale» precisa.
Sul fronte delle filiere, per la docente la via maestra è rappresentata dall’espansione di quelle produzioni che appunto richiedono una forza lavoro più istruita e specializzata, e «dall’aggiungere servizi alla produzione dei beni, ad esempio alla manifattura». Tra i servizi citati dall’economista ci sono «l’attenzione al cliente, il design, la progettazione, il marketing, la cura del cliente, la customer care: il prodotto non deve essere solo un manufatto da spedire al terziario, ma un prodotto riconoscibile, che si caratterizza per un tratto distintivo».