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Coronavirus, educatori di Fabriano chiedono un reddito di quarantena

Gli educatori marchigiani lanciano l’allarme sulla loro difficile situazione sociale, educativa ed economica. «L’attuale emergenza sanitaria non deve umiliare la nostra professione, che è costituita da relazioni di aiuto e cura, di sostegno, di mediazione e rete tra diversi enti»

Una veduta di Fabriano|
Una veduta di Fabriano

FABRIANO – Gli educatori delle Marche, Fabriano in primis, lanciano l’allarme sulla loro difficile situazione sociale, educativa ed economica, al tempo del Coronavirus. Lanciata la piattaforma #redditodiquarantena. In città e nel comprensorio, oltre un centinaio le persone coinvolte fra operatori del settore e utenza.

«In questo periodo di emergenza sanitaria nazionale sono emerse problematiche inerenti a molte categorie lavorative. Gli educatori che si occupano nel sociale di settori delicati come disabilità, centri residenziali, minori a rischio e comunità, sono rimasti spesso in ombra – spiegano le educatrici di Fabriano -. Siamo una categoria che già percepisce stipendi al ribasso immediatamente derivanti da appalti di enti pubblici. La situazione Covid-19 ha individuato, improvvisamente ma finalmente, i nostri servizi alla persona come essenziali, sia per il supporto scolastico che per il supporto familiare, ma ci siamo trovati i primi giorni in condizioni di lavorare o senza dispositivi di protezione, spesso necessari per la vicinanza agli utenti, o di vedere gioco forza i nostri servizi sospesi per talune inadeguatezze o ancora di lavorare il più possibile con strumenti a distanza: lavoro tecnico, non solo di tipo informativo, che richiede tra l’altro anni di formazione specifica specie nelle disabilità comunicative».

«Abbiamo messo il massimo impegno, ci si chiede di lavorare, ma ci si chiede anche di essere pagati con banche ore, ferie, e FIS (che prevede il pagamento del nostro lavoro a 6 euro l’ora), per questo il nostro stipendio sarà ancora più misero. Per questo abbiamo cercato di emergere come categoria professionale a cui negli anni è stato chiesto tanto sacrificio, tanta formazione, anche di alto livello, tanto investimento personale a livello di risorse umane e a livello di strumenti tant’è che ancora oggi lavoriamo come sempre con le nostre risorse economiche compresi gli strumenti comunicativi e informatici», l’amara costatazione, alla quale si aggiunge la richiesta.

«Chiediamo a tutte leamministrazioni locali ed enti appaltanti (Comuni e ASP, ASL, ATS ecc.) di applicare l’art.48 del decreto “cura Italia”, che li autorizza all’erogazione dei fondi già stanziati e messi in bilancio, garantendo il pagamento delle ore di servizio già preventivate. Chiediamo alla Regione Marche di intervenire affinché l’erogazione totale delle ore che si sarebbero svolte in una situazione di normalità, diventi un obbligo per tutti gli enti gestori senza differenziazioni e senza lasciare spazi ad altre interpretazioni. L’attuale emergenza sanitaria non deve umiliare la nostra professione, che è costituita da relazioni di aiuto e cura, di sostegno, di mediazione e rete tra diversi enti, a partire da scuola e famiglia. Il nostro lavoro merita il 100%, non può essere misurato minuto per minuto, non può essere riparametrato come fossimo dei lavoratori a cottimo, disattendendo completamente al mandato del lavoro educativo, travisandone obiettivi e modalità», le rivendicazioni che, anche gli utenti, sperano siano raccolte dalle varie Istituzioni preposte. «Siamo educatrici ed educatori che vogliono essere soggetti attivi e partecipi dei processi decisionali che ci riguardano sia in questa particolare situazione, sia in futuro. Il nostro lavoro parte sempre da situazioni di difficoltà e si interfaccia quotidianamente con il disagio, per trasformarlo e non per subirlo. Siamo professionisti qualificati, con anni di esperienza e formazione continua, il nostro reddito di quarantena non è altro che il riconoscimento al 100% del nostro stipendio», concludono.