Eliminazione del denaro contante, un tema che è tornato prepotentemente al centro del pubblico dibattito dopo i recenti assestamenti politici. Dovremo pagare in maniera elettronica e tracciabile ogni cosa, dal caffè al bar all’acquisto del nostro quotidiano preferito e sarà necessario effettuare una transazione bancaria perfino per la paghetta ai propri figli, o per l’offerta a messa. Ma quali sono i rischi per la privacy? E quali garanzie ci sono sui risultati?
Sul web esplode la polemica che polarizza le opinioni su due fronti aperti: chi è a favore vedendo nella misura un deterrente all’evasione fiscale e chi totalmente critica un eccessivo potere regalato alle banche. Ma proviamo a riassumere la questione e fare un po’ di ordine e capire le argomentazioni delle due posizioni.
LE MISURE PROPOSTE IN ITALIA
L’Italia è stato il primo Paese in Europa insieme al Portogallo a introdurre la Fattura Elettronica e scontrini telematici con l’obbligo alle imprese, professionisti ed artigiani di adeguare a proprie spese i propri gestionali e registratori di cassa. Oggi il governo sta mettendo a punto anche le misure che porteranno alla graduale eliminazione del contante.
Marco Mobili su Il Sole 24 Ore scrive che la strategia che si vuole adottare è sulla falsa riga di quanto già avviene con i bonifici per le spese di ristrutturazione edilizia o riqualificazione energetica degli edifici o per l’acquisto di mobili: i contribuenti potrebbero vedersi riconoscere detrazioni o deduzioni di spese mediche, canoni di locazione prima casa, istruzione, spese funebri, per addetti all’assistenza personale o per attività sportive dei giovani solo se l’onere sostenuto è stato pagato con moneta elettronica o con bonifico.
Una misura che non può prescindere da altre due azioni mirate e ritenute imprescindibili per incentivare l’uso della moneta elettronica: l’eliminazione delle commissioni per gli esercenti per i pagamenti al di sotto di determinate soglie (la carota); l’introduzione di sanzioni mirate per chi non accetta pagamenti elettronici e non attiva il Pos (il bastone). Per quanto riguarda “la carota” l’idea è quella di sottoscrivere con Abi un protocollo a cui dovrebbero aderire sempre su base volontaria i principali circuiti di pagamento e di emittenti carte di debito/credito con l’obiettivo di eliminare le commissioni per pagamenti sotto determinate soglie. La quarta mossa per provare a dare scacco matto al contante potrebbe passare, infine, per l’introduzione dell’obbligo per la pubblica amministrazione di accettare solo pagamenti elettronici. In molte città gli sportelli dell’anagrafe già oggi accettano pagamenti solo elettronici. Un obbligo che potrebbe essere esteso a tappeto a tutta la PA includendo anche le società che forniscono servizi pubblici.
L’ESPERIENZA DELL’INDIA
Alessandro Capparello scrive su Wall Street Italia che tra i Paesi che hanno sperimentato l’abolizione del denaro contante troviamo l’India dove nel 2016 il primo ministro Narendra Modi annunciò che le banconote da 500 rupie (circa 8 dollari) e 1.000 rupie sarebbero diventate “pezzi di carta senza valore” a mezzanotte, non più riconosciuti come moneta a corso legale. Obiettivo dichiarato del suo piano era di catturare i criminali. L’idea del governo indiano – nella speranza di favorire l’uso di carte di credito e transazioni digitali – era che tutti, dai trafficanti di esseri umani ai truffatori fiscali, avrebbero dovuto presentarsi alle banche con ingenti somme di denaro e confessare i loro peccati o altrimenti avrebbero perso il valore delle loro disponibilità liquide.
L’esperimento indiano è stato un fallimento e anche oggi si sta ripresentando la medesima situazione con bancomat presi d’assalto come nel 2006 e una nuova crisi di liquidità da fronteggiare. Nonostante ciò vi è un nutrito gruppo di politici e accademici che continua a sognare un mondo senza contanti in cui i mercati neri si ridurrebbero e le casse erariali si rimpinguerebbero.
GRANDI TRUFFE FISCALI
Il Sole 24 ore ha recentemente pubblicato un’inchiesta di Angelo Mincuzzi su una maxi frode fiscale in Europa di 55 miliardi di euro sottratti al fisco, coinvolte banche e fondi di investimento, commercialisti e avvocati.
Il 19 febbraio Elly Schlein, ospite a DiMartedì su La7, ha citato un dato sulle tasse non pagate in Europa dalle multinazionali (Nike, Apple, Amazon). Secondo l’eurodeputata di Possibile, ogni anno le grandi società straniere «eludono il fisco per 1.000 miliardi di euro», creando un problema di concorrenza sleale. Tutti soldi che passano per i paradisi fiscali europei, primo della lista il Lussemburgo, il Paese del presidente della Commissione Europea Juncker.
Il febbraio 2015 il Fatto Quotidiano pubblica un articolo che mette in luce lo scandalo degli 88 miliardi evasi e condonati alle società di Slot Machine. Un importo pari a 4 finanziarie nella nostra nazione.
I tre casi sopracitati riguardano frodi fiscali di cifre incredibilmente alte, perlopiù frutto di manovre e di prodotti di alta finanza, legate a transizioni in paradisi fiscali e conti off-shore che poco hanno che fare con il denaro contante. Di conseguenza i blogger finanziari si pongono una serie di interrogativi: a quanto ammonta l’evasione fiscale in Europa? Come e quando verrà affrontato il tema dei paradisi fiscali? Come è possibile mettere in campo misure coercitive contro il contante senza regolamentare il fisco italiano? Come può lo Stato garantire la trasparenza delle politiche bancarie? Non è forse necessario far pagare le tasse a questi signori prima di concentrarsi sui piccoli imprenditori?
I PARADISI FISCALI IN EUROPA
Fra i primi 10 paradisi fiscali dalle pratiche più opache, tre si trovano nel Vecchio Continente e altri quattro sono riconducibili al regno britannico. È quanto emerge dall’edizione del 2019 del Corporate Tax Haven Index, che mette in ordine i Paesi che, attraverso lo schermo della privacy, favoriscono fenomeni di evasione fiscale. Anche se ai primi tre posti compaiono tre regioni decisamente vicine all’immaginario tipico del paradiso fiscale (Isole Vergini, Bermuda, Cayman), seguono tre grandi Paesi che secondo il Tax Justice Network sarebbero solo di poco più trasparenti: Olanda, Svizzera e Lussemburgo. Ciò che è importante notare, tuttavia, è che la rilevanza di questi Paesi in termini di investimenti diretti esteri globali in entrata e uscita (Global Scale Weight) supera di gran lunga quella delle varie isole britanniche – e in virtù di questo peso occupano posizioni di altissima classifica.
Questo indice, elaborato sulla base di 20 parametri, “classifica i paradisi fiscali in base a quanto aggressivamente e estensivamente ciascuna giurisdizione contribuisca ad aiutare le multinazionali a fuggire dalle tasse e ad erodere le entrate fiscali di altri Paesi in tutto il mondo” spiega il Tax Justice Network, “indica inoltre quanto ogni regione contribuisca alla ‘corsa verso il ribasso’ globale sulla tassazione per le aziende. Le aree esaminate vanno dall’aliquota sui redditi per le società applicata, alla trasparenza, alle misure anti-evasione, alla trasparenza.
MOLTI DUBBI E POCHE CERTEZZE
Sul web in molti si chiedono se l’eliminazione del contante sia la strategia giusta per la lotta all’evasione o la stretta finale delle Banche private per avere il totale controllo della circolazione della moneta in uno stato sovrano. Inoltre quali rischi comporterebbe per la privacy? Se i database delle banche private conosceranno tutti i nostri spostamenti, l’orientamento politico dei giornali che compriamo e i libri che leggiamo che uso ne faranno di questi dati sensibili? Dopo quello che è accaduto con l’uso dai dati di Facebook da parte di Cambridge Informatica come può l’Unione Europea tutelare i nostri diritti? Perché in Italia non si pensa di usare un sistema di regole fiscali all’americana dove ogni spesa è deducibile così che tutti paghino le tasse e chi sgarra va in galera? Se volete saperne di più sul funzionamento del sistema fiscale negli USA vi segnalo l’articolo di Angela Vitaliano di Wired.
LA SVEZIA E IL MICROCHIP SOTTOCUTANEO
Prima nazione in Europa ad abbandonare totalmente il contante è la Svezia, che punta a diventare la prima economia “cashless”. Ma i problemi non mancano, sopratutto quelli legati alle fasce più deboli: anziani, giovanissimi e poveri. In più in Svezia sta prendendo piede la moda del microchip sottocutaneo, un impianto che permette di pagare ogni transazione semplicemente avvicinando il dorso della mano a uno scanner. Una pratica questa al centro delle polemiche e delle teorie del complotto da almeno 25 anni. Ma su questo argomento ci riserviamo di pubblicare un approfondimento nel prossimo articolo perché potrebbe trattarsi di un futuro molto prossimo, come dichiara il TG1.
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CONCLUSIONI
Fino a che si parla di “incentivare” la moneta elettronica, ad esempio eliminando le commissioni per i pagamenti con Pos, ben venga, ma quel che desta immensa preoccupazione sono le misure “repressive” studiate dal governo sull’utilizzo della carta moneta (del contante), come il progetto di tassare i prelievi bancari e cioè tassare il nostro denaro che è già al netto di tante e diverse tasse. Si dice che questo serva come strumento antievasione. Ma è vero? L’evasione secondo molti economisti la si fa e la si deve combattere in altro modo. Questa misura sembrerebbe un azzardato tentativo di controllo e di condizionamento per i cittadini e un grande regalo alla banche. Non ci si dimentichi quello che è accaduto in Grecia o, peggio, in Paesi come India e Venezuela, dove le limitazioni al contante hanno portato alla creazione e all’alimentazione di mercati neri e allo sviluppo di economie alternative. Cosa che è sempre più attuale, considerando anche l’imminente e incalzante sviluppo delle criptovalute, con le quali si può già effettuare pagamenti di ogni genere.
L’altro lato della medaglia, quindi, è che la presunta lotta all’evasione finisca per alimentare la nascita di un’economia parallela, con conseguenze inimmaginabili.
Siamo sicuri che è proprio quello di cui ha bisogno la nostra economia?