FABRIANO – «Ora cercherò di capire cosa pensa l’Anac di quanto accaduto nella riunione del 22 dicembre scorso dell’assemblea dell’Ata». Parole e musica del sindaco di Fabriano, Gabriele Santarelli, che insieme a un nutrito numero di colleghi Primi cittadini della provincia di Ancona, nutre seri dubbi di legittimità sulla recente approvazione dell’aggiornamento del Documento Unico di Programmazione e il Piano d’Ambito.
Cosa è il Piano d’Ambito?
«Il Piano d’Ambito contiene le regole, le modalità, di gestione di raccolta dei rifiuti in ambito provinciale. La normativa prevede che si debba riunire la gestione dei rifiuti sotto un unico gestore per superare la condizione di frammentazione oggi esistente. Quindi ad esempio detta le regole per la modalità di raccolta e in teoria la localizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti».
L’iter di approvazione del Piano d’Ambito va avanti ormai da diversi anni ed è già stato interrotto una volta, nel 2018, a causa di un ricorso al TAR avanzato da alcuni gestori attuali, portato fino al Consiglio di Stato. Com’è andata a finire?
«Con questo ricorso, perso dall’Ata, è stato messo nero su bianco che l’iter che era stato avviato aveva dei caratteri di illegittimità come il sottoscritto insieme ad altri sindaci avevamo più volte evidenziato e denunciato. Due erano i problemi principali: il primo è che si voleva individuare prima il soggetto che avrebbe fatto la gestione e solo dopo, insieme a lui, sarebbero state scritte le modalità di gestione, il secondo è che il gestore individuato non aveva le caratteristiche per poter svolgere il servizio».
Passiamo a ciò che è accaduto il 22 dicembre, cos’è avvenuto?
«È stato approvato il Piano d’Ambito che mostra ancora, secondo il sottoscritto e secondo altri sindaci, evidenti caratteri di illegittimità e criticità. Non a caso l’atto è stato votato dal numero minimo di comuni previsto dallo Statuto, ha ottenuto 25 voti favorevoli, e senza il voto, tra gli altri, di comuni come Fabriano, Jesi, Falconara e Senigallia. Oltretutto lo Statuto venne modificato in questa parte, ossia nella modalità di definizione delle maggioranze necessarie per l’approvazione degli atti di questo tipo, a inizio 2017, senza che la modifica venisse sottoposta ai consigli comunali come io invece credo fosse necessario».
Entriamo nello specifico di queste criticità.
«Il problema principale che è stato evidenziato è che il Piano d’Ambito, che deve essere sottoposto a VAS (Valutazione Ambientale Strategica), non individua precisamente gli impianti di gestione dei rifiuti ed è chiaro a tutti, tranne a chi ha votato favorevolmente l’atto, che non è possibile sottoporre a VAS un Piano senza che si sappia di preciso dove verranno realizzati questi impianti. Anche le direttive della Regione lo prevedono e la Regione è il soggetto che ora dovrà dare il suo Parere. C’è di più».
Cioè?
«Una volta che il Piano avrà passato tutte le fasi di approvazione successive (Regioni, Comuni) si dovrà individuare il soggetto gestore, ossia chi gestirà il servizio. A quanto pare però c’è già qualcuno che si sta preparando senza che nessuno l’abbia autorizzato a farlo. Infatti alla mia insistente e ripetuta domanda “per quale motivo tutta questa fretta ad approvare il Piano senza l’individuazione degli impianti?”, la risposta infine è stata che c’è una azienda che sta preparando un Piano Industriale per la gestione dei rifiuti che stava aspettando l’approvazione di quell’atto e che, se non fosse stato approvato, l’azienda stessa non avrebbe avuto il tempo necessario per fare il tutto nei tempi previsti. Una affermazione gravissima. Perché non è affatto normale che chi sta redigendo il Piano d’Ambito sia in contatto con chi si vorrà proporre come gestore e non è affatto normale che una azienda che sta facendo questo detti e imponga i tempi a tutti i sindaci della Provincia su un tema così delicato, che avrà delle ricadute importanti sui cittadini. Viene da pensare che tale azienda abbia interessi nel fatto che i siti non vengano individuati prima perché magari li vuole individuare lei».
Ha un’idea su chi possa essere questa azienda?
«Quasi sicuramente, sentite le parole del Direttore ATA e visto quanto accaduto in passato, è la Vivaservizi. L’ho anche detto in Assemblea e nessuno ha smentito. Peccato che i componenti del CdA, interpellati, non sappiano nulla di questo fantomatico piano industriale e quindi non si capisce a che titolo e in base a quale autorizzazione l’azienda stia procedendo a questo piano industriale che per essere formalizzato ha anche dei costi. Ma c’è ancora di più: la Vivaservizi oltre a gestire il servizio idrico ha delle importanti partecipazioni in alcune aziende che si occupano di distribuzione e vendita del gas, oltre l’80% del fatturato deriva da questo e proprio questo è stato il rilievo fatto dal Consiglio di Stato che disse che l’ex Multiservizi non poteva gestire un servizio in house. Per poter gestire i rifiuti e superare le osservazioni del Consiglio di Stato, quindi, dovrebbe disfarsi del ramo d’azienda che si occupa di gas e che consente a Vivaservizi di avere ogni anno un milione di euro da investire nell’idrico. Capito? La Vivaservizi fa investimenti nell’idrico (fogne, depuratori, nuovi allacci, ammodernamento degli impianti, ecc…) grazie ai ricavi ottenuti dalle partecipazioni nella gestione del gas. Se dovesse gestire i rifiuti dovrebbe rinunciare a queste risorse per cui o sarà meno efficiente in un servizio, quello idrico, sempre più importante viste le conseguenze dei cambiamenti climatici, o recupererà da qualche altra parte quel milione di euro, mi chiedo, magari dalle tariffe?».
Sindaco, lei ha concluso il suo intervento durante l’assemblea Ata con un appello, quale?
«Durante l’assemblea ho fatto un appello accorato ricordando che stavamo decidendo il futuro delle nostre comunità per i prossimi 50 anni. Appello ascoltato da un numero non sufficiente di sindaci».
Considerato l’esito della votazione, quali saranno i passi successivi?
«Io e altri sindaci convocheremo quanto prima i nostri rappresentanti nel cda della Vivaservizi per capire insieme a loro come agire in quell’ambito, nel frattempo sto preparando una segnalazione da inviare all’ANAC e ad altri enti di controllo per capire da loro se quanto accaduto possa ritenersi legittimo o meno. Interpellerò anche la Regione che si dovrà esprimere su questo Piano d’Ambito. Chiaramente tutti i sindaci che vorranno partecipare a queste iniziative saranno i benvenuti e ho già raccolto alcune adesioni».
Dunque, una situazione complicata e intricata. Quali le sue considerazioni finali?
«Tutto il Piano d’Ambito è un grande pasticcio. L’iter seguito si è basato soprattutto sulla fretta di dover arrivare per forza alla sua approvazione nei tempi più brevi possibili. È mancato il dovuto approfondimento e spesso i sindaci hanno preso delle decisioni senza avere in mano i dati necessari per poter fare una scelta basata su qualcosa di concreto. Faccio solo un esempio: si è deciso che il metodo di raccolta migliore è quello del porta a porta spinto. Quando è stata presa tale decisione non erano disponibili simulazioni che facessero capire quanto un servizio potesse essere più o meno efficiente e più o meno costoso rispetto agli altri. Per anni ho provato a far capire che il territorio provinciale è troppo diversificato per poter pensare che una sola modalità di raccolta possa essere la più efficiente ed economica ovunque. Ho sempre portato un esempio: Fabriano ha un territorio di 272 chilometri quadrati con una densità abitativa di 110 abitanti per chilometro quadrato; Falconara ha una estensione di appena 25 chilometri quadrati e una densità abitativa di 1.000 abitanti a chilometro quadrato. È chiaro che non è pensabile che in entrambi i casi possa funzionare lo stesso tipo di raccolta a meno che non ci sia la disponibilità a spalmare a livello provinciale anche i maggiori costi sostenuti nei comuni dove si avranno per forza degli aumenti. Alla fine il Direttore in una Assemblea ha dovuto ammettere che questo sistema fa aumentare inevitabilmente i costi ma nessuno, nonostante questa affermazione, ha voluto rivedere quella decisione presa quando tale dato non era stato ancora esplicitato. Manca l’indicazione sugli investimenti per l’acquisto delle isole ecologiche intelligenti e quindi sulla modalità di gestione delle isole stesse, manca l’indicazione per investimenti sui piccoli impianti di comunità per il trattamento dell’umido nonostante anche la Regione attraverso dei contributi stia incentivando questo sistema di gestione. In più non tiene conto delle normative più recenti, decreto legislativo 116/20202 che sono entrate in vigore proprio a inizio 2021 e che intervengono sulla classificazione dei rifiuti prodotti dalle aziende. A mio avviso è totalmente privo di visione e siccome tale documento ha carattere di vincolo verso chi andrà a gestire il servizio è chiaro che rischiamo grosso e a rischiare di più come sempre sono i cittadini».