FABRIANO – Tornano a protestare i residenti delle case di edilizia popolare di via Carlo Urbani a Fabriano. «Per le povere famiglie terremotate non c’è rispetto. Anche loro, infatti, devono fare i conti con i morosi e, per colpa di quest’ultimi, sono costretti a stare senza il gas per il riscaldamento. Sono quasi due settimane e anche tanti bambini, alcuni di pochi mesi», la dura denuncia di alcuni residenti storici delle palazzine che erano state presentate come “il fiore all’occhiello” da parte dell’Erap.
A pochi giorni da una prima dura rimostranza, tornano a levare la loro voce di protesta gli inquilini sempre in regola dei palazzi di edilizia popolare di via Carlo Urbani a Fabriano. «E così, dopo il danno arriva anche la beffa per alcune famiglie terremotate che sono state “sistemate” negli alloggi di via Carlo urbani. Infatti, da qualche giorno anche queste famiglie subiscono la disattivazione di gas e riscaldamento. Basta che una o due utenze siano morose che il gestore del gas provvede a bloccare tutte le utenze. E questo perché tutti siamo allacciati a un’unica conduttura e quindi tutti, si vedono disattivare il servizio da due settimane».
Come detto, non è la prima forte protesta nel breve volgere di qualche settimana. Nei giorni scorsi, infatti, si era evidenziato come siano ancora molto presenti le infiltrazioni d’acqua che minano la stessa salubrità di tantissimi appartamenti. E nonostante le numerose sollecitazioni, nessuno – nel corso di tutti questi anni – aveva provveduto.
Ora, con l’arrivo delle famiglie che già devono fare i conti con il terremoto dell’agosto-ottobre 2016, si torna a protestare e, soprattutto, a chiedere un intervento tempestivo. «È compito dell’Amministrazione comunale di Fabriano intervenire nelle situazioni di disagio abitativo, com’era compito non svolto e creato dalla precedente Amministrazione. Compito delle Istituzioni è garantire il diritto di abitare in alloggi dignitosi e salubri, è compito dell’amministrazione comunale a far sì che ogni famiglia abbia il proprio impianto autonomo mettendo fine ad una situazione penalizzante e precaria che dura da più di cinque anni».