FABRIANO – Sfondano quota 4mila i disoccupati a Fabriano. Se si allarga il raggio di azione a tutto il comprensorio, addirittura si supera quota 6.500, di molto. Questa la fotografia, dati oggettivi alla mano, che ben fa comprendere come Fabriano e il suo comprensorio continuino a pagare un prezzo altissimo alla perdurante crisi economica che sta attanagliando oda oltre dieci anni.
Andando nello specifico, i dati del Centro per l’impiego, ambito territoriale Arcevia, Fabriano, Cerreto D’Esi, Genga, Sassoferrato e Serra San Quirico, sono impietosi. A Fabriano si passa dai 3.906 di fine 2017, agli attuali 4.075 di fine 2018, una crescita importante, con le donne 2.278 in evidente numero superiore rispetto agli uomini, 1.797. Dati da provincia del profondo Sud.
Non va meglio nel comprensorio. Infatti, se si aggiungono i numeri dei residenti negli altri cinque comuni del comprensorio di Fabriano, si passa da 6.321 di fine 2017, a 6.759 di fine 2018, 438 unità in più.
È ovvio che il dato sui rapporti di lavoro stipulati lo scorso anno, segnali un netto vantaggio delle cessazioni 10.329, rispetto alla sottoscrizione di nuovi contratti, 8.831. Un’inversione di tendenza che non appare all’orizzonte. Anzi, le crisi industriali, soprattutto la JP Industries potrebbe far sprofondare ulteriormente i numeri dei disoccupati, in ballo oltre 300 posti di lavoro, residenti nel comprensorio di Fabriano, che ancora per quest’anno potranno giovarsi della cassa integrazione, ma il futuro appare quanto mai incerto. Senza dimenticare i lavoratori della Tecnowind attualmente in Naspi.
E poi, c’è la Whirlpool, con un piano approvato nell’ottobre del 2018, che non prevede esuberi, ma che senza un recupero di quote di mercato e conseguente aumento della produzione industriale, potrebbe far tornare a registrare esuberi sia fra le tute blu che fra i colletti bianchi. Per non parlare, infine, della questione Astaldi, lo stop prolungato dei lavori del progetto Quadrilatero, e gli oltre 40milioni di euro che le ditte subappaltatrici devono ancora riscuotere. E se non dovessero ricevere questi fondi, potrebbero anche pensare a forti riduzioni di organico o, addirittura, a chiusure definitive.