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Fase due, è ancora no alle messe. L’ira del Popolo della Famiglia: «Pronti a mobilitazione nazionale»

Partita la fase della convivenza con il virus il Governo ha dato il via libera allo svolgimento dei funerali con un massimo di 15 persone, ma non ha ancora annunciato quando potranno ripartire le celebrazioni delle altre funzioni, incluse le messe

L'interno della Chiesa di Sant'Agostino

ANCONA –  Il Popolo della Famiglia è pronto alla mobilitazione nazionale. La fase due annunciata ieri sera in conferenza stampa dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che ha dato il via libera dal 4 maggio ai funerali, ma che vieta ancora la possibilità di celebrare le messe e le altre funzioni religiose ha suscitato le ire del Popolo della Famiglia.

Il presidente nazionale del partito, Mario Adinolfi, ha contestato duramente la decisione del premier di non riaprire ancora alle cerimonie religiose nelle chiese, mentre consente i funerali con la partecipazione al massimo di 15 persone. A far infuriare il popolo della famiglia, il fatto che mentre per ogni attività è stata già fissata la data della riapertura, per quanto riguarda le messe si brancola ancora nel buio e «non viene indicata neanche una ipotesi di data per la riapertura».

«Conte annuncia la riapertura di tutto – osserva Adinolfi – , assegna una data a ogni attività, persino per i centri massaggi. La libertà religiosa invece viene ancora del tutto calpestata». «Una plateale offesa al limite dell’oltraggio per milioni di credenti. Il Popolo della Famiglia – conclude – è pronto a una mobilitazione nazionale che risponda a questo sopruso che ha precedenti solo negli Stati totalitari o massonici».

Duro anche Fabio Sebastianelli, presidente della Popolo della Famiglia delle Marche: «Abbiamo accettato con diligenza e senso civico  la chiusura delle messe necessaria durante la fase uno. Avrei potuto capire e accettato delle limitazioni durante la fase due, come ad esempio un fedele per ogni panca, e magari messe con i fedeli a scaglioni, ma non l’indifferenza assoluta verso milioni di cattolici e anche verso i fedeli delle altre religioni, perché gli stessi divieti li hanno anche loro. Questa – conclude –  è una palese violazione della libertà di culto, prevista dalla nostra Costituzione»