SENIGALLIA – La morte di dj Fabo riaccende i riflettore sulla legge sul Fine Vita. Prima di lui, a battersi, era stato Max Fanelli, morto dopo avere combattuto per tre anni contro la Sla. Anche dal letto della sua abitazione ha continuato a lottare perché chiunque, possa avere la morte che desidera. Una battaglia che i suoi amici, in prima linea l’onorevole Beatrice Brignone, continuano attraverso il comitato #Iostoconmax#.
La storia di Max
Massimo (Max) Fanelli era nato a Rimini nel 1960. Aveva vissuto tra Emilia Romagna, Marche e Veneto. Una laurea in Psicologia Sociale all’Università Bicocca di Milano, un Master in Counseling and Coaching Skills all’università di Urbino e 28 anni trascorsi in una multinazionale come dirigente nel settore vendita, formazione e gestione risorse umane, girando tutta l’Italia. Era volontario nella pubblica assistenza, con Emergency e presso un centro per minori a rischio devianza sociale prima di divenire fondatore e presidente dell’associazione Onlus I Compagni di Jeneba a tutela dei minori. Due figli: Andrea e Matteo, entrambi studenti universitari. Nel 2012 si è risposato con Monica Olioso.
Max visto con gli occhi dell’amica, l’onorevole Beatrice Brignone
In pochi mesi quell’omone di un quintale, generoso, istrionico, ingombrante, pieno di vita e di progetti, è stato costretto all’immobilità totale da una malattia terribile, che non lascia scampo. «È una battaglia molto dura, Bea – mi scrisse pochi giorni dopo la diagnosi -. Ma conoscendo Max, che non si spaventava di fronte a niente, ho capito che la battaglia era in realtà disperata. Max ha dedicato la vita agli altri. Era pronto per cambiare vita, per trasferirsi in Sierra Leone, dai bambini che grazie a lui e alla sua associazione, “I Compagni di Jeneba”, stavano ricevendo nutrimento, istruzione, un posto sicuro dove passare la giornata e un futuro. Quando, senza alcun preavviso, “la stronza” è arrivata. È stata implacabile e velocissima. “Un Dio distratto ha confuso il mio sogno di Sierra Leone Africa, in Sclerosi Laterale Amiotrofica”. Ripeteva spesso, con amarezza e con l’acuta ironia che lo contraddistingueva. Max non parlava, non respirava né si nutriva autonomamente. L’unica parte che ancora sfuggiva all’immobilità era l’occhio destro: la sua finestra sul mondo, il suo ultimo modo di far uscire all’esterno, grazie a un lettore oculare, quel leone ruggente che ancora scalpitava dentro il suo corpo immobile, ma non insensibile. Con il suo occhio destro Max aveva iniziato una nuova battaglia, quella per la discussione sulla legge di iniziativa Popolare presentata dall’Associazione Luca Coscioni a favore dell’eutanasia legale e del testamento biologico e che da quasi due anni aspettava di essere discussa. Ha costituito il Comitato, #IostoconMax# ha scritto ad amici, autorità, personaggi famosi, anche al Papa. Con il suo modo deciso, ma aperto al confronto, ha coinvolto tantissime personalità diverse: politici, sacerdoti, atei, credenti, uomini e donne di tutta Italia. Molti i parlamentari che hanno aderito alla sua campagna e hanno sottoscritto l’interrogazione parlamentare presentata congiuntamente dal l’on. Lara Ricciatti di Sel e dal sen. Sergio Lo Giudice del PD. Nel suo percorso ha incontrato Pippo Civati, che è andato a incontrarlo a Senigallia, nella sua casa. La sintonia è stata immediata e la disponibilità a sostenere la battaglia per l’eutanasia legale e un fine vita dignitoso è stata totale. In poche settimane ha scritto alla Presidente della Camera Boldrini, al Presidente della Repubblica Mattarella, si è rivolto ai capigruppo di Camera e Senato, affinchè venisse calendarizzata al più presto la discussione sul fine vita. Quando Max, con il suo occhio destro, ha deciso di scrivere la sua storia in un libro che ha voluto intitolare “Via Crucis Fuori Stagione”, ha pensato subito a Pippo Civati e gli ha chiesto due regali: di presentare il suo libro in anteprima a Senigallia e, nella stessa serata, di presentare in anteprima anche “Possibile”, del quale aveva espresso il desiderio di essere l’iscritto numero 1.
Il viaggio di Max
La bandiera della pace, la tessera dell’Anpi stretta tra le mani, l’inseparabile cappello, così, il 20 luglio 2016 Massimo Fanelli è partito per l’ultimo viaggio dentro la sua barca, una bara di legno chiaro. Troppi quelli che volevano salutarlo: nessuna messa, ma un rito civile, speciale, come era Max. L’ultimo saluto “Bella ciao” intonata da amici, parenti, conoscenti, ma anche semplici cittadini che avevano voluto dargli addio al Teatro La Fenice. Sul palco, accanto alla “barca”, la moglie Monica, che continua a portare avanti la sua battaglia.
DJ Fabo e Max
La notizia della scomparsa di Dj Fabo è stata diffusa nella tarda mattinata di lunedì. Intanto sul social network Facebook, favorevoli e contrari si stanno dando battaglia sulla legge sul fine vita. Dalla stessa parte sono invece Valeria, compagna di Dj Fabo e Monica Olioso, la vedova di Max: Essere costretti a porre fine alla propria vita, lontano dai propri cari, all’estero, per me è inconcepibile – ha spiegato Monica –. La malattia va in progressione e ci si ritrova a sentirsi impotenti perché non si possono più soddisfare le richieste delle persona cara. Il peso di veder stare male soffrire, unita all’impossibilità di fare qualcosa è devastante. La battaglia non è ancora finita purtroppo, speriamo ci sia una fine a breve. Per la Legge sul testamento biologico è iniziato l’iter, mentre per l’eutanasia è rimasto tutto fermo dopo la prima riunione. In Italia c’è sempre la tendenza a personalizzare tutte le scelte, invece dovrebbe essere sempre laici e neutrali».