Ancona-Osimo

Giornata mondiale dell’autismo, nelle Marche: «Famiglie in difficoltà e liste d’attese lunghissime»

Il direttore sanitario de "La Strada di Erm", Mauro Coppa: «Nelle Marche abbiamo solo il Centro di Fano, servirebbero più strutture pubbliche»

Autismo, oggi (2 aprile) è la Giornata mondiale per la sua consapevolezza, ma nelle Marche c’è solo un Centro, quello di Fano, e le famiglie – tra liste d’attesa «lunghissime» e ricorso ai privati – sono in sofferenza. Il dottor Coppa: «Occorrono più presidi pubblici». Il direttore sanitario de “La Strada di Erm“, Mauro Mario Coppa, non usa mezzi termini. Lui è uno dei massimi esperti dello spettro autistico, se ne occupa da anni: «Abbiamo tanti bambini in trattamento sia domiciliare sia ambulatoriale, è un’esigenza molto sentita. E le famiglie si trovano talvolta in difficoltà perché l’onere economico, laddove ci si rivolga al privato, è considerevole».

Dottor Coppa, negli ultimi anni l’approccio a questo disturbo è cambiato. Quali le conquiste raggiunte?

«Sicuramente la prima conquista rilevante è la diagnosi precoce. Noi ora con strumenti affidabili e questionari semplici da somministrare ai genitori possiamo fare valutazioni sulla base di eventuali indicatori di rischio già al primo anno di vita del bambino. Indicatori che ci orientano verso un approfondimento diagnostico e che sono importanti non solo per valutare precocemente il disturbo, ma anche per avviare in tempi precoci l’intervento psicoeducativo.

Mauro Coppa, direttore sanitario de “La Strada di Erm”

Insomma, prima si interviene e meglio è…
«Sì, l’intervento psicoeducativo, se fatto in modo precoce, riduce le problematiche derivanti dal disturbo dello spettro autistico e prevede un percorso di vita qualitativamente migliore rispetto a quello che si avrebbe nel caso di una diagnosi a tarda età».

Quali sono i campanelli d’allarme?
«Uno di questi è la difficoltà, per il bambino, nelle prime fasi dello sviluppo, di rispondere al proprio nome, o se fatica a girarsi quando il genitore lo chiama, se tende a mantenere un gioco rigido e uguale a sé stesso per tanto tempo, o se – ancora – fatica a sostenere cambiamenti in termini di routine quotidiana o ambientale».

Cosa intende?
«Se per esempio, è abituato a fare tutti i giorni merenda e una volta salta lo snack. Oppure se ha voglia di uscire e magari la famiglia non può. Ecco, la fatica ad accettare dei piccoli cambiamenti può essere un’avvisaglia. Così come la difficoltà dal punto di vista comunicativo. Sono bambini che iniziano a parlare entro i due anni ma poi c’è un blocco, una regressione. Lo sviluppo del linguaggio ritarda o è assente. I pediatri sono le prime sentinelle che dovrebbero da subito orientare i genitori alla visita specialistica».

Quante strutture ci sono nelle Marche?
«Di pubblica, ce n’è solo una: il Centro regionale autismo di Fano, presso il locale ospedale».  

Immagino le liste d’attesa…
«Sono lunghissime. E la famiglia si trova nella condizione o di rivolgersi al privato o di andare fuori regione, magari al Bambin Gesù o in altre strutture che lavorano da anni sull’autismo. Servirebbero più presidi pubblici in grado di poter definire e accogliere le osservazioni dei genitori e avviare in tal modo una diagnosi precoce. Il privato sta proliferando».

Che ruolo hanno i centri?
«Sono la sede per capire se quelle difficoltà di cui parlavamo sono legate ad un momento o se invece si tratta di disturbo da neurosviluppo legato a una maturazione cerebrale anomala. Le famiglie oggi, rispetto agli anni precedenti, hanno maggiore attenzione rispetto al problema. E c’è pure una maggiore informazione».

Cosa manca ancora?
«Negli anni, abbiamo avuto delle leggi, come quella sull’autismo, che hanno preso in carico la questione e cercato di affidare degli interventi alle famiglie in termini di ˊnon onereˊ dal punto di vista economico, con strutture convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale. C’è da dire che queste strutture sono poche sul territorio e quindi i genitori sono spesso costretti a chiedere e a orientarsi verso i privati, dove i costi per un intervento efficace (anche in termini di personale esperto e preparato) sono rilevanti. Uno dei problemi gravi che vedo è la difficoltà che fanno le famiglie. Lo Stato deve mettere in condizioni tutti di affidarsi alle cure più idonee del proprio figlio, a prescindere dal livello socoio-economico del nucleo familiare stesso».

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