A scegliere come data per celebrare la Giornata Mondiale della Televisione il 21 novembre sono state le Nazioni Unite: fu proprio in questo giorno, infatti, che nel 1996 a New York si tenne il primo World Television Forum, un evento in grande grazie al quale fu possibile riunire i principali rappresentanti del mondo della televisione per riflettere sugli sviluppi futuri di questo mezzo nei settori dell’informazione, della cultura e dell’intrattenimento a livello globale. Ma le Nazioni Unite non si limitarono ad istituire la celebrazione, diffusero anche un documento in cui si sottolineava l’importanza fondamentale del ruolo rivestito dalla televisione nella democrazia, nello sviluppo della società e della cultura e nella libertà dell’informazione.
Da allora questo giorno è stato dedicato alla celebrazione del mass media che dalla sua nascita ad oggi è arrivato a detenere il sommo potere nel mondo della comunicazione, con l’impegno di promuovere una programmazione televisiva dai contenuti educativi, che si ispirino a valori costruttivi. Perché in realtà, in questo giorno, non viene celebrato l’oggetto tv, quel display luminoso che fissiamo dal divano, ovvero il mezzo fine a se stesso, piuttosto il mezzo in quanto mass media, e cioè veicolo con una funzione comunicativa e sociale determinante.
La nascita della TV coincide con la data del 25 Marzo 1925, ad opera dell’ingegnere scozzese John Logie Baird, il quale mise pubblicamente in mostra un susseguirsi di immagini in movimento, rappresentate a silhouette, in due sole tonalità di grigio; nel 1954 invece fu trasmessa la prima trasmissione televisiva italiana ad opera del Centro di Produzioni RAI di Torino. La TV attuale è molto distante da quella degli albori: da una parte la tecnologia ha infatti permesso un’elevatissima definizione delle immagini a colori proiettate da schermi sempre più grandi e sottili, dall’altra la società ha imposto nuovi interessi e dettato nuove tendenze che hanno condizionato inevitabilmente tutti i palinsesti televisivi.
Un mass media autorevole, dal quale ci si aspettano solo contenuti seri, verificati e di qualità: per questo la posizione della televisione nel sistema globale dei media resta centrale, per la sua aurea di affidabilità. Nonostante la significativa attenzione riservata al tema della disinformazione e delle fake news, infatti, l’attendibilità dei professionisti dell’informazione televisiva mantiene alta l’asticella della fiducia dei fruitori, inclini a fidarsi di ciò che arriva loro dalla tv grazie ai serrati controlli editoriali e alle fonti certificate cui attingono i vari organi televisivi.
Lo scorso ottobre il Censis ha pubblicato un rapporto sulla tecnologia presente nelle case degli italiani, che ha messo in luce ancora una volta come a farla da padrona sia oggi come ieri la televisione, addirittura di gran lunga più della rete. 20 mila in tutto le famiglie intervistate, il cui 97.1% ha dichiarato di avere almeno un apparecchio televisivo: nelle case degli italiani ci sono infatti oltre 43 milioni di televisioni.
Sempre da rilevazioni del Censis, solo un apparecchio televisivo su cinque risulta connesso alla rete, il che significa che la maggior parte delle famiglie guarda i programmi in onda sui canali televisivi. Sono solo 5.3 milioni gli italiani che seguono almeno saltuariamente programmi televisivi fruibili su internet, di cui 2.7 milioni di italiani guardano RaiPlay, 2.3 milioni SkyGo e 3.7 milioni Netflix, un’abitudine più diffusa fra i giovani e fra i laureati.
L’accesso al web tramite Tv, con una Smart Tv o con un dispositivo esterno, dipende invece dalla condizione economica ed il gap è importante: solo il 10% delle famiglie meno abbienti possiede una smart Tv, contro il 26% delle famiglie ad alto reddito. Inoltre, la smart TV è più presente laddove ci sono figli: la possiede il 28% delle coppie con figli, il 18% delle coppie senza figli e l’8,6% delle persone che vivono sole. Ulteriore aspetto interessante che è emerso dall’indagine è che, a quanto pare, il numero di apparecchi televisivi è condizionato da una parte dalla condizione socioeconomica, dall’altra da quella familiare: solitamente, cioè, la quantità degli apparecchi è direttamente proporzionale sia con il reddito che con il numero di figli. Inoltre, al netto delle persone che vivono sole, solo nel 65,7% dei casi ci sono meno televisori che componenti della famiglia.
Riguardo alla frequenza di utilizzo della televisione, invece, ci vengono in aiuto i dati Istat raccolti tra le persone che la guardano: tra questi l’86% lo fa ogni giorno ed il target più consistente si divide in due maxi gruppi, i giovanissimi, dai 6 ai 14 anni, e gli anziani, dai 65 ai 74 anni, con una media di viewing giornaliero di circa 3 ore a persona.
Alla luce di questi numeri, di fronte alla portata di un fenomeno che si pone come fulcro indiscusso della comunicazione globale, la Giornata Mondiale della Televisione resta ciò per cui nacque in origine: un’importante occasione per fermarsi a riflettere sulla potenza di questo mezzo e guardare al futuro con rinnovate consapevolezze.