ANCONA – Protocolli diversi in ogni sede giudiziaria. La denuncia arriva dall’Ordine degli avvocati di Ancona e dall’Ami (Avvocati Matrimonialisti Italiani). L’epidemia di coronavirus ha stravolto le attività dei tribunali italiani con gli uffici giudiziari che sono ricorsi a linee guida per la gestione delle udienze anche molto diverse tra loro, complicando non poco la vita agli avvocati in un periodo in cui l’attività con l’arrivo della Fase 2 non è migliorata.
«L’Ordine degli Avvocati resta un punto di riferimento fondamentale per gli Uffici Giudiziari e, in nome della tutela dei diritti, ci siamo adoperati per far sì che il dialogo istituzionale fosse rapido e risolutivo, così da agevolare la ripresa delle normali attività e dare nuovo impulso all’azione giudiziaria» dichiara il presidente dell’Ordine degli avvocati di Ancona, Maurizio Miranda. Un ruolo di raccordo, quello svolto dagli avvocati, di grande importanza sia nella fase di emergenza che nella cosiddetta fase due con l’obiettivo di ritrovare «un po’ di normalità» nella Giustizia. Per questo «all’Avvocatura è stata richiesta una straordinaria attività nel concorrere a determinare le modalità di gestione dell’attività processuale» evidenzia il presidente dell’ordine Miranda.
«In queste ultime settimane abbiamo avuto un contatto continuo con tutti gli Uffici Giudiziari che hanno sede nel nostro capoluogo – prosegue – cercando di armonizzare le nuove regole dell’emergenza e tenendo conto delle specificità del processo celebrato avanti la Magistratura Amministrativa, Civile e Penale». Insomma un lavoro intenso «per far sì che l’attività giudiziaria si potesse riavviare in maniera più agile possibile ma soprattutto comprensibile e attuabile per tutti i colleghi», spiega.
E un ruolo fondamentale è stato anche quello svolto dalla Camera Penale, dalla Camera Minorile e dall’Associazione degli Avvocati Amministrativisti che hanno posto l’accento sulle criticità relative ai riti processuali con l’obiettivo di giungere a soluzioni.
«Non è stato affatto facile» – ha concluso Maurizio Miranda, dal momento che «la ripresa delle attività commerciali a seguito della “Fase 2” è sicuramente più semplice da gestire rispetto alla celebrazione del processo in cui è coinvolto un numero di persone sensibilmente elevato. Il funzionamento della macchina della giustizia richiede l’apporto di tanti soggetti e si è dovuto tenere conto delle molteplici sfaccettature che tale connessione comporta, considerato altresì che alcuni Uffici – quali ad esempio quelli del Giudice di Pace – non erano ricompresi nell’ambito del processo telematico». Questo ha comportato la necessità di fronteggiare una situazione in cui le facilitazioni date dai sistemi informatici «ancora non possono essere utilizzate».
«Siamo pienamente solidali con il presidente dell’ordine degli avvocati di Ancona Maurizio Miranda – dichiara l’avvocato Massimo Micciché, segretario nazionale e presidente della Sezione Distrettuale di Ancona dell’Associazione Avvocati Matrimonialisti Italiani – questa situazione estremamente preoccupante viene percepita dall’intera avvocatura. Il protocollo di sicurezza da studiare deve essere unico per tutta l’Italia».
Sulla questione infatti era intervenuta l’Ami alcuni giorni fa anche per voce del presidente nazionale Gian Ettore Gassani che aveva denunciato che «la giustizia è stata sospesa, vi è in atto una interruzione di pubblico servizio, che non può essere giustificata dalla pandemia». Secondo il presidente Ami «i cittadini sono diventati numeri e gli avvocati ospiti dei tribunali. Non si è fatto nulla per prevedere locali diversi e disciplinare il regolare svolgimento delle cause. Come presidente nazionale di una grande Associazione Forense, come l’AMI, riconosciuta dal CNF, non posso tollerare questo sfacelo della giustizia». Gassani ha invocato di tornare «immediatamente tutti a lavorare nel settore della giustizia, si trovino soluzioni alternative ai tribunali, si reperiscano altri spazi, si facciano i processi anche il sabato».