Da quando il dott. Vittorio Colao è stato designato dal governo italiano per guidare la task force della “Fase 2” per la ricostruzione economica del Paese – dopo la pandemia Covid-19 – sul web è riesplosa la polemica sul Gruppo Bilderberg, in particolare sulla sua partecipazione al meeting del 2018 che si tenne a Torino. Il sessantenne Colao ha titoli prestigiosi, dalla laurea alla Bocconi ai master ad Harvard, esperienze lavorative di primo grado come la presidenza di Vodafone.
Ma cos’è veramente il Gruppo Bilderberg?
Molti lo considerano come un think-tank neoliberista riservato dove si discutono temi globali mentre per altri è un “governo ombra” dove viene decisa l’agenda politica e finanziaria del mondo occidentale. Dov’è verità? Come spesso accade forse si trova nel mezzo.
Sicuramente è la segretezza delle riunioni del Bilderberg il primo fattore a scatenare le fantasie dei tanti blogger complottisti, sancita dal divieto assoluto a telecamere e microfoni di entrare e registrare audio e video relativi alle conferenze.
In secondo luogo l’importanza degli invitati, scelti nel Gotha del potere economico, politico e finanziario mondiale, che si confrontato su temi di rilevanza globale seguendo le regole della Chatham House: i partecipanti sono liberi di utilizzare le informazioni ricevute, ma non di diffondere e associare le identità degli oratori.
Una storia lunga 74 anni
La prima conferenza, nata per iniziativa del banchiere statunitense David Rockefeller, si tenne il 29 maggio 1954 presso l’hotel Bilderberg a Oosterbeek, vicino Arnhem, nei Paesi Bassi. L’iniziativa del magnate statunitense venne condivisa da molti, incluso il politico polacco Józef Retinger, preoccupato dalla crescita dell’antiamericanismo nell’Europa occidentale e col fine di favorire la cooperazione tra Europa e Stati Uniti in campo politico, economico e militare.
Per quella prima conferenza furono contattati il principe Bernhard van Lippe-Biesterfeld, il primo ministro belga Paul Van Zeeland e l’allora capo della Unilever, l’olandese Paul Rijkens. Il principe Bernhard van Lippe-Biesterfeld a sua volta coinvolse Walter Bedell Smith, capo della Cia. La lista degli ospiti fu redatta invitando due partecipanti per ogni nazione, uno per la parte liberale e l’altro per l’opposta parte conservatrice. Henry Kissinger è membro permanente del Bildeberg. Cinquanta delegati da undici Paesi europei insieme con undici delegati statunitensi parteciparono a quella prima conferenza.
Il successo di questo primo incontro spinse gli organizzatori a pianificare delle conferenze annuali. Molti partecipanti al Gruppo Bilderberg sono capi di Stato, ministri del tesoro e altri politici dell’Unione europea, ma prevalentemente i membri sono esponenti di spicco dell’alta finanza europea e anglo-americana. La conferenza è organizzata da una commissione permanente (Steering Committee) della quale fanno parte due membri di circa 18 nazioni differenti. Oltre al presidente della commissione è prevista la figura di segretario generale onorario. Non esiste la figura di membro del Gruppo Bilderberg ma solo quella di membro della commissione permanente (“member of the Steering Committee”). Esiste anche un gruppo distinto di supervisori.
Il Club esce allo scoperto
Questa struttura ha permesso al gruppo di operare da 66 anni in assoluta segretezza fino a quando il web ha contribuito alla grande diffusione dei reportage fatti da quei pochi giornalisti – tutti etichettati come complottisti – che da almeno 20 anni si occupano dell’argomento come David Icke e Daniel Estulin che scrisse nel 2009 il libro Il Club Bilderberg. La storia segreta dei padroni del mondo.
Dal web ai social network il passo è stato breve. Le polemiche si trasformarono in libri, dai libri nacquero le proteste, e dalle proteste si svilupparono interrogazioni parlamentari che alimentarono trasmissioni televisive e articoli di giornale, come la commissione parlamentare del Movimento 5 Stelle presieduta da Carlo Sibilia e l’interrogazione presentata dall’onorevole Tiziana Cipriani.
Il clamore fu tale che il Gruppo Bilderberg nel 2009 fu costretto a pubblicare un sito web dove vengono elencati i partecipanti e i temi che verranno affrontati ogni anno. Ma questo gesto di trasparenza, invece di smorzare definitivamente le polemiche, innescò un ulteriore movimento di protesta quando vennero alla luce i nomi dei partecipanti italiani e il ruolo che ricoprono nello Stato: Mario Monti, Jhon Elkan, Franco Bernabè, Matteo Renzi, Enrico Letta, Lilly Gruber, Ferruccio De Bortoli, Emma Bonino, Corrado Passera, Giulio Tremonti, Rodolfo De Benedetti, Alessandro Profumo, Mario Draghi, Valter Veltroni, Marco Tronchetti Provera, Cesare Romiti, Guido Carli solo per citarne alcuni. Da quel momento il Bilderberg uscì dalla nicchia dei complottisti e divenne argomento mainstream di trasmissioni televisive.
Tutte coincidenze?
Nel mirino del web anche una serie di coincidenze: l’ipotesi è che l’invito al meeting del Bilderberg, sospeso quest’anno a causa del coronavirus, avrebbe fatto da trampolino di lancio per incarichi di primo rilievo conferiti a molti personaggi pubblici in Italia.
- Mario Monti nel 2010 è nominato membro del comitato direttivo del Bilderberg e nel 2011 diviene presidente del Consiglio.
- Enrico Letta nel 2012 partecipa al meeting in Virginia e nel 2013 è nominato presidente del Consiglio.
- Monica Maggioni nel 2014 partecipa al meeting di Copenaghen e nel 2015 viene nominata presidente della Rai.
- Matteo Renzi a maggio 2019 partecipa al meeting di Montreaux (Svizzera) e ad ottobre, dopo aver costruito la maggioranza del governo Conte-bis, esce dal Pd e fonda Italia Viva.
- Vittorio Colao partecipa al meeting del 2018 a Torino e nel 2020 viene nominato capo della task force da Conte per la ricostruzione Fase 2 in Italia.
I giornalisti fra i potenti del mondo
Mentre la stampa è tenuta rigorosamente fuori dai meeting, ci sono direttori di quotidiani e giornalisti televisivi che vengono invitati nel più assoluto riserbo alla più discussa riunione della finanza internazionale insieme agli uomini più potenti del mondo.
Lilli Gruber (conduttrice della trasmissione Otto e Mezzo su La7), Stefano Feltri (Il Fatto Quotidiano), Piero Ottone (Corriere della Sera), Arrigo Levi (La Stampa), Piero Ostellino (Corriere della Sera), Sergio Romano (Corriere della Sera), Gianni Riotta (La Stampa), Ferruccio de Bortoli (Corriere della Sera, Sole 24 Ore), Giulio Caracciolo (La Repubblica).
Perché nessuno di loro ha mai sentito la necessità di esercitare il diritto di cronaca o rispondere a domande a riguardo?
Dicono che l’invito al meeting è a titolo personale, quindi non per il ruolo professionale, e da privati cittadini hanno il diritto di partecipare a qualsiasi incontro a porte chiuse.
Se un giornalista scrivesse un articolo sull’esperienza vissuta con il Bilderberg, almeno fugherebbe una volta per tutte i sospetti sul conflitto d’interessi, l’ingerenza delle lobby sulla politica, la prevalenza degli interessi dei banchieri e della finanza su quelli dei cittadini. Quel giornalista, poi, potrebbe parlare di cosa si prova a stare tre-cinque giorni chiusi in un hotel di lusso con le 120-150 persone più influenti del pianeta. Perché, come affermava un saggio, “a pensar male è peccato ma spesso ci si prende”.