Il 23 maggio del 1992 ci fu l’attentato che provocò la strage di Capaci nelle vicinanze di Palermo. Cosa Nostra assassinò il magistrato antimafia Giovanni Falcone insieme ad altre quattro persone. Con lui infatti c’erano la moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Oltre una ventina i feriti.
In quella circostanza e a seguito di quell’attentato una squadra di finanzieri lavorò gomito a gomito con i magistrati del pool antimafia diretto da Antonino Caponnetto. È questo il tema di un video -documentario, intitolato “Le Fiamme del Pool…sulle tracce dei tesori di Cosa Nostra” che, in occasione del 26° anniversario della strage, sarà mostrato oggi, martedì 22 maggio, nell’aula magna del Palazzo di Giustizia di Palermo. Questo nell’ambito dell’iniziativa in ricordo della figura di Giovanni Falcone promossa dalla Sezione Distrettuale palermitana dell’Associazione Nazionale Magistrati e dal Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza.
Il filmato, realizzato dal Comando Regionale Sicilia con il prezioso contributo della Fondazione “Falcone”, segue le mosse della Palermo del 1983, una città insanguinata da una mattanza che sembrava non avere fine. «Fu lo stesso Giovanni Falcone a portare alla luce la “dimensione unitaria di Cosa Nostra” e a stabilire che bisogna innanzitutto cercare i soldi e gli affari per fermare le cosche mafiose. In questo modo, ottiene che una squadra di finanzieri dell’allora Nucleo Regionale di Polizia Tributaria, lavori a fianco del pool, nel bunker dell’Ufficio Istruzione, per ricostruire le connessioni fra boss, clan e insospettabili complici che emergono da una montagna di assegni appena sequestrati. Maria Falcone, la sorella del giudice, ricorda che proprio«in quei giorni nacque il motto: “Segui il denaro, troverai la mafia”. Ancora oggi un punto di riferimento per una lotta fondamentale nel nostro Paese», spiegano i promotori.
I finanzieri della squadra, con il supporto di Giovanni Paparcuri, storico collaboratore giudiziario dei magistrati del pool, iniziarono a catalogare ogni assegno, ogni traccia, e poco a poco nacque una grande mappa criminale che orientò le indagini. «Riuscimmo finalmente a trovare connessioni fra persone fino a quel momento impensabili», ricorda il giudice Leonardo Guarnotta, uno dei componenti del pool antimafia; mentre i giudici istruttori Giuseppe Di Lello, Ignazio De Francisci e Gioacchino Natoli evidenziano come questa attività abbia permesso man mano di fare luce sulle rotte del denaro procurato da traffici illeciti, con risultati allora impensabili. «Raccontare quei giorni vuol dire ripercorrere la nascita di un metodo di investigazione ancora oggi attualissimo», dichiara il Generale Sebastiano Galdino, Comandante Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza. Inoltre il “metodo Falcone”,secondo il Presidente della Corte d’appello di Palermo Matteo Frasca, è ancora oggi un’intuizione fondamentale nella minaccia mafiosa in campo economico.