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Le idee della Fiom per rilanciare il distretto economico di Fabriano

Il distretto industriale di Fabriano e lo storico settore dell’elettrodomestico possono rilanciarsi, a patto che il territorio torni ad essere attrattivo. Ecco cosa ne pensa il responsabile della Fiom per il fabrianese, Pierpaolo Pullini

Pierpaolo Pullini

FABRIANO – Il distretto industriale di Fabriano e lo storico settore dell’elettrodomestico possono rilanciarsi, a patto che il territorio torni ad essere attrattivo. Ne sono convinti i sindacati, i lavoratori e le stesse grandi aziende, che l’hanno rimarcato con chiarezza nel corso del convegno dal titolo “Soddisfatti o rimborsati. Quale futuro per l’elettrodomestico a Fabriano”, organizzato dalla Fiom-Cgil e svoltosi al Palazzo del Podestà, a cui hanno preso parte anche le istituzioni ai massimi livelli con la vice ministra dello Sviluppo economico Alessandra Todde e l’assessore regionale al Lavoro Stefano Aguzzi. Ne abbiamo parlato con il segretario provinciale della Fiom Pierpaolo Pullini.

Come si fa a rilanciare il distretto di Fabriano?
«Oggi più che mai sarebbe indispensabile trovare gli strumenti per rendere strutturalmente appetibile il territorio per investimenti privati, passando anche per l’intervento pubblico. Lo strumento dell’accordo di programma si è dimostrato, purtroppo, vuoto e non ha liberato risorse, se non in qualche isolato caso e comunque non in maniera strutturale. Quello che veramente è mancato è stato forse la capacità di progettare in prospettiva, andando oltre la gestione congiunturale delle singole crisi in quanto il territorio continua rimanere sempre più isolato anche a causa di carenze di infrastrutture materiali e digitali che devono essere colmate al più presto, anche se qualche passo in avanti è stato fatto. È fondamentale preservare ciò che già esiste e fare in modo di non disperdere le competenze e renderle patrimonio comune di tutto il Paese; è fondamentale salvaguardare e mantenere le professionalità laddove siano presenti riorganizzazioni (che comunque sono continue), durante le quali si rischiano di perdere pezzi importanti delle organizzazioni, con essi la centralità del territorio nelle politiche aziendali. Quindi crediamo fortemente che si debbano definire le strategie al fine di salvaguardare il settore e rilanciare la produzione in Italia: in questo Fabriano ricoprirebbe, per storia e conoscenza delle varie tipologie di prodotti, un ruolo centrale e strategico, anche grazie alla rete consolidata di indotto e fornitori».

Andiamo nel concreto.
«Condiviso il fatto che l’innovazione è la strada da perseguire, e la capacità del territorio (dentro il settore) di saper rispondere ai cambiamenti che il mercato impone, sia un elemento di forza,  bisogna valutare la possibilità di superare il concetto di “distretto del bianco” in quanto la catena di fornitura e la filiera, arrivano anche in maniera importante nella Vallesina. Questo grazie a tutto ciò che si è sviluppato prevalentemente dal settore delle cappe, comparto che ha retto alla crisi dell’elettrodomestico. Le multinazionali presenti nell’area sopra citata potrebbero mettere in campo azioni, proporsi come sponsor (sponsor di progetto – area di crisi industriale complessa), per attrarre i propri fornitori ad investire nel territorio. I fornitori interessati non dovrebbero essere necessariamente quelli inerenti la filiera produttiva, ma anche quelli utilizzati nell’organizzazione del lavoro sia tecnica che amministrativa che produttiva al fine di privilegiare la costituzione di vere e proprie reti d’impresa: sostenere l’apparato produttivo, consolidare e salvaguardare attività e livelli occupazionali. Si potrebbe creare così un settore di riferimento comprendente diverse tipologie di prodotti, con una propria specializzazione declinabile da inquadrare in un riequilibrio tra attività industriale e tutela della salute e dell’ambiente, definendo Progetti di Riconversione e Riqualificazione Industriali con ruolo attivo di collaborazione e monitoraggio con Invitalia sull’individuazione delle azioni da mettere in campo e relative responsabilità attuative, anche nella logica di sviluppo di una economia circolare puntando sullo smaltimento sostenibile di quanto prodotto, anche al fine di recupero di materie prime, altro elemento che con gli aumenti esponenziali dei costi, e la difficoltà di reperimento, rischiano di rendere non sostenibile la produzione in Italia, e comunque di chiedere sempre flessibilità esasperata alle lavoratrici ed ai lavoratori».

Puntare anche sulla formazione?
«Utilizzare i fondi della formazione per lo sviluppo delle competenze necessarie anche attraverso l’istituzione di vere e proprie scuole di formazione lavorativa che prevedano la co-partecipazione del pubblico e del privato, sia per i finanziamenti che per le necessità reali del territorio. Oggi infatti sappiamo che molte aziende non riescono a reperire persone con specifiche professionalità (ad esempio, saldatori, piegatori, fresatori) e instaurare un rapporto continuo anche con le università per la formazione di alti profili, rivolti soprattutto alla capacità di analisi e raccolta dati, in maniera tale da poter costruire un vero e proprio bacino di competenze del territorio. Questo servirebbe anche a contrastare la precarietà che si sviluppa dietro alla richiesta di flessibilità del mercato del lavoro e permetterebbe di creare, con apposito controllo del Pubblico un sistema di monitoraggio atto non solo a sviluppare le giuste competenze, ma anche a creare occupazione stabile, partendo in particolare dal lavoro in somministrazione. Un altro elemento che mette a rischio il settore, è sicuramente l’aumento dei costi dell’energia per questo chiediamo che il concetto di comunità energetica venga rivisto ed allargato, anche individuando degli ulteriori strumenti di incentivazione alle imprese che mettessero a disposizione della comunità circostante il surplus di energia verde prodotta durante i momenti di fermo produttivo. Una logica economica, industriale, ambientale ed etica. Ancora, costituire delle vere e proprie reti di impresa della fornitura anche per abbattere i costi della logistica e tutte le difficoltà derivanti dall’approvvigionamento delle componentistiche».

Durante il convegno che cosa è stato chiesto alle Istituzioni presenti?
«Abbiamo chiesto alle istituzioni, alla Regione e al Governo autorevolmente presenti, se hanno la volontà, l’obiettivo, l’intenzione di stare anche dalla nostra parte, dalla parte delle persone che lavorano, aldilà delle dichiarazioni, mettendo in campo degli strumenti ed impegnandosi ad individuarne di ulteriori, sedendosi con noi intorno ad un tavolo, non per discutere la gestione di un’emergenza ma individuando una sede per discutere dello sviluppo del fabrianese e della tutela della qualità e della quantità dei posti di lavoro, che discuta di come preservare, migliorare e rilanciare l’occupazione, sapendo che nessuno ha la verità in tasca ma è necessario fare sintesi tra gli interessi di tutti, considerando prioritario quello generale».