ANCONA – La porta di casa socchiusa, in mano il cellulare per chiamare in Bangladesh la sorella di Cameyi, l’unica dei fratelli a non sapere che la 15enne è morta e che le ossa trovate in un terreno vicino all’Hotel House, a Porto Recanati, sono proprio della minorenne bengalese scomparsa il 29 maggio 2010. Prova a non piangere mamma Fatema e prega. Il velo in testa, scuote la testa.
«È morta – dice mamma Fatema – Cameyi è morta, detto polizia. Dente uguale al mio. È lei». Pronuncia poche parole in italiano poi come un mantra ripete il nome della figlia, intonando una canzone. «Cameyi go home, Cameyi go home». Alla mamma ora non rimane che riportarla a casa, in Bangladesh, non appena i resti le saranno restituiti. Un mucchio di ossa e capelli dai quali il medico legale Adriano Tagliabracci ha estrapolato il dna: fondamentale è stato un dente, il dna estratto dalla polpa coincide con quello della mamma. Per la procura quelle ossa sono di Cameyi al 99% anche se gli accertamenti continuano (leggi l’articolo). Già aperto un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere.
La verità arriva dopo otto anni e dopo lunghe ricerche incentrate anche all’Hotel House, dove c’erano chiari segnali in mano alla squadra mobile di Ancona che si era occupata delle indagini che Cameyi era stata lí quel 29 maggio, saltando la scuola. Perché il corpo non è stato trovato subito? Eppure nei dintorni del grattacielo la polizia aveva fatto ricerche anche con l’aiuto dei cani. Erano stati scandagliati anche i vicini laghetti. Cosa è accaduto nel palazzo multietnico dove sarebbe arrivata in compagnia del fidanzatino Monir Kazi, bengalese anche lui e che in quel periodo divideva una stanza all’Hotel House con altri ragazzi? Monir quel pomeriggio era dovuto ricorrere al pronto soccorso per un problema allo stomaco. Cosa ha visto e di cosa è stato partecipe tanto da sentirsi male? Monir attualmente è irreperibile. Nel 2011 è stato espulso dall’Italia (leggi l’articolo).