Ancona-Osimo

Il più Belfiore di Ancona. Andrea e la vittoria a Pechino Express: «Tutta colpa di Joe Bastianich»

Il vincitore del reality show di Sky, Pechino Express, si racconta: dall'amore per il mare ai suoi piatti preferiti, ricordando i tempi in cui faceva il cameriere e il modello

Gli Italoamericani Belfiore e Bastianich

ANCONA – «Sono fiero di essere anconetano e difendo la mia città fino alla morte. Ma ai giovani dico: esplorate il mondo a qualsiasi costo». Parola di Andrea Belfiore, marchigiano di Ancona, classe ’86, vincitore di Pechino Express, il reality show di Sky.

Insieme a lui, sul podio, lo chef stellato (e amico) Joe Bastianich. Italiano il primo, americano il secondo: per questo nel gioco si chiamano ˊGli italoamericaniˊ. Due destini che si incontrano, quelli di Andrea e Joe: casualità o fato, decidete voi di cosa si tratti. Certo è che Belfiore è un batterista con la passione per la cucina, l’altro, Joe, è un cuoco col vezzo della musica.

Umiltà e simpatia, ironia e serietà: eccole, le quattro parole per descrivere Andrea, il più (bel)fiore di Ancona, che ha saputo tenere alta la bandiera della sua città in giro per il mondo. Da anni, il ragazzo vive in America, ma nel capoluogo torna spesso.

L’estate, per lui, significa relax e Portonovo, tra gli autografi e i selfie di chi ora lo riconosce persino in riva al mare. Pacche sulla spalla e strette di mano per il vincitore dell’edizione 2023 del reality. Ma adesso il batterista 37enne è in Puglia, dove sta tenendo delle class di cucina. Belfiore è uno di quei giovani che ha avuto il coraggio, il talento e la bravura di inventarsi un mestiere. Ma andiamo con ordine.  

Andrea, soddisfatto della vittoria a Pechino Express?   

«Certo che sì, è stata un’esperienza indescrivibile, un’esplosione di emozioni».

Lei e Joe: gli ˊItaloamericaniˊ. Che duo fantastico. Ci avete tenuto incollati alla tv.

«Joe l’ho conosciuto grazie al mio amico musicista, Edoardo Ferragamo. Joe lo conoscevo solo di nome, ma non avevo mai visto i suoi programmi. Ci siamo piaciuti subito. È nata un’amicizia vera, lui mi ha persino ospitato a casa sua. Poi, un giorno, a cena, mi chiede se avessi voluto accompagnarlo a Pechino Express e ho accettato, senza sapere cosa fosse. Passa un anno, io sono a casa, ad Ancona, e mi telefona Joe. ˈDevi correre da me per il castingˈ, mi dice».

E sappiamo tutti com’è andata a finire…

«Esatto (ride, ndr)».

Avete attraversato l’India, il Borneo malese e la Cambogia

«Proprio così. E avevamo solo acqua, niente cibo né hotel. Nella prima puntata, io e Joe abbiamo corso per 15 chilometri. Mi ha detto: ˈMa chi ce l’ha fatto fare?ˈ. È stato un viaggio emotivo, una sfida alla sopravvivenza. Devi essere umile e forte mentalmente. Con un uomo di 70 anni, abbiamo comunicato a sguardi e disegni. Ci ha ospitato in casa e lui, come segno di protezione, ha dormito fuori dalla porta, su un tappeto».

A chi dedica il podio?

«A tutte le persone che io e Joe abbiamo incontrato, che ci hanno aiutato e che hanno condiviso con noi storie, cibo e un posto in cui dormire. E poi alla mia famiglia: a mamma Cinzia, a papà Alessandro, a nonna Anna, al mio fratellino Francesco e a zia Carla, che mi supportano costantemente e che sono le persone più importanti della mia vita».

Lei ora vive a New York. Com’è finito dall’altra parte del mondo?

«Grazie alla mia passione per la musica».

Cioè?

«Sono un batterista e non ho mai smesso di studiare privatamente musica. Così, negli anni mi sono spostato tra Ancona e Milano».

Poi, arriva la parentesi di Boston…

«Sì vinco una borsa di studio e nel 2006 mi trasferisco al ˊBerklee College of Musicˊ di Boston, dove faccio il batterista in accademia per 4 anni».

E dopo?

«Dopo il college, nel 2011, mi trasferisco a New York. Volevo fare la vita da musicista, è sempre stato quello il mio piano A. Però, sai un piano B deve sempre averlo. E per sopravvivere mi sono improvvisato muratore e modello di Abercrombie & Fitch. E ho fatto anche il cameriere in svariate aziende di catering».

Quindi, si avvicina alla cucina…

«Sì, faccio il barman, mi cimento nei cocktail, ma non abbandono mai la musica».

Prosegua…

«Nel 2017, a New York, c’è stata una tempesta di neve. Allora, vivevo con due coinquiline italiane, due scienziate. Non potevamo uscire e abbiamo iniziato a cucinare di tutto, usando qualsiasi cosa. Era un modo per passare il tempo: facevamo pasta, polenta, tiramisù e gnocchi. Da lì, mi sono domandato: ˈPerché non portare un po’ di tradizione italiana negli States, con un pizzico di twist newyorkese?ˈ».

Detto fatto…

«D’altronde, il piano B non poteva essere il cameriere. Perciò, ho iniziato ad affittare loft e coffee shop a Brooklyn e a New York per fare class di cucina con amici e conoscenti. Preparavamo aperitivi, spritz e pranzi: era una festa spettacolare. Ho iniziato a invitare special guest, maghi e giocolieri. Una delle mie prime clienti mi ha detto che la sua azienda avrebbe voluto fare un team building coi dipendenti, era una giornalista della BBC».

Così nasce la sua creatura, la ditta ˈEvéntoˈ.

«Sì, ora lavoro con grosse aziende come Meta, Google e Pfizer (solo per citarne alcune, ndr)».

Torniamo ad Ancona. Luogo preferito?

«Il Conero: ogni estate, torno a Portonovo. Mezzavalle e Numana sono nel mio cuore».

Ha studiato nelle Marche?

«Sì, ho fatto le Buonarroti e poi l’Istvas, il Vanvitelli Stracca Angelini. Sono fiero di essere anconetano. La mia città la difenderò fino alla morte».

A cosa non può rinunciare?

«Beh, agli spaghetti coi moscioli».

Un consiglio ai giovani?

«Esplorate il mondo a qualsiasi costo, anche se non provenite da famiglie agiate. I soldi sono importanti se vai all’estero, ma conta di più la voglia di vivere qualcosa di diverso. Dobbiamo allenare la mente a trovare soluzioni, non problemi».

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