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Incontro su “Il pensiero delle donne contro la violenza” al Galilei di Jesi

Il seminario è tenuto da Nadia Fusini, docente di Letteratura Inglese alla Scuola Normale Superiore di Pisa. È in programma venerdì 24 marzo, alle 15, nell'aula Magna dell'istituto e fa parte della rassegna “Frammenti dal Novecento”

L'Istituto IIS Galilei di Jesi
L'Istituto IIS Galilei di Jesi

Jesi – Simone Weil, Rachel Bespaloff, Hannah Arendt. Sono loro le protagoniste del seminario dal titolo “Il pensiero delle donne contro la violenza” tenuto da Nadia Fusini, docente di letteratura Inglese alla Scuola Normale Superiore di Pisa, e in programma venerdì 24 marzo, alle 15, nell’aula Magna dell’Istituto di Istruzione Superiore “Galilei” di Jesi. Diciotto le classi coinvolte, dal III anno al V.

L’incontro, con crediti formativi per insegnanti e studenti, fa parte della rassegna “Frammenti dal Novecento”, promossa dall’istituto ormai da alcuni anni. Dieci gli appuntamenti in programma fino ad aprile. «Il progetto nasce dall’idea di approfondire la conoscenza di questo periodo storico, per coglierne gli esiti nella contemporaneità – dice la coordinatrice Maria Cristina Casoni -. La complessità del mondo attuale rivolge alla scuola domande rispetto alle quali il percorso proposto non intende dare certezze, ma offrire spunti di riflessioni e agli studenti, strumenti critici utili nella vita che li vedrà, prima ancora che professionisti, persone». Dopo il tema dell’impegno, quest’anno quello dell’Incertezza. “Il XXI secolo eredita dal precedente – continua Casoni – fragilità, paralisi, totalitarismi. Situazioni che possono offrire occasioni di rinascita se si ha il coraggio di attraversare la paura e mutarla in stupore, prima, in meraviglia poi».

«Spesso e volentieri – scrive Nadia Fusini – una donna non si avventura in strade buie, si muove con prudenza, non viaggia da sola; convive con un sentimento di sé, direi, alla Jane Austen, di un sesso debole, quanto a equipaggiamento fisico. La sua forza la depone altrove: la cova o la coltiva nella sopportazione di dolori che l’uomo non conosce. È lei a partorire la vita e spesso, quasi sempre lei al capezzale di chi muore. L’esercizio della forza è un compito da cui la cultura e la civiltà, perlomeno nei secoli passati, l’hanno assolta. Non le chiedevano, almeno nel passato, di combattere. Nella tradizione, se una donna andava in guerra era per curare i feriti. Ora è vero, ci sono donne-soldato, ma per lo meno l’ipocrisia vuole che quegli eserciti siano al servizio non della guerra, ma della pace.

Per lo più è ancora vero che se si tratta di violare, penetrare, è piuttosto l’uomo maschio chiamato a farlo. Lui si è specializzato nella performance del gesto. E nel gusto che ne deriva. Proprio per questo, tanto più interessante risulta il fatto che nel cuore del secolo scorso tre donne lontane tra loro si siano arrischiate in una riflessione sulla violenza di un’altezza abissale. Queste tre donne sono Simone Weil, Rachel Bespaloff, Hannah Arendt.

Mi direte: non solo le donne si sono interrogate in quegli anni su ciò che stava accadendo; anche gli uomini l’hanno fatto. E io risponderò che queste tre donne in particolare sono scese come palombare nelle tenebre del male assoluto, affrontando nel pensiero l’abisso della violenza smisurata che segnò il cuore dei loro anni. Hitler e l’hitlerismo ponevano questioni alla mente, al cuore e alla carne, che queste tre donne seppero sostenere. Seppero cioè, nel loro pensiero e nella loro esistenza, rispondere di contraddizioni strazianti, che mettevano il pensiero di fronte all’impensabile. Perché donne? Lo seppero fare, intendo dire, proprio perché donne? Risponderei di sì, e non per orgoglio femminista.

Per il preside dell’Iis Galilei Floriano Tittarelli: «La scelta del tema sviluppato dalla professoressa Fusini è estremamente attuale. Purtroppo, oggi, la violenza assume molteplici forme e a volte inaspettate. Per questo è importante fermarci per cercare di capire, riflettere insieme e individuare chiavi di lettura più ampie e pertinenti alla realtà, anche grazie al contributo del pensiero delle donne».