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Indelfab di Fabriano (ex JP Industries): ecco le motivazioni per la mobilità

Se non interverranno nuove positive notizie, a metà dicembre i 583 dipendenti saranno licenziati ufficialmente. Le cause della decisione: mancanza di liquidità, crisi del settore, pandemia

Lo stabilimento della JP Industries
Lo stabilimento della JP Industries

FABRIANO – Il contenzioso legale, seppur vinto, ha determinato «un irrigidimento del sistema bancario nell’erogazione di fondi». E, poi, prima la contrazione del mercato degli elettrodomestici e, poi, la mazzata finale dovuta alla pandemia da Covid-19 «che ha comportato il congelamento degli ordini». Queste le motivazioni principali addotte dalla Indelfab di Fabriano, ex JP Industries, per avviare la procedura di mobilità per l’intera forza lavoro, vale a dire 583 lavoratori fra Marche e Umbria.
Se non interverranno nuove positive notizie, a metà dicembre, a scadenza cioè dei 120 giorni previsti dalla normativa, tutti i dipendenti saranno licenziati ufficialmente. Nel frattempo, ovviamente, partirà la trattativa – 75 giorni di tempo prima in sede sindacale e poi istituzionale – per cercare di arrivare a un accordo e fermare ciò che, a oggi, sempre inevitabile: una nuova ecatombe occupazionale.

Si conoscono le motivazioni che hanno portato il liquidatore della Indelfab, l’imprenditore cerretese Giovanni Porcarelli, a prendere la decisione di aprire la procedura di mobilità per tutti i 583 lavoratori ex JP Industries: 304 a Fabriano e 279 a Gaifana in Umbria. E nemmeno il blocco dei licenziamenti deciso dal Governo Conte potrebbe salvarli. Infatti sembra che non sia applicabile per le aziende in liquidazione, come è per l’appunto la Indelfab.

Secondo la versione dell’azienda si è giunti a questa decisione per tre motivi. Il primo parte da lontano, vale a dire dopo l’acquisto da parte della JP Industries del comparto bianco della ex Antonio Merloni, vale a dire gli stabilimenti Santa Maria e Maragone a Fabriano e quello umbro di Gaifana. Il prezzo di vendita era stato giudicato troppo basso da parte del pool di banche creditrici nei confronti della Ardo. Da qui, la decisione, di adire le vie legali. Un lungo procedimento giudiziario che si è concluso in Corte di Cassazione con la vittoria per la JP Industries. «Il contenzioso ha continuato sino all’ultimo a creare considerevoli difficoltà nell’instaurare rapporti economici sostenibili e duraturi con clienti e fornitori sia per lo stato di incertezza oggettivamente causato dalla controversia giudiziale, sia per l’irrigidimento del sistema bancario, che di fatto ha reso impossibile il ricorso alle risorse finanziarie indispensabili per il completo sviluppo dell’impresa, per il conseguimento degli obiettivi di rilancio aziendale e per la realizzazione di tutti gli investimenti programmati nel piano industriale originario», si legge nella lettera inviata, fra gli altri, ai sindacati di categoria e ai ministeri del Lavoro e Sviluppo economico.

Ad aggravare ulteriormente il quadro, secondo motivo, la profonda crisi nella quale è caduto il comparto degli elettrodomestici a livello mondiale, «imponendo anche all’azienda un ripensamento in merito al proprio posizionamento di mercato e agli investimenti nell’innovazione di prodotto, sostenuti, proprio a causa del contenzioso in essere, solo dall’apporto di risorse finanziarie da parte della compagine sociale», il secondo fattore determinante evidenziato nella missiva.

Infine, terzo motivo, nonostante il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali per otto anni consecutivi, vale a dire la cassa integrazione, la mazzata della pandemia da Coronavirus. Che se da una parte ha consentito di poter usufruire di altra cassa integrazione con causale Covid almeno fino al prossimo 6 settembre. Dall’altra, però, il 29 giugno scorso, l’Amministratore Unico, vale a dire Porcarelli ha comunicato all’Assemblea straordinaria dei soci «che gli effetti negativi prodotti sull’economia mondiale e sul mercato di riferimento dall’epidemia Covid-19 e i timori di una recrudescenza del virus hanno incontrovertibilmente pregiudicato le possibilità di proseguire nel percorso di riorganizzazione dell’impresa». Da qui, la decisione dell’Assemblea di sciogliere anticipatamente la società e metterla in liquidazione, nominando liquidatore Giovanni Porcarelli.

«Alla luce di quanto esposto e considerata la natura definitiva, strutturale e irreversibile della situazione determinatasi e non essendo ipotizzabile la prosecuzione del ricorso a strumenti temporanei alternativi, si comunica l’intenzione di collocare in mobilità l’intera forza lavoro per cessazione di attività».

Quindi, entro 120 giorni al massimo, se non ci saranno novità positive, i 583 lavoratori saranno ufficialmente licenziati.