Per lui è stata «una sorpresa», ma non altrettanto per chi conosce la sua storia d’impresa. Giovanni Fileni, fondatore e presidente del gruppo avicunicolo marchigiano – una delle principali aziende del settore – è stato nominato il 1 giugno Cavaliere del Lavoro con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Unico marchigiano in un gruppo di 25 persone premiate con il riconoscimento “top” del lavoro, Fileni si è detto onorato, orgoglioso e commosso del premio, ma anche sorpreso.
«Diciamo che non me l’aspettavo – commenta al telefono – Mi è stato chiesto alcuni anni fa se mi sarebbe piaciuto ricevere questo titolo, io risposi ‘vedremo’ ma non ci ho mai pensato davvero. Mi sono dato da fare per la crescita dell’azienda, senza pensare a premi e riconoscimenti. Quando ho iniziato a fare l’imprenditore, piuttosto tardi – a 28 anni – mai avrei pensato ad una ipotesi del genere».
Eppure siamo qui. Un grande gruppo alimentare, terzo produttore avicunicolo italiano e primo nel settore biologico. C’è una ricetta per il successo?
«Posso parlare di una storia, la mia, caratterizzata da tanta passione e anche da fortuna. C’è in primo luogo l’iniziativa, cosa che non sempre gli altri esercitano. Anche nei momenti di crisi abbiamo scommesso su prodotti diversi dagli altri, che potessero imporsi sul mercato per novità e qualità. Siamo cresciuti grazie ad una visione molto chiara di quello che volevamo proporre, puntando sull’innovazione e sul biologico, più che sui grandi volumi. In molti, poi, ci hanno copiato, ma il know-how dei nostri prodotti è notevole e per questo difficilmente replicabile».
Investimenti in corso?
«Investiamo continuamente, da una parte per abbassare i costi e dall’altra per realizzare prodotti sempre nuovi. Molti investimenti sono collegati agli allevamenti biologici, dove i parametri sono cambiati: non più 10 polli al metro quadrato ma cinque al metro quadrato, così stiamo costruendo nuovi capannoni oppure li adattiamo secondo i nuovi criteri. Per abbattere i costi di produzione e di trasporto della materia prima, inoltre, puntiamo sempre più sulla filiera corta: vorremmo allevare gli animali vicino ai mangimifici di nostra proprietà e agli stabilimenti di trasformazione, a Castelplanio e a Cingoli. Per la fine del 2018 prevediamo di realizzare ex novo o sistemare 40 capannoni nella provincia di Ancona, per allevare pollame tradizionale o biologico sempre più ‘in zona’ e sempre meno a Verona e Campobasso. Infine, c’è innovazione continua anche nei due stabilimenti, nella catena del freddo dei mattatoi e nei magazzini sempre più automatici».