Attualità

Integrazione ed eccellenze per combattere la crisi

Il sindaco di Cupramontana, Luigi Cerioni, ci racconta la realtà che amministra. Le peculiarità del territorio sono il punto di forza dell'intera comunità il cui ufficio del turismo è gestito da stranieri

CUPRAMONTANA – L’esempio turistico cuprense approda alla Camera di Commercio di Ancona dove nei giorni scorsi si è svolto “Eccellenze in digitale”. Per l’occasione, infatti, Erik Wempe ha parlato dell’esperienza di Cupramontana accoglie, associazione che promuove l’ospitalità rurale nel territorio di Cupramontana. «L’associazione – si legge nel portale – è composta da strutture turistiche operanti nell’ambito del turismo verde e dell’alloggio rurale: bed&breakfast, agriturismi, country houses, affittacamere. Questa forma di ospitalità, che privilegia i contatti umani, prevede per sua natura un forte legame con il territorio, con la sua cultura, le sue tradizioni, i suoi prodotti agricoli ed eno-gastronomici (vino ma anche miele e olio). Tutti gli aderenti all’associazione sono pertanto promotori di una economia rurale fortemente integrata nell’ambiente naturale. Molti di essi sono anche aziende agricole».

Luigi Cerioni

Il sindaco di Cupramontana, Luigi Cerioni ci ha spiegato questa eccellenza e i riscontri che ha sul piano cittadino. Da chi è gestito Cupramontana accoglie e quale il raggio d’azione?
«E’ gestita per la maggior parte da stranieri, gestori di strutture ricettive che hanno investito sul nostro territorio. A loro abbiamo affidato anche la gestione dell’ufficio turistico e devo dire che questa scelta porta i suoi frutti, sono infatti tantissimi i turisti che vengono dal nord Europa. Sono madrelingua e questo è un punto in più nella gestione. L’associazione collabora anche con la Regione Marche e porta con orgoglio la realtà cuprense a fiere nazionali ed internazionali. Nonostante la crisi economica che ha colpito anche l’Europa, sono riusciti a fronteggiare le difficoltà di questo settore strategico e questo perché non è un fenomeno passeggero ma una realtà strutturale». Come è composto il tessuto sociale di Cupramontana? «Cupramontana ha 4700 abitanti e, rispetto a tante altre realtà, il centro abitato è tutto in prossimità del nucleo storico. Questo si traduce in spirito di comunità: Cupra in camminata è un’iniziativa a cui partecipano tante persone, anche stranieri, che dal centro città camminando appunto, seguono diversi percorsi ala scoperta del territorio circostante. Il reddito della popolazione è molto diversificato: manifattura ma anche agricoltura che negli ultimi tempi sta crescendo. Molti i giovani che hanno investito in casolari ristrutturati: sono anni che nel territorio non ci sono più casolari abbandonati.  Proprio quindici giorni fa ho sposato una ragazza jesna che è venuta a vivere a Cupramontana dove ha acquistato un terreno, il marito invece si è trasferito dal nord Italia e questo non è un caso isolato, anche da Milano hanno acquistato delle terre».

Eppure, quello che sembra è che le istituzioni non leggano questo ritorno alla terra, che è per forza di cose un ritorno ai piccoli centri abitati. Penso alla delocalizzazione di molti servizi che migrano verso centri più grandi nel nome della razionalizzazione delle spese. «E’ vero: manca consapevolezza da parte dei centri importanti di cosa accade nell’entroterra. Anche gli investimenti dovrebbero seguire questo ragionamento e invece, spesso, si parla di turismo come se fossimo all’anno zero. Chiudere per risparmiare non è una logica che mi piace: Cupramontana difende il suo sviluppo in termini di servizi e cura del territorio. Cupra con l’imprenditoria agricola giovanile vive, ed è anche una produzione di qualità. E’ incredibile ma c’è una politica di razionalizzazione sulle autonomie locali che cozza decisamente con lo stato delle cose. Bisogna investire sul futuro: il locale ha un ruolo fondamentale, non va pensato come un intralcio perché non è questa la strada giusta».

I nostri nonni andavano via dalla campagna perché non vedevano prospettive e i nipoti oggi ci tornano per avere un futuro. La fotografia è questa? «Ho 62 anni e vengo dalla campagna. Una volta si lasciava la campagna perché sembrava che il futuro non passasse di lì, restarvi significava emarginazione e si andava in città, era quasi necessario. Oggi questo contesto si è rovesciato: diplomati e laureati investono in agricoltura, nell’artigianato, utilizzano i mezzi di oggi che sono il web, e puntano sulle eccellenze che vanno difese. La sfida dei territori adesso è questa e passa per la capacità dei giovani di essere competitivi. D’altronde il capitale umano che è stato protagonista dello sviluppo degli anni Sessanta, quella classe imprenditoriale, veniva dalla mezzadria. Difendere questo capitale umano significa investire nel futuro. Il timore più grande che ho avuto all’inizio della crisi economica, quando sembrava che non se ne venisse fuori, è che una volta perse queste peculiarità non ci sia più niente da fare ecco perché ritengo che vadano difese».