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Intervista allo scultore jesino Dionisio Cimarelli, Marchigiano dell’anno nel mondo

Dal 1989 attivo all'estero, residente negli Stati Uniti e apprezzato in tutto il mondo, ha realizzato la scultura monumentale di Matteo Ricci per il Padiglione italiano presso la Shanghai World Expo 2010: «Se l'Italia mi proponesse buoni progetti, mi piacerebbe tornare a lavorare nel mio Paese»

I mini rugbisti di Fabriano impegnati a Jesi

JESI – Basta pensare alla scultura monumentale di Matteo Ricci realizzata per il Padiglione Italia presso la Shanghai World EXPO 2010 per capire di chi stiamo parlando. Originario di Jesi, il Maestro Dionisio Cimarelli tiene alto l’orgoglio marchigiano e italiano nel mondo. Scultore di fama internazionale e professore, il 30 maggio riceverà a Roma, presso il Senato della Repubblica, il prestigioso premio “Marchigiano dell’anno nel mondo”.  Giovedì 6 giugno alle 21 sarà invece protagonista al Teatro Goldoni di Corinaldo dell’iniziativa “Conversazione con lo scultore Dionisio Cimarelli, Marchigiano dell’anno nel mondo 2019”.

La carriera del maestro jesino vanta restauri di famosi monumenti europei come: Museo del Louvre di Parigi, Chiesa Reale di Copenhagen, Palazzo Reale di Stoccolma, Cattedrale di Strasburgo, The Institution of Civil Engineers a Westminster di Londra. Importante l’esperienza in Cina e quella negli Stati Uniti dove attualmente vive. È docente di scultura al corso di Master presso la New York Academy of Art, facoltà fondata da Andy Warhol nel 1980, e alla The Art Students League of New York dove hanno studiato molti tra i più importanti artisti statunitensi del XX secolo.

Il ritratto del maestro

Maestro, lei è di Jesi e anche se da anni vive all’estero e ha ricevuto numerosi premi, che effetto le fa essere insignito del riconoscimento “Marchigiano dell’anno nel mondo”?
«Sono fortemente emozionato. Questo premio viene dal mio Paese e dalla regione dove sono nato e cresciuto. Questa terra mi ha dato l’identità».

Che rapporto ha con la sua città di origine?
«Sono nato a Jesi e dopo le scuole elementari la mia famiglia si è trasferita a Moie dove ancora oggi vive. Se riesco torno a casa una volta l’anno. Mi tengo sempre in contatto con i miei cari e i miei amici».

Quando ha lasciato le Marche?
«Ho lasciato le Marche nel 1983. Terminato il Liceo artistico di Ancona, mi sono trasferito in Toscana per frequentare l’Accademia delle Belle Arti di Carrara. Poi ho iniziato a vivere all’estero. Dall’Italia manco dal 1989».

Che cosa le manca delle Marche?
«Mi mancano i paesaggi, hanno influito sulla mia creatività. Purtroppo però nelle Marche e in Italia non ho opportunità di lavoro, quelle che invece ho all’estero. Qui vengo per riposarmi».

E pensare che l’Italia è il Paese dell’arte…
«L’Italia è stato il Paese dell’arte, ora lo è meno. A me ha sempre offerto molto poco, avrei voluto lavorare nella mia terra ma i progetti più interessanti e prestigiosi mi vengono proposti da altri Paesi».

Come nasce la sua passione per la scultura?
«La passione per la scultura è stata casuale. Volevo fare il pittore poi un mio amico iscritto al Liceo artistico mi ha consigliato di fare scultura. Ho provato e sono rimasto affascinato. La scultura è complessa ma è straordinaria, è fisica».

Il San Giovanni Battista

A quale opera è particolarmente affezionato?
«Ci sono due opere più importanti. La prima è il San Giovanni Battista in marmo di Carrara statuario. L’ho realizzato nel 2001 e ho impiegato un anno di lavoro. È una scultura molto particolare dal punto di vista tecnico: è un realismo classico contemporaneo. La seconda è la scultura monumentale di Matteo Ricci. L’ho realizzata nel 2010 per il Padiglione Italia presso la Shanghai World EXPO 2010 in Cina. Ha rappresentato la svolta nella mia carriera. Mi ha dato una visibilità straordinaria in tutto il mondo».

Quale opere le hanno dato più soddisfazione?
«Sicuramente la scultura monumentale di Matteo Ricci e la serie di bambini in porcellana realizzata quando ho vissuto in Cina».

La serie di bambini di porcellana

I cinesi apprezzano le sue opere e in particolare il Matteo Ricci?
«Sono molto interessati. Il Matteo Ricci non è una scultura strettamente italiana e nemmeno cinese. Ho cercato di essere un ponte tra est e ovest portando la mia italianità. Ho fuso la realtà italiana con quella cinese: il risultato sono opere uniche e riconoscibili».

Poco più che ventenne ha deciso di andare in Cina. Può raccontarci la sua esperienza?
«La Cina è un paragrafo immenso della mia vita. A 21 anni, quando ancora frequentavo l’Accademia delle Belle Arti, da Moie ho preso il treno e sono andato con la transiberiana in Cina. Nel 1986 era una cosa inusuale, il Paese per la prima volta si apriva al turismo dopo la rivoluzione culturale di Mao Tse Tung. Io ero interessato all’arte e alla cultura cinese… Hanno lasciato un segno nel mio stile. Sono rimasto in Asia oltre un anno e questo fu un primo assaggio. Sono tornato in Cina nel 2004.

La scultura di Matteo Ricci in gesso

All’epoca insegnavo all’Università di Londra e una mia amica cinese mi invitò alla presentazione del suo libro a Pechino. Aveva scritto un intero capitolo su di me. Doveva essere una visita veloce e invece sono arrivate prestigiose opportunità di lavoro. E così rimasi in Cina per 9 anni, fino al 2013. Durante le Olimpiadi del 2008 una mostra con le mie opere fu esposta all’ambasciata italiana e nel 2010 ho realizzato la scultura di Matteo Ricci per l’Expo. Oggi l’opera originale in gesso si trova presso il consolato italiano di Shanghai. Sono orgoglioso e fiero di aver lasciato in Cina un contributo italiano».

La scultura è stata acquistata dalla Regione Marche e oggi si trova esposta all’Università di Macerata.
«Sì, è l’opera in oro zecchino esposta durante l’Expo in Cina. Purtroppo però qui nelle Marche non ha la visibilità che merita. Nessuno sa che all’Università di Macerata c’è questa scultura di grandissimo valore. A Shanghai è un simbolo, viene visitata. In Cina hanno realizzato addirittura un documentario. È valorizzata all’estero e non qui. Questo è il problema delle Marche: ha delle opere straordinarie ma non vengono valorizzate. Il mio augurio è che il Matteo Ricci abbia una visibilità maggiore».

Altra esperienza importante è quella negli Stati Uniti, dove ormai vive da 5 anni.
«Ho vissuto prima un anno e mezzo in California. Sono stato direttore creativo in un grande studio vicino alla Silicon Valley, realizzavamo sculture e monumenti per tutto il mondo. Da 4 anni vivo a New York. Sono stato invitato ad insegnare in scuole prestigiose e nel 2015 ho avuto l’onore di ricevere la Green Card, la residenza permanente per “abilità straordinarie” che viene consegnata ad artisti di fama internazionale».

Maestro, quanto studio e pratica ci vogliono per raggiungere il traguardo?
«Ai miei studenti dico sempre che ci vuole lavoro, disciplina e ricerca. Sono gli ingredienti fondamentali».

Quali sono le peculiarità che contraddistinguono i suoi lavori?
«L’espressività. Le mie opere devono far provare sensazioni ed essere senza tempo. Alla base dei miei lavori ci sono la tradizione della cultura e della scultura italiana e il valore estetico».

Che messaggio si sente di dare ai giovani di oggi?
«Ai giovani voglio dire che devono essere curiosi. Il viaggio è fondamentale, dà una cultura e una conoscenza straordinaria. È importante uscire dal proprio Paese per confrontarsi con il resto del mondo. Ciò che si impara può essere restituito. Nel mio caso, i frutti sono andati ad altri Paesi. L’Italia deve poter dare l’opportunità ai creativi di lavorare».

Ha dei progetti per il futuro?
«Spero che l’Italia mi proponga dei buoni progetti. Mi piacerebbe tornare a lavorare nel mio Paese».