JESI – Gremito fino all’inverosimile sabato pomeriggio, primo aprile, il centro sociale l’Incontro di via dei Mugnai, dove si è svolta l’assemblea pubblica contro la costruzione della torre Erap di sette piani che dovrebbe sorgere nella vicina via Tessitori.
Il mostro di cemento. «Il problema – ha detto Maria Teresa Mancia, uno dei relatori per il Meetup spazio libero che ha organizzato l’incontro – è che una cementificazione di questo tipo è fuori dalla grazie di Dio ma anche di democrazia: dove sono i cittadini in tutto questo?». La questione, evidentemente molto sentita nel quartiere, sarà inevitabilmente spunto per la campagna elettorale. Nel mirino delle contestazioni infatti, il sindaco Massimo Bacci e anche la precedente amministrazione. La vicenda, lunga e articolata, passa per alcuni passaggi fondamentali: nel 2015 sul tavolo di Bacci sono arrivate quasi 300 firme per chiedergli di rivedere la decisione di costruire nuovi insediamenti abitativi in via Tessitori, al fine di preservare l’area di sosta esistente, il parco circostante e salvaguardare la viabilità del quartiere. Le cose sono andate avanti «nel disinteresse generale di tutte le forze politiche di maggioranza e opposizione presenti in consiglio comunale» continua Mancia sottolineando come l’operazione abbia seguito un procedimento amministrativo dalla dubbia correttezza. La scorsa estate «abbiamo più volte richiesto al sindaco, alla Giunta e a tutto il consiglio comunale di organizzare un confronto pubblico con noi e tutti i cittadini di Jesi e del quartiere San Giuseppe, per giungere ad una soluzione. Da parte loro nessuna risposta». La cosa più grave, si è detto da più parti all’incontro, è che l’immobilismo politico su questa vicenda ha fatto si che i cittadini si siano rassegnati alla costruzione di quello che ormai a San Giuseppe si chiama “mostro di cemento”. «E adesso Bacci ci dice che non si può fare più niente perché non si possono restituire i soldi? Le spese dell’Erap, comprese quelle per l’acquisto del terreno, sono coperte dal contributo regionale quindi – conclude la Mancia – che cosa e a chi si dovrebbe restituire? Sono soldi nostri».
Timori. Quindi la proposta di recuperare l’esistente, stipulare accordi tra privati che hanno appartamenti sfitti e l’Erap accusato di non gestire al meglio i suoi appartamenti. Tutto pur di evitare la cementificazione in un quartiere già sovrappopolato. «Il timore – ha aggiunto Mancia – è che via Tessitori, a senso unico, non basterà per l’accesso a questa zona del quartiere, soprattutto se verrà costruita la palazzina di sette piani, per un totale di 27 alloggi. Non è difficile immaginare quindi, che verrà costruita un’altra strada che da via don Minzoni tagli fino a qui, portando via la zona degli orti, molto cara ai residenti».
La struttura. Si è detto in assemblea che la torre sarà destinata “agli anziani soli degli anni 2000”. Precedentemente si era parlato di famiglie con reddito Isee fino a 39mila euro che avrebbero pagato affitti dai 250 ai 400 euro mensili. L’area interessata complessivamente è di 1467 metri quadrati. «Tutto ha inizio nel 2002 quando si è avviato il piano di recupero Campus Boario che aveva bisogno di un istituto giuridico per la sua formazione – ha spiegato Elisa Pieroni – ed ecco nascere nel 2007 lo Stu (Società di trasformazione urbana) partecipata dal comune, che ricava 850mila euro per la vendita dell’area Erap». In questi anni la politica si è più volte interrogata sulla questione, il consigliere Achille Bucci aveva espresso dubbi sulla costruzione e non è stato l’unico. Anche lo stesso studio ingegneristico Cacciani, che seguiva il progetto, aveva espresso criticità. «Perché andare avanti a tutti i costi? Per sanare i debiti della Stu che dal 2015 è in liquidazione e chiude il bilancio in passivo?». Domande e dubbi continuano: «Il 9 settembre 2011 – ha aggiunto l’avvocato Ruggero Fittaioli – dovevano iniziare i lavori e si sono accorti che sotto quell’area passano le condotte idriche. Negligenza dell’Erap che ha acquistato senza informarsi e che fa il comune? Paga alla Stu i costi per lo spostamento».
La platea. «Siamo pronti a tutto per impedire questa cementificazione – hanno tuonato in sala – Una cementificazione di questo tipo non va bene in nessuna parte della città e poi San Giuseppe ha già dato». Ora si attendono risposte dal comune altrimenti il quartiere è pronto a valutare azioni di diffida nei confronti dell’amministrazione comunale e regionale, oltre a rivolgere un esposto alle autorità per il controllo della spesa pubblica.