ANCONA – Da Jesi a Sanremo, i Confini di tela sul palco più famoso della canzone italiana. La band jesina suonerà all’Ariston venerdì (9 settembre), intorno alle 13. Il complesso marchigiano canterà Crisalidi, un brano composto nel 2018. La canzone è contenuta nell’album d’esordio Maledetti Propositi, uscito il 18 settembre 2021 e accolto con buone recensioni dalle testate specializzate.
«Siamo molto legati a questo pezzo – dicono – e per ciascuno di noi rappresenta un fotogramma della vita da custodire e preservare. È un onore poterlo eseguire di fronte a una giuria qualificata e condividerlo. Un pezzo – fanno sapere – nato prima dell’era covid e completato durante il lockdown. Una canzone che è quasi un appello a non posticipare mai sorrisi e abbracci».
Gli stessi sorrisi e abbracci che abbiamo imparato ad apprezzare proprio durante i mesi più brutti della pandemia, quando nessuno poteva toccare nessuno. Quando era vietato uscire di casa, quando la distanza non era solo fisica ma anche mentale.
Il complesso si esibirà al teatro Ariston per giocarsi la vittoria finale dell’importante contest nazionale Sanremo rock. I Confini di tela sfideranno le altre band marchigiane che hanno vinto la selezione di Sirolo lo scorso 22 agosto e i gruppi provenienti dalle altre regioni.
La giuria del concorso nazionale decreterà il vincitore sabato. «Esibirsi nella città dei fiori? È una bella emozione, soprattutto perché non ce lo aspettavamo. Il concorso lo abbiamo fatto, perché Sanremo rock è uno storico contest musicale, ma mai avremmo pensato di essere selezionati e di arrivare a Sanremo. Invece, con grande sorpresa siamo tra i gruppi marchigiani che andranno in Liguria».
La band è composta da Marco Fersini (voce e chitarra), Matteo Tarabelli (chitarra e cori), Sergio Fabrizi (basso) e Alessandro Violini (batteria). I quattro soggiorneranno nei pressi dell’Ariston portando in scena un po’ delle loro Marche e cantando nel tempio sacro della musica. A Sanremo, giusto per fare qualche nome, ci sono passati Domenico Modugno, Gianni Morandi, Patty Pravo, Vasco Rossi. Insomma, lì c’è la storia della nostra musica italiana. «Ma noi non siamo a quei livelli», scherza Tarabelli, che tra l’altro è anche giornalista.
E per tornare a Sanremo, beh, di recente ci sono passati anche i Måneskin e tanti altri gruppi rock. Esattamente come i Confini di tela. Testi mai banali, i loro, capaci di arrivare al centro del cuore, soprattutto a quello dei più giovani. Si parla di precariato, dell’incertezza di un futuro, dell’obbligo di guardare avanti, di vivere la vita nella speranza. E di guardare il fondo del mare, per poi risalire sporchi di salsedine. Bagnati sì, ma felici di aver vissuto, contenti di essersi tuffati.
Un mare di emozioni che non può essere fermato dalla luce rossa del semaforo. Per capirlo, bisogna ascoltarla, Crisalidi. Il testo di Tarabelli si coniuga alla perfezione con gli arrangiamenti musicali del gruppo.
«Era un periodo che sentivo l’esigenza di ricordare a me stesso di non posticipare le cose belle, ma neanche le cose brutte. Insomma, le emozioni vanno vissute, che sia gioia o che sia rabbia. Perché anche la rabbia è un sentimento positivo se presa in modo costruttivo», spiega l’autore di Crisalidi.
«Ero davanti a un semaforo – ricorda Tarabelli – e pensavo a quel semaforo rosso e fermo, che si limitava a regolare il traffico». Poi, il flash su di sé, sulle emozioni di tutti noi: «Ho pensato: ˈche spreco limitarsi a fermare un’emozione come il rosso ferma le autoˈ. Spesso non viviamo o non ci esprimiamo per paura di mostrarci realmente. Per paura della reazione altrui, per paura delle circostanze».
Certo, capita di avere paura e invece Crisalidi è un inno a superarla, quella paura che ti blocca. A tuffarsi, a buttarsi, a vivere. Che sia un amore o un’esperienza, un avventura o un nuovo lavoro. «Perché se è vero che lo pneumatico che ha fatto troppi chilometri è liscio e brutto, è pur vero che quello perfetto non ha mai percorso alcuna strada, né corso rischi». Crisalidi è questo, un gioco di metafore della vita, tra mare, pneumatici e semafori. Ok quelli rossi, ma vuoi mettere il verde della speranza?
«Ci siamo formati nel 2018 – spiega Matteo –. Siamo amici di lunga data, giocavamo insieme a calcio da piccoli. E poi ognuno ha cominciato a suonare per i fatti propri, ognuno nel suo gruppo. Nel 2018, ci siamo ritrovati». Un rock contaminato ma puro, il loro. Quattro persone così diverse, eppure così uguali, con la musica nelle vene, ma con la capacità di declinarla ciascuno in modo diverso.
Perché nella musica – e forse non solo lì – è la differenza che fa la perfezione. Crisalidi ne è l’esempio dato che è piaciuta talmente da conquistare Sanremo. Ma anche Cenere e Nessuna parola non sono da meno. L’ultimo singolo della band – Nessuna parola – parla di violenza assistita. «Il bambino che vede il papà picchiare la mamma, dal punto di vista del bambino stesso».
Perché è qui la forza della musica. Sta nel saper trasmettere messaggi sociali a ritmo di note. «Noi abbiamo vissuto l’inizio del precariato, siamo la generazione dei millennials» – evidenzia Tarabelli, classe ’80. In tutte le loro canzoni si parla di attualità, di denunce sociali. Brani che sono manifesti di un’esistenza, un invito a continuare a vedere la luce in fondo al tunnel.
«Viva la musica – grida la band – viva il rock». Ci vediamo a Sanremo…