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La JP Industries di Fabriano deposita domanda di concordato in bianco

L’atto presentato al Tribunale di Ancona, sezione fallimentare, crea tensioni a livello occupazionale: sindacati in allerta, assemblea dei lavoratori e occhi puntati sull’incontro al Mise del 4 luglio

FABRIANO – Domanda di concordato in bianco presentata dalla JP Industries di Fabriano. L’atto depositato questa mattina, primo luglio, al Tribunale di Ancona, sezione fallimentare. Sale vertiginosamente il rischio di una nuova ecatombe occupazione. Sindacati in stato di allerta. Assemblea dei lavoratori convocata d’urgenza. Fari puntati sull’incontro al Mise in calendario per giovedì 4 luglio.

Si innalza la tensione per quel che riguarda la vertenza JP Industries di Fabriano, la newco che ha acquistato il comparto bianco della ex Antonio Merloni, compresi gli stabilimenti di Santa Maria e Maragone a Fabriano, e quello umbro di Gaifana, riassumendo 700 lavoratori, oggi ridotti a circa 620, equamente distribuiti fra Marche e Umbria.

L’imprenditore cerretese Giovanni Porcarelli ha depositato, questa mattina, domanda di concordato in bianco al Tribunale di Ancona, sezione Fallimentare. «Questo significa che l’imprenditore non riesce a far rimanere in piedi l’azienda con le proprie forze. Del resto, ci sono sei mesi di stipendi arretrati. Con questa domanda, tutto il pregresso è congelato. E da oggi in poi per lavorare non potrà fare più debiti», evidenziano i rappresentanti dei sindacati di categoria.

Un pomeriggio complicato per Fabriano, come accade purtroppo spesso e volentieri da oltre dieci anni a questa parte. I sindacati hanno incontrato oggi pomeriggio il proprietario della JP Industries. Una riunione che ha assunto da subito toni caldi non appena comunicata la notizia del concordato in bianco. Del resto, era comunque una notizia nell’aria. A oggi, si sono accumulati 4 milioni di euro di debiti con i fornitori, 25 milioni di euro con l’Erario, costi previdenziali e stipendi arretrati, più un debito con le banche che dovrebbe aggirarsi attorno ai 10 milioni di euro. In più, il piano industriale deve essere chiaramente aggiornato.

Dopo la riunione, è stata convocata d’urgenza un’assemblea dei lavoratori all’interno della sala mensa dello stabilimento di Santa Maria a Fabriano. «I lavoratori sono molto arrabbiati e si sentono presi in giro dall’imprenditore e anche dallo Stato. Dal primo perché con questa mossa, di fatto, ha congelato tutti gli stipendi arretrati. Da questo momento l’azienda non può generare un solo euro di debito, quindi se vuole lavorare deve pagare i lavoratori e i fornitori, altrimenti potrebbe anche esserci la messa in liquidazione. Dal secondo perché si sono attesi mesi per convocare una nuova riunione al Mise. Aspettiamo il 4 luglio e poi ogni strada rimane aperta, comprese azioni eclatanti», concludono i rappresentanti delle parti sociali.

Dunque, oltre all’imprenditore Porcarelli, sul banco degli imputanti salgono anche il ministro dello sviluppo economico, Luigi Di Maio, e tutto l’entourage ministeriale. Nel gennaio scorso, si era dato l’incarico a Invitalia di ricercare un partner finanziario e industriale da affiancare all’imprenditore cerretese. Una ricerca che sarebbe dovuta durare poche settimane. L’impegno era, quindi, di riconvocare il tavolo per marzo. Invece, si è arrivati al 4 luglio, con nessuna notizia in merito e con soli altri sei mesi di ombrello per i lavoratori, rappresentato dall’ennesimo anno di cassa integrazione concessa che scadrà il 31 dicembre prossimo.