SASSOFERRATO – Tolti i veli alla mostra “La devota bellezza”, una raccolta di sessanta opere al Palazzo degli Scalzi che esalta la magnificenza di uno dei figli più illustri della cittadina sentitate, Giovanni Battista Salvi (1609-1685), meglio conosciuto a livello internazionale come “il Sassoferrato” identificandolo con le sue origini. La chicca di questa mostra sono i disegni preparatori delle opere, realizzati dal Salvi, giunti in prestito eccezionale dalla Collezione Reale Britannica, dalla Windsor Library.
Tagliato il nastro questo pomeriggio, l’esposizione sarà aperta fino al 5 novembre, a cura di Francois Macé de Lépinay, con un ruolo fondamentale svolto da Stefano Papetti, presidente del Comitato di studio della mostra “La devota bellezza” nonché coautore del catalogo.
E proprio Papetti ci ha guidato in un viaggio nel mondo del Salvi. Nella prima stanza si trovano esposti i disegni preparatori, che per una corretta conservazione hanno bisogno di temperatura, umidità e luci particolari, per cui si entra in un ambiente suggestivo e assai fresco, se paragonato alla calura estiva esterna. «Si può ben vedere che già nei disegni preparatori – spiega Papetti – il Sassoferrato raggiunga un livello di perfezione pari alla resa del dipinto. Compiva studi preliminari molto dettagliati e definiti, con l’obiettivo di un livello massimo di perfezione».
Ed è proprio questo il “plus” della mostra sassoferratese: avere la possibilità, più unica che rara, di poter assistere al percorso di creazione dell’artista, potendo osservare prima il disegno preparatorio e poi, nelle sale successive, le opere compiute.
Oltre al “corpus” di disegni provenienti dalla Collezione Reale inglese, ce n’è uno che giunge dalla vicina da Monte San Giusto, facente parte della collezione di Alessandro Maggiori, ed ha una particolarità: è realizzato su filigrana Fabriano. Un piccolo orgoglio anche per il territorio circostante.
Nelle successive sale, dicevamo, le opere. Tra le quali citiamo la più antica, “La crocifissione”, realizzata prima del trasferimento a Roma, l’esaltante “Madonna col Bambino e san Giovanni”, presa tra l’altro come immagine simbolo della mostra, e i capolavori che dimostrano la straordinaria capacità di ritrattista del Salvi, come il ritratto di monsignor Ottaviano Prati e il ritratto del cardinale Ottoboni.
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«Un classicismo all’ennesima potenza, quello del Salvi – spiega Papetti – che si smarca dal Barocco e dal verismo caravaggesco della Roma del Seicento in cui viveva e dove era tenuto in rande considerazione, basti pensare che sua mentore e committente principale era la principessa Olimpia Aldobrandini, ultima nipote del Papa, considerata la donna più ricca di Roma».
Ciononostante, per oltre un secolo dopo la morte, la figura del Sassoferrato era finita in secondo piano. La sua “riscoperta” risale ai primi decenni dell’Ottocento, ed è per questo che molte cornici hanno lo stile e il gusto di quel periodo. In tempi più recenti, poi, è stato Federico Zeri a ribadirne la grandezza, togliendolo dai confini di copista pedissequo, per elevarlo al ruolo di grande e sopraffino reinterprete. Nel percorso della mostra, tra l’altro, è proiettato un video in cui Zeri parla di Giovanni Battista Salvi.
Oltre alla sede espositiva di Palazzo degli Scalzi, tre opere sono rimaste nella sede naturale della Chiesa di Santa Chiara. Altri dipinti sono attesi per il 15 luglio e l’1 agosto, tra cui “Sant’Apollonia” e “Madonna del Rosario”, forse la maggiore realizzata dall’artista.
Il vernissage della mostra, che ha avuto Paolo Notari – giornalista e conduttore Rai – come presentatore, ha previsto come evento collaterale l’esibizione di quattordici fisarmoniche fidardensi con un repertorio di arrangiamenti, un tocco di marchigianità e un omaggio a Gioacchino Rossini.
La mostra, dicevamo, con un ruolo fondamentale nell’organizzazione svolto dalla Fondazione Carifac, resterà aperta fino al 5 novembre. Per informazioni dettagliate, il sito internet è www.ladevotabellezza.it.info