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Castelfidardo, parte lo “smart working”

Il sindaco della cittadina Roberto Ascani: «Lo chiamano “lavoro agile” o “lavoro intelligente” ma è molto di più. Significa avere vantaggi in termini di produttività, efficienza, costi, salute ma soprattutto migliora la dignità e la condizione della persona». Ecco in cosa consiste

Il sindaco di Castelfidardo Roberto Ascani accanto al presidente del Consiglio Comunale Damiano Ragnini
Il sindaco di Castelfidardo Roberto Ascani accanto al presidente del consiglio comunale Damiano Ragnini

CASTELFIDARDO – «Lo chiamano “lavoro agile” o “lavoro intelligente” ma è molto di più. Attivare lo “smart working” significa avere vantaggi in termini di produttività, efficienza, costi, salute ma soprattutto migliorare la dignità e la condizione della persona». Ad affermarlo il sindaco Roberto Ascani che ha spiegato la novità che sta partendo a Castelfidardo: con atto del 30 gennaio scorso, la giunta ha adottato le linee guida per l’avvio di una sperimentazione che pone il Comune all’avanguardia, tra i primi in Italia fra gli enti di medie dimensioni ad abbracciare la tipologia di “lavoro agile” nella pubblica amministrazione.

«Immaginate chi ha un bambino piccolo o una persona anziana e vuole stare accanto al proprio familiare. Immaginate chi passa fino a due ore di viaggio al giorno per recarsi sul posto di lavoro – continua -. Lo “smart working” consentirà, entro un certo limite di giorni, di poter lavorare da casa. Si potrà lavorare in maniera programmata, per obiettivi garantendo più autonomia e maggiore responsabilizzazione. Ora anche Castelfidardo, fra i primi Comuni in Italia di medie dimensioni, può adottare questo strumento. Questa modalità, già ampiamente utilizzata nel privato, nella pubblica amministrazione è ancora al lumicino. In Italia hanno iniziato la sperimentazione circa 25 enti (tutti comuni capoluogo di provincia, regioni o città metropolitane)».

Il percorso prenderà avvio entro l’anno, previo confronto con le parti sindacali e attivazione delle condizioni tecniche necessarie. In sostanza si tratta di un’evoluzione del telelavoro, rispetto al quale introduce ulteriori aspetti innovativi di flessibilità spaziale e temporale. L’obiettivo di fondo è la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro a beneficio del dipendente che si trovi in particolari situazioni familiari, personali o sociali, come una condizione di disabilità psico-fisica, l’esigenza di prestare cura e assistenza a figli di età inferiore agli otto anni o a conviventi in stato di salute precario.

«Per l’ente si tratta di sperimentare nuove modalità organizzative del lavoro, grazie anche alle nuove tecnologie informatiche», si spiega. Il lavoro domiciliare non potrà applicarsi a tutte le tipologie di dipendenti (ad esempio agenti di polizia, autisti, insegnanti di scuola materna e responsabili di settore) e non potrà superare, almeno nella fase sperimentale, 15 ore settimanali (su 36 ore), individuate in relazione alle esigenze organizzativo-gestionali dell’ufficio competente. Per poter svolgere lo “smart working” nella propria abitazione, il dipendente verrà dotato di uno specifico pc portatile e dei necessari software per dialogare con l’ente. La verifica delle prestazioni avverrà direttamente da parte del responsabile di settore che assegna le specifiche attività lavorative.