MACERATA – Una sperimentazione che continua a dividere la città. Da una parte i genitori preoccupati che chiedono, almeno per il momento, di non toccare le mense scolastiche, dall’altra il Comune che rassicura che nulla verrà smantellato, ma che si cercherà di migliorare efficienza e qualità. A fare muro insieme all’amministrazione, c’è la maggioranza che difende le scelte di chi sta valutando strade diverse da quelle percorse finora.
«Al momento, gli uffici del Comune hanno allo studio una riorganizzazione per il servizio mensa non una esternalizzazione del processo – spiega la consigliera Romina Leombruni (lista Sandro Parcaroli sindaco) -, si tratta, nello specifico, di far preparare i pasti dai cuochi del Comune da alcune mense serventi verso mense riceventi senza perdere di qualità. Questo servizio è già attivo da tre anni, con successo, per la scuola d’infanzia Padre Matteo Ricci, che riceve il pasto dalla Mameli. Ora tale servizio si vorrebbe attuare anche in altre mense dove il primo piatto verrà preparato in loco mentre il condimento e il secondo dalla mensa servente. Sono già stati studiati i tempi di percorrenza, che al massimo sono di 15 minuti, e il pasto sarà trasportato in contenitori che mantengono la temperatura senza pertanto far perdere le proprietà organolettiche – conclude -. Questa riorganizzazione permetterà di ridurre le ore lavorative, senza licenziare nessuno, e questo avverrà non sostituendo i pensionamenti e riducendo le ore di scodellamento».
Ad avanzare dubbi sulla sperimentazione, invece, è ancora una volta l’ex assessore Stefania Monteverde che, dopo la bocciatura della sua mozione in consiglio comunale in cui chiedeva all’amministrazione di fermare la sperimentazione, non ci pensa per niente ad abbassare la guardia. «In questa storia delle mense vedo tanta arroganza, ma soprattutto un piano, l’inizio di un percorso di riduzione del personale e dei costi fino a una facile esternalizzazione ai grandi gruppi industriali. E in Consiglio abbiamo sentito i consiglieri di maggioranza dire che non ci vedono nulla di male. All’assessora Cassetta chiediamo più rispetto, per la città e per i consiglieri: in consiglio comunale ha accusato la minoranza di strumentalizzare questa questione, di farsi paladina della causa, di usare i genitori definendoli “adepti”. Le ricordo – conclude – che deve rispetto ai consiglieri di minoranza che rappresentano una larga parte della città e svolgono una funzione di controllo dell’operato dell’amministrazione. E deve rispetto ai cittadini che manifestano il proprio dissenso in autonomia senza essere adepti di nessuno. Si chiama democrazia».