MACERATA- Il sisma del 2016 ha cancellato interi paesi dell’entroterra, distrutto case e averi, sconvolto vite. Di fronte alle macerie, di fronte allo sconforto c’è chi non si è arreso e ha tirato fuori tutta la sua grinta per reinventarsi. Come il 34enne Marco Del Dotto che da imprenditore edile, dopo il terremoto, ha intrapreso la strada dell’imprenditore agricolo.
La sua nuova avventura è iniziata nel 2017, quando ha creato l’Azienda Agricola Santo Stefano a Monte San Martino (MC) dove alleva ben 16 mila lumache. Oltre a vendere la carne dell’animale ai ristoranti, il giovane vende nel suo sito e-commerce prodotti per la cosmetica realizzati con la bava di lumaca.
Sig. Del Dotto può raccontarci la sua storia?
«Sono un geometra e avevo un’impresa edile. Stavo ristrutturando un casolare ad Amandola ma a causa del sisma, il cantiere ha avuto gravi danni. Dalla sera alla mattina mi sono ritrovato senza lavoro. Anche la mia casa è stata lesionata. Dovevo reinventarmi. L’allevamento delle lumache mi aveva sempre appassionato e così ho deciso di investire in questa nuova attività utilizzando l’unica struttura di proprietà che si era salvata dal terremoto».
Era incuriosito dall’allevamento delle lumache?
«Mi sono avvicinato un po’ per curiosità, un po’ per gioco. Mi sono documentato, ho cercato di capire vedendo altri allevamenti di lumache in Italia, se era possibile farlo e ho intrapreso questa avventura. È un lavoro che richiede molti sacrifici, è un lavoro costante, giornaliero che non conosce ferie. Sono l’unico ad allevare lumache nella provincia di Macerata, tanto che prima dell’apertura della mia azienda non c’era nemmeno una regolamentazione per questo tipo di attività».
Come si allevano le lumache?
«Abbiamo una nuova tipologia di allevamento: al chiuso. Siamo gli unici nelle Marche. In questo modo possiamo lavorare tutto l’anno, altrimenti in inverno le lumache andrebbero in letargo. L’importante è mantenere l’umidità a temperatura costante. Le lumache vivono in apposite strutture di legno e mangiano il cibo che coltiviamo qui in azienda. Estraiamo la bava a mano per non stressare l’animale, la raccogliamo in una cisterna, poi viene filtrata. Il prodotto finito viene poi portato in un laboratorio che si trova a Smerillo».
Che cosa si fa con le lumache?
«Le lumache si possono mangiare, le consegno soprattutto ai ristoranti. Anche lo chef Emanuele Senzaqua le usa molto, ad esempio cucina il risotto di lumaca e caviale. Il caviale di lumaca, ovvero le uova dell’animale, sono un prodotto molto rinomato per l’alta ristorazione. Con la bava di lumaca si fanno invece prodotti per la cosmetica– come creme e sieri- e omeopatici, sciroppo per la tosse e gastroprotettori. I prodotti vengono venduti alle fiere della zona e sul sito. In vista dell’estate faremo anche prodotti per il mare».
Coldiretti Marche ha recentemente comunicato che nel corso del 2018 sono nate 275 nuove imprese agricole dirette da imprenditori under 35. Pensa che nell’agricoltura ci siano maggiori possibilità per i giovani?
«L’agricoltura per i giovani può essere un ottimo veicolo, può fornire nuove opportunità. L’agricoltura canonica è passata, oggi deve essere più specializzata. Occorre aprirsi al mondo digitale, ci sono molte opportunità per farsi conoscere e per vendere online».
Ha progetti futuri?
«In futuro vorrei incrementare il livello di allevamento, portarlo a dimensioni più grandi di quelle attuali. Vorrei allargare e migliorare il nostro parco prodotti. Stiamo anche studiando sughi pronti a base di lumaca».
Come è cambiata la sua vita dopo il sisma?
«La mia vita è cambiata in senso radicale. Non so se è cambiata in meglio, però questa nuova attività mi piace. Il sisma mi ha fatto riscoprire le opportunità che questo territorio può dare».
Personalmente, la sua scelta di restare e investire nelle terre colpite dal sisma la trovo coraggiosa. Per quale motivo lo ha fatto?
«Con lo spopolamento dei paesi dell’entroterra tutte le attività ne hanno risentito. Io non ho avuto scelta, sono rimasto qui e mi sono reinventato qui. All’inizio è stata dura, tra il trauma post sisma e la preoccupazione per un futuro incerto, ma ora sono contento».