ANCONA – «Oggi più che mai la valorizzazione degli studi e dei numeri può dare un valore aggiunto e delle direttive reali per non disperdere economie e denaro su linee non necessarie, per investire invece su quelle direttrici che possono aprire la porta allo sviluppo socioeconomico del territorio».
È con questo presupposto che per la prima volta nella storia, Camera di Commercio delle Marche ha riunito le quattro università della regione Marche per disegnare un nuovo modello di sviluppo e business, che possa risollevare le sorti dell’economia di una regione, le Marche, che stava già scivolando verso il sud e sulla quale è intervenuta anche la pandemia di covid-19.
Il meglio dell’intelligenza e del mondo della formazione regionale si è ritrovato alla Loggia dei Mercanti ad Ancona per presentare ai vertici regionali “Quale visione per quale territorio”, il lavoro frutto dello studio compiuto dagli atenei di Ancona, Macerata, Urbino e Camerino, illustrato dal presidente della Camera di Commercio delle Marche Gino Sabatini e dai magnifici rettori degli atenei marchigiani: Francesco Adornato (Università di Macerata), Giorgio Calcagnini (Università di Urbino), Gianluca Gregori (Università Politecnica delle Marche), Claudio Pettinari (Università di Camerino). Presenti il presidente della Regione Marche Francesco Acquaroli e il vice presidente della giunta regionale nonché assessore alle Attività Produttive Mirco Carloni.
Dallo studio emerge, tra le altre cose, la «crescita demografica della popolazione marchigiana», spiega il presidente di Camera di Commercio Gino Sabatini, e parallelamente si registra una «diminuzione del numero delle imprese» oltre ad una «perdita di appetibilità» delle Marche nell’attrarre forza lavoro da fuori regione. Sabatini ha evidenziato che sono numerose le imprese individuali sul territorio regionale, alcune delle quali «si stanno modificando in srl semplici, società più strutturate delle ditte individuali, mentre altre si trasformano in spa, ma i numeri sono ancora bassi». Crescendo il livello di anzianità della popolazione, anche la forza lavoro segue lo stesso trend e il numero dei giovani è in calo,
Se nelle Marche negli ultimi anni si sono persi 35mila residenti, pari ad una città come Osimo o Fermo, ad assottigliarsi è soprattutto la fascia giovane della popolazione, ovvero quella tra i 26 e i 40 anni, come ha evidenziato il professor Valerio Temperini (Dipartimento di Management dell’Università Politecnica delle Marche), con oltre 5mila giovani che hanno abbandonato la nostra regione.
Sabatini intervenendo sulla crescente anzianità della forza lavoro ne sottolinea l’elevata preparazione: «Su alcune linee produttive abbiamo maestranze altamente qualificate e professionali, però le stiamo perdendo, per questo serve un ragionamento molto forte sugli Its (istituti tecnici superiori ndr), perché questi istituti devono diventare il fulcro centrale per la formazione e la riformazione dei giovani e di chi ha perso il lavoro, reindirizzando l’occupazione su quelle filiere che rappresentano un valore aggiunto per le Marche».
Dal report emerge una crisi ormai consolidata nel settore del manifatturiero, l’attività prevalente nelle Marche, con metalmeccanico, mobile, moda e calzaturiero in sofferenza. Ma anche il turismo è penalizzato, specie nel post pandemia, nonostante questo rappresenta un importante volano per l’economia regionale con potenzialità di crescita rilevanti specie intercettando il mercato internazionale. Per la promozione della cultura, il report evidenzia quattro direttrici strategiche: valorizzazione di nuove professionalità, innovazione del rapporto pubblico-privato, reti e sistemi di governance e infine qualità dell’offerta non solo digitale.
Duro colpo è stato inferto dal virus all’export, non tutte le imprese delle Marche però sono state colpite in eguale misura, infatti anche durante la pandemia ci sono state attività che puntando sulla digitalizzazione «sono cresciute», evidenzia Sabatini. Sul fronte del terziario lo studio mostra che si tratta di un settore in crescita con ampi margini di sviluppo, mentre per quanto concerne l’agroalimentare, con le imprese marchigiane che pesano il 3,2% sul totale nazionale, emerge la necessità di migliorare la visibilità delle aziende vitivinicole sui mercati nazionali e internazionali.
Parole chiave, secondo il presidente di Camera di Commercio, per incentivare il rilancio socioeconomico, sburocratizzare, internazionalizzare, digitalizzare, formare, garantire l’accesso al credito, potenziare le infrastrutture, valorizzare i giovani e puntare sulla sostenibilità. «Grazie all’approfondito studio delle nostre quattro università, che parte dai territori e dall’ascolto delle imprese, siamo in grado di fornire un contributo rilevante agli obiettivi di ripresa economica sostenibile e di innovazione della nostra regione» ha dichiarato Gino Sabatini.
«Vogliamo tornare a essere “caso di studio” – prosegue – e, come Camera di Commercio delle Marche, vogliamo continuare a rappresentare un’organizzazione che semplifica i rapporti, che è attiva nel proporre progetti che partono dal sistema delle associazioni di categoria, capaci di fare sintesi e si presentano al legislatore con posizioni uniche. I dipartimenti e i laboratori, le intelligenze che le quattro università marchigiane hanno messo a disposizione rappresentano un team tecnico di spessore internazionale e la conferma che le diverse anime e competenze della squadra possono lavorare insieme, su un unico binario, al servizio non di sé stesse ma dell’intera comunità marchigiana».
Il governatore Francesco Acquaroli ha parlato di «un lavoro preziosissimo» quello di Camera di Commercio e delle università, sottolineando «costruiremo insieme il futuro». L’accento poi è andato sulla necessità di «fare squadra» per internazionalizzare il sistema, un modello di riferimento, puntando anche sui cluster».
Il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori, ha sottolineato la necessità di integrare il sistema formativo con il tessuto imprenditoriale, «prestando attenzione a internazionalizzazione, digitalizzazione e sostenibilità. Ma la vera sfida è quella di utilizzare un approccio integrato, utilizzando nuovi strumenti concettuali come le filiere, i cluster e gli ecosistemi». «Una filiera istituzionale» ha detto il presidente delle Marche, con «capacità di dialogo per scrivere una nuova pagina» dell’economia della regione. «È una fase difficile e stretta quella che ci aspetta», spiega, con grandi aspettative per risollevare l’economia delle Marche, ma c’è «entusiasmo» ha concluso dicendosi certo che le Marche «torneranno ad essere protagoniste» sul panorama internazionale.
L’assessore e vice presidente della Giunta Mirco Carloni ha sottolineato che «mettere insieme le università, Camera di Commercio, le rappresentanze delle imprese con le istituzioni sia un grande segnale di compattezza di un sistema regionale che ha voglia di rimettersi in gioco».
Giorgio Calcagnini rettore dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo ha posto l’accento sulla necessità di rivedere «i tradizionali modi di fare impresa» e di riconfigurare «i modelli di business», avviando nel contempo processi di innovazione imprenditoriale del tessuto produttivo delle Marche: «Su queste direttrici, l’Università di Urbino è da tempo attiva – ha detto – con progetti come il Contamination Lab volti a sollecitare la creazione di nuove imprese da parte dei propri studenti».
Il rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari ha affermato l’esigenza di fare in modo che «l’innovazione tecnologica che si produce nei laboratori universitari sia essere messa a disposizione del territorio, in ogni sua forma: questo è uno dei principi della Terza Missione degli Atenei». La ricerca, secondo il rettore, è una grande opportunità per le imprese, così come la formazione dei giovani «fornendo ai nostri laureati tutto quel bagaglio di conoscenze e competenze che permetta loro un rapido inserimento nel mondo del lavoro, affinché sia di beneficio anche allo sviluppo del territorio».
Per Francesco Adornato, rettore dell’Università di Macerata, occorre puntare sul «dialogo multipolare con istituzioni, enti, imprese, mondo del lavoro, associazioni. Lo sviluppo dei territori e la loro stessa competitività passano oggi attraverso la capacità di coniugare processi produttivi e capitale sociale, il cui valore relazionale è intensamente assicurato dai processi formativi di stampo umanistico». Secondo il rettore la conoscenza deve contribuire alla crescita economica sostenibile, ma anche alla coesione sociale.