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Fase due, task force Innovazione: «Ridurre orario di lavoro». Le reazioni della politica

La relazione degli esperti, secondo i quali diminuire l'orario di lavoro consentirebbe di limitare una eventuale nuova diffusione del virus e comporterebbe meno costi per lo Stato, ha sollevato un polverone. Ecco cosa ne pensano i politici marchigiani

ANCONA – Mentre la fase due inizia a rianimare le città e a far ripartire alcuni settori produttivi, sono ancora moltissime le criticità con cui devono fare i conti i lavoratori. Dal timore di una nuova recrudescenza dei contagi, fino all’incognita di dove lasciare i figli, per chi li ha, con i servizi educativi chiusi. Poi c’è la questione dell’impatto economico dell’epidemia nel Paese per il quale l’Istat ha già stimato una perdita del 4,7% sul Pil nel primo trimestre 2020. Un crollo che toglie il sonno a molti e che rende il futuro molto incerto.
Intanto però gli italiani stanno mostrando senso di responsabilità, ma la strada si prospetta ancore lunga nell’attesa che arrivino nuove e risolutive terapie e il vaccino per il quale si potrebbe dover attendere addirittura il 2021. In un quadro di questo tipo è fondamentale evitare possibili occasioni di contagio.

Notizia di oggi è che la task force istituita dal ministero dell’Innovazione ha suggerito «la riduzione dell’orario del lavoro con turni: a salario invariato con un contributo dello Stato». Secondo la relazione degli esperti questa soluzione costerebbe allo Stato «meno della Cig a zero ore» (Cassa Integrazione Guadagni).

Una proposta nata dalla «necessità di garantire il distanziamento assieme alla difficoltà di svolgere il lavoro utilizzando protezioni (guanti, mascherine, etc.)», spiega il documento datato 14 aprile, ma diffuso solo nei giorni scorsi. Insomma, il presupposto è riaprire velocemente per evitare un collasso economico, ma allo stesso tempo trovare soluzioni per evitare il diffondersi di nuovi contagi.

Una proposta che ha suscitato una serie di reazioni. Il deputato e candidato del centrodestra per la presidenza della Regione Marche Francesco Acquaroli ritiene la proposta  difficilmente applicabile: «Se lo Stato non ha risorse per garantire liquidità alle imprese che stanno morendo, come si può pensare di ridurre l’orario di lavoro mantenendo lo stesso stipendio con un contributo statale?». Insomma, un paradosso secondo il deputato marchigiano di Fratelli d’Italia che va all’affondo: «Se questi sono i risultati prodotti dalle task force forse è meglio cambiare strategia».

Francesco Acquaroli

Sulla questione centri educativi Acquaroli osserva che le soluzioni per dare una risposta alle famiglie ci sono e passano attraverso una riorganizzazione dei servizi educativi e scolastici che chiama in causa le istituzioni: «I bonus e i congedi parentali non bastano, occorre conservare l’occupazione, ma per fare questo si può optare sulle colonie estive, sui parchi all’aperto, aree da attrezzare per garantire un corretto distanziamento all’insegna della sicurezza». Ma il deputato guarda anche più in là e piuttosto che immaginare una riapertura scolastica a settembre, fatta di gruppi che seguono le lezioni a distanza e di gruppi in presenza, suggerisce di «attrezzare palestre per poter garantire una risposta formativa ai bambini per poterli così distribuire su spazi ampi, evitando le cosiddette classi “pollaio”». 

Critico anche il commento del senatore e responsabile di Forza Italia per le Marche, Francesco Battistoni: «Mi preme sottolineare che la Task force per l’Innovazione, nominata già a fine marzo, sta facendo delle proposte poco risolutive, dati i tempi di lavoro molto lunghi. Ovviamente, i tanti componenti hanno a disposizione una mole di dati importanti, che fotografano quasi alla perfezione lo stato attuale in cui versa il Paese nei vari settori, ma le proposte, invece, tendono ad analizzare il problema solo da alcuni punti di vista. L’ultima idea, quella di ridurre l’orario di lavoro con turni e con un contributo dello Stato, ne è un esempio».

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Francesco Battistoni

Secondo Battistoni «parlando di innovazione, ci si sarebbe aspettati un documento in cui viene dato risalto alle infinite capacità che offre la tecnologia, anche per superare questa emergenza sanitaria, sociale ed economica. Proporre una riduzione dell’orario di lavoro vuol dire non proporre nulla. Si tratta semplicemente di attestare quanto chiunque di noi si immaginava, ovvero che, a queste condizioni, c’è stato, c’è e ci sarà un calo di consumi, con ripercussioni nel mercato domestico ed estero. Ridurre l’orario di lavoro non è un buon segnale per la nostra economia, da nessun punto di vista. Nelle tre pagine del documento si leggono poche soluzioni e molte osservazioni, per così dire, “ordinarie”.
Purtroppo non credo che questo risultato rappresenti quanto si aspettavo gli italiani, ovvero una soluzione forte e puntuale, magari anche “innovativa”, del governo, che ci indicasse come fare a ripartire, garantendo la sicurezza dei cittadini. Perché continuare a mortificare il lavoro anziché proporre quanto di meglio si può offrire nel 2020? Auspico che l’innovazione, senza la quale il Paese sarebbe stato fermo durante questo lockdown, inizi ad essere la vera protagonista del nostro domani».

«Ridurre l’orario di lavoro a parità di salario non credo possa essere una ipotesi percorribile in un momento così drammatico per l’economia italiana, perché potrebbe creare una condizione di difficoltà per le imprese – dichiara Paolo Arrigoni, senatore e responsabile della Lega Marche -. Una riduzione delle ore per il lavoratore è di per sé un fattore positivo, ma in generale occorrerebbe mettere le imprese italiane nella condizione di essere più produttive».

Paolo Arrigoni
Paolo Arrigoni

Sui centri estivi la Lega ricorda di avere già presentato un emendamento al decreto Covid-19, a prima firma dell’ex ministro della Famiglia Alessandra Locatelli, «per riaprirli in sicurezza per i bambini e renderli gratuiti a tutte le famiglie. L’emendamento chiede di istituire un fondo da 50 milioni per supportare Enti Locali, associazioni, oratori e rendere operative, sicure, gratuite e senza costi per chi le organizza tutte le attività educative indispensabili a bambini e famiglie».

Massimo Montesi, coordinatore regionale di Articolo Uno, parla di «indiscrezioni» e sostiene  che «questa vicenda obblighi nell’immediato a affrontare il tema della sicurezza e della salute, ma anche delle misure concrete per permettere alle famiglie, ai lavoratori, ai giovani, agli anziani, di affrontare questa fase con dignità».

Massimo Montesi segretario regionale Articolo Uno (in piedi)

Secondo Montesi servono «risorse concrete, come fatto dal governo nazionale con i 2 decreti già varati e con quello che uscirà a maggio, il quale interverrà con 55 miliardi a sostegno del lavoro, delle famiglie, cercando di affrontare le emergenze economiche e sociali. Per il futuro diventa sempre più urgente e necessario rivedere il rapporto tra noi, la natura, il ciclo economico e produttivo. Misure radicali e strutturali. Rimettendo al centro il bene comune».

Positivo il giudizio del civico Sauro Longhi, ex rettore dell’Università Politecnica delle Marche. Longhi osserva che la questione della riduzione dell’orario di lavoro è già da tempo al centro del dibattito, «anche e sopratutto in seguito all’introduzione di sistemi di produzione automatizzati e robotizzati, che incrementano la qualità e la produttività».

Sauro Longhi a Osimo
Sauro Longhi a Osimo

«Una ridefinizione degli spazi e dei tempi di lavoro l’abbiamo sperimentata nell’emergenza prodotta dalla pandemia – spiega – . Nel ripartire è bene tener conto di questa esperienza, quindi positiva la proposta della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Se in queste settimane abbiamo detto che nulla sarà come prima è bene iniziare a progettare innovazioni sociali, per aver più tempo per noi e per gli altri. La maggiore ricchezza prodotta dai sistemi automatici deve essere redistribuita su tutta la società. Un modo semplice per farlo è la riduzione dell’orario di lavoro: con le macchine siamo in grado a fare le stesse cose ma in minor tempo. L’automazione deve servire a faticar meno ma a lavorare tutti con stipendi adeguati».

Critico il presidente regionale de Il Popolo della Famiglia Fabio Sebastianelli che osserva che «da una parte turni di lavoro ridotti possono diminuire il rischio di contagio, dall’altra diminuiscono anche la produzione, compromettendo ulteriormente le entrate delle imprese, già indebolite economicamente dal lockdown».

Fabio Sebastianelli
Fabio Sebastianelli

Lasciare invariato lo stipendio, secondo Sebastianelli, «può lasciar pensare ad un governo che tutela chi lavora, se non fosse per il fatto che la parte di stipendio che dovrebbe coprire il governo non si sa quando arriverebbe. So per certo che ci sono dipendenti in sospensione lavoro che ancora non hanno ricevuto un euro di quelli previsti dalle misure economiche.
Oltretutto potrebbe essere a rischio anche la parte dello stipendio data dal datore di lavoro, per il calo di entrate».

Nel documento elaborato dalla task force, non c’è solo il taglio dell’orario di lavoro e la questione dei dispositivi di protezione da indossate con le disinfezioni e areazioni periodiche degli ambienti di lavoro. Tra le raccomandazioni spuntano infatti anche il cambio abito all’uscita dal lavoro e prima del rientro in famiglia e quella di punire violazioni nelle misure di sicurezza anche penalmente.