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Sanità privata, chi non si vaccina senza stipendio? Cisl: «No a soluzioni estreme»

Ha sollevato preoccupazioni fra i dipendenti del gruppo Kos il parere legale fornito a chi non intende vaccinarsi contro il covid. Un tema delicato che chiama in causa anche una responsabilità penale per il datore di lavoro in caso di contagio

Foto d'archivio

ANCONA – Preoccupazione fra i dipendenti della sanità privata che rifiutano di vaccinarsi contro il covid-19. Al centro della questione il parere legale chiesto dal Gruppo Kos Care vista la responsabilità penale per il datore di lavoro in caso di contagio. Ad oggi si aggira tra il 5 e il 10% la percentuale dei lavoratori che nelle strutture sanitarie private ha chiesto di non aderire o ha sollevato forti perplessità a sottoporsi alla vaccinazione contro il covid-19. Il dato, che si riferisce al Gruppo Kos, che nelle Marche conta numerose strutture attive nell’ambito della riabilitazione, come il Santo Stefano, Rsa come la Residenza Dorica e Campofilone e cliniche come Villa dei Pini, accende i riflettori su un tema che divide l’opinione pubblica.

A vaccinarsi contro il covid finora è stato il 74% circa dei 2 mila operatori che lavorano nelle strutture Kos, fra i quali figurano oss, infermieri e fisioterapisti. Fra quelli che mancano all’appello c’è anche chi non vuole proprio farsi vaccinare. Una tema piuttosto controverso e delicato, che contrappone la libertà di scelta personale degli operatori con la necessità di garantire il diritto alla salute degli ospiti e che chiama in causa anche una responsabilità penale per i datori di lavoro in caso di contagio.

Per questo, con l’obiettivo di dirimere la questione, la Kos aveva chiesto nel dicembre scorso un parere legale che ha esposto agli operatori contrari alla vaccinazione. Nel documento, il legale ha affermato che se il medico competente valuta come necessaria la vaccinazione per lo svolgimento della mansione lavorativa e per la tutela della sua salute e di quella degli ospiti, allora il rifiuto di sottoporsi al vaccino «abilita il datore di lavoro a impedire l’ingresso nella struttura, dovendo, tra l’altro, garantire la tutela della salute di tutti gli altri dipendenti e degli ospiti».

Inoltre il dipendente che non si sottopone al vaccino «si porrebbe volontariamente nella condizione di non offrire la prestazione di lavoro, legittimando il datore di lavoro a non eseguire la controprestazione (ossia a pagare la retribuzione)» un comportamento che oltretutto «configura un illecito disciplinare». Un parere che ha sollevato preoccupazioni fra il personale che rifiuta di vaccinarsi. Sulla questione è dibattito aperto anche a livello nazionale, ma tornando alle vicende marchigiane, alcuni dipendenti di queste strutture hanno posto il tema all’attenzione dell’azienda per cui lavorano, ma anche dei sindacati.

«Alla richiesta di alcuni operatori che ci hanno chiesto informazioni sulla vaccinazione contro il covid, abbiamo illustrato il parere del legale» spiega Enrico Brizioli, amministratore delegato del gruppo Kos Care. Sulla questione del congedo non retribuito, che stando al parere legale potrebbero rischiare i dipendenti che non si sottopongono al vaccino contro il covid, Brizioli sottolinea «per ora non abbiamo preso nessuna iniziativa in questo senso, stiamo confidando nel buon senso delle persone, visto che la risposta per ora è stata buona: parte degli operatori che non si sono vaccinati hanno dei motivi oggettivi per non farlo, alcuni sono in malattia, altri hanno avuto il covid da poco tempo».

Invece, per quanto concerne la quota di dipendenti che non vuole vaccinarsi, «speriamo che abbiano modo di riflettere sull’argomento e aspettiamo di vedere cosa dice il governo». Sulle responsabilità penali, aggiunge, «dobbiamo tutelarci da questo punto di vista, ma non abbiamo ancora preso iniziative, vediamo come comportarci anche in rapporto alla percentuale delle persone che ritengono di non vaccinarsi». Tra l’altro la fase uno, che vede fra i destinatari della vaccinazione i sanitari delle strutture pubbliche e private, è ancora in corso e dunque c’è ancora spazio per aderire, visto che, come evidenzia Brizioli, «l’epidemia si sta ancora diffondendo e la situazione è ancora abbastanza complessa».

La Cisl Marche, che ha ricevuto segnalazioni sulla questione da parte di alcuni lavoratori, annuncia che i sindacati chiederanno unitariamente un incontro con il gruppo per trattare il tema specifico del congedo senza retribuzione. Luca Talevi, segretario regionale Fp Cisl rimarca: «Siamo a favore dei vaccini, però non può esserci un obbligo: prima di arrivare ad una soluzione estrema, occorre coinvolgere il medico del lavoro, i rappresentanti della sicurezza nelle strutture e i sindacati».