SENIGALLIA – Nemmeno la pioggia, caduta proprio nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’alluvione – che il 15 settembre 2022 causò 13 vittime e danni per miliardi – ha fermato il popolo della Cgil e dei pensionati Spi che si è radunato in piazza del Duca a Senigallia. Ospite dell’edizione 2023 della Festa di LiberEtà, il mensile del sindacato pensionati Cgil, erano Ivan Pedretti, segretario nazionale Spi Cgil e Maurizio Landini, segretario generale Cgil. I due sindacalisti hanno fatto il punto delle iniziative degli ultimi mesi e lanciato la mobilitazione per la grande manifestazione che si terrà il 7 ottobre a Roma, ma anche sottolineato le criticità con cui si trova a fare i conti l’Italia, a quasi un anno dall’elezione del governo Meloni.
Pedretti ha rimarcato il concetto che sono «i lavoratori, i dipendenti e i pensionati a tenere in piedi questo paese, con le tasse e il lavoro che hanno fatto, ed è giusto che abbiano la possibilità di dire quello che pensano» criticando quindi il governo per la poca attenzione riservata finora alla categoria. Ma è dal segretario generale Landini che è arrivato l’attacco più netto, frontale e deciso al governo di centrodestra, responsabile di aver ha allargato la precarietà con l’utilizzo di voucher e contratti a termine, di non combattere l’evasione fiscale e quindi di non andare a prendere i soldi dove ci sono.
Sono tanti i temi che Landini cita: «E’ un governo che continua a tagliare quando invece abbiamo bisogno di investimenti sulla sanità. E’ un governo che dice di non voler fare il salario minimo, mentre noi abbiamo bisogno non solo di quello ma anche di leggi che cancellino i contratti pirata e aumentino i salari, sia dei lavoratori pubblici che dei privati. E’ un governo che addirittura vuole fare l’autonomia differenziata, cioè vuole dividere ancora di più il nostro paese: noi non abbiamo bisogno di dividerci, siamo già troppo divisi e frantumati, dobbiamo invece fare sistema e avere politiche in cui i diritti fondamentali, il diritto alla cura, all’istruzione, a un lavoro non precario, diventino diritti garantiti in qualsiasi parte del Paese».
Anche la questione migranti, di stretta, strettissima attualità, viene spiegata da Landini per rimarcare la distanza dal governo: «Non sono un problema i migranti e quelli che scappano dalla fame e dalla guerra, dovrebbero invece essere più attenti a quei giovani che se ne scappano dall’italia e vanno all’estero: noi stiamo disperdendo intelligenze e capacità, anziché usarle per far crescere il nostro paese, vengono attirate all’estero».
La sicurezza contro i disastri ambientali come quello senigalliese, la sanità, la Costituzione, la scuola, la formazione sono temi centrali a cui ovviamente viene affiancato il lavoro. In particolare il lavoro che uccide, che rende precari, che non permette ai giovani di costruirsi un futuro: «Sono ormai più di mille i morti sul lavoro ogni anno e questa tendenza non si è invertita, aumentano anche degli infortuni gravi e le malattie professionali. Occorre cambiare sistema – afferma Landini alla piazza che applaude – perché c’è troppa precarietà, ci sono troppi appalti e subappalti. E’ passata la cultura che la sicurezza è un costo e non un investimento». E allora come soluzione si potrebbe pensare di «introdurre un sistema per cui le imprese che non rispettano le norme sulla sicurezza vengano escluse dagli appalti, premiando invece quelle che rispettano la salute e la sicurezza».
Tanto si può fare, però, nel settore dell’istruzione e della formazione, perché è da lì che si fa il secondo passo verso una vera prevenzione, oltre all’aspetto dei controlli nei cantieri: «Non possiamo solo piangere quando ci sono i morti. Si deve agire sulla prevenzione: vuol dire avere più ispettori, investire sulla salute e sulla sanità pubblica, sulla formazione dei lavoratori ma anche degli imprenditori». E «nella scuola si insegni educazione civica, cultura del lavoro e della sicurezza, attenzione ai diritti. Stiamo pagando un arretramento culturale che ha messo al centro in questi anni il mercato e il profitto e non la persona o la giustizia sociale».