FABRIANO – «Per coloro che si ricordano che Natale corrisponde alla venuta del Figlio di Dio sulla terra, si apre la possibilità di fare della propria vita una continua novità». È questo uno dei passaggi più significati del tradizionale messaggio del vescovo della diocesi Fabriano-Matelica, mons. Stefano Russo, per questo Natale.
Un Natale 4.0, «perché l’evoluzione tecnologica che attraversa la nostra epoca sta portando fattori di cambiamento della società che fino a pochi anni fa non erano neanche lontanamente immaginabili. È evidente che le moderne tecnologie ci offrono ogni giorno nuove e straordinarie possibilità di sviluppo, nuove opportunità di comunicare e di creare, nuove e stimolanti scoperte e acquisizioni. In particolare, ormai da diverso tempo, sentiamo parlare di “industria 4.0” che apre scenari che modificano in modo sensibile una parte importante dell’attività lavorativa dell’uomo, e che avrà un influsso sempre più significativo su di essa. Prendendo in considerazione i duemila anni che ci separano dalla nascita di Gesù, si potrebbe dire che gli ultimi 25 hanno preso a correre in modo incredibile», prosegue il vescovo di Fabriano.
Tutto ciò può anche generare instabilità. «Sembrano venir meno, o comunque messi in discussione, quei punti di riferimento di cui l’essere umano ha bisogno per guardare con serenità a sé stesso, agli altri e al mondo intorno a sé. Eppure, a pensarci bene, proprio il Natale, la più tradizionale delle feste che conosciamo, ha prodotto e continua a produrre uno sconvolgimento nella storia degli uomini che costituisce il vero “cambiamento d’epoca”».
Il Vescovo individua quattro relazioni fondanti della nostra esistenza che mutano grazie al Natale. «La relazione con Dio. Attraverso Gesù Cristo viene messa in discussione quell’immagine di un Dio collocato distante da noi e che di fatto ci permette di mantenerlo lontano dalla nostra vita, relegato nella casella “religione”, con sopra incisa la scritta “da usarsi in caso di necessità”. No! Dio si è fatto uomo come noi, per portare stabilmente nel mondo la vita della Trinità, per donarla ad ogni uomo, per rendere la nostra storia personale una straordinaria relazione d’amore con Lui. Lo posso incontrare ogni giorno, ogni istante, basta mettersi in ascolto e imparare a riconoscerlo e ad accoglierlo nella Parola, nell’eucaristia, nella comunità, nell’altro, nel povero, nelle vicende liete e tristi della vita».
La relazione con sé stessi. «Questo Dio che si è fatto bambino ci sorprende. Chi mai avrebbe potuto immaginare che la prima dimora del Figlio di Dio che viene sulla terra potesse essere una povera grotta, il suo primo giaciglio una greppia? Quale luogo più inadeguato per accogliere Dio! Il riconoscerci poveri e inadeguati davanti a Dio non è un ostacolo, ma il presupposto fondamentale per poterlo accogliere. Ci ha scelti così come siamo, per amore, non perché siamo bravi, belli, intelligenti. Ma l’accoglierlo e il custodire questa presenza genera in ognuno di noi l’uomo nuovo. Lo sguardo su noi stessi cambia».
La relazione con gli altri. «Se cambia lo sguardo su noi stessi la conseguenza immediata è che cambia anche lo sguardo sull’altro. Ci guardiamo intorno e scopriamo che il Signore è più vicino di quanto pensiamo. Non bisogna andare a cercarlo chissà dove, aspettarlo negli “effetti speciali”. Possiamo riconoscerlo nel volto di chi ci passa accanto».
La relazione con il mondo intorno. «Se l’amore del Figlio è vivo nel nostro cuore, tutto quello che sta intorno a noi è illuminato. Comprendiamo che le cose del mondo non possono essere il fine della nostra vita, ma partecipano al disegno d’amore nel quale siamo inseriti attraverso il Figlio. Nasce un nuovo modo di usare delle cose, un’attenzione e una sensibilità nuova nei confronti dell’ambiente. Diventa molto più facile e allo stesso tempo impegnativo capire che cosa significa “ricercare il bene comune”».
In definitiva, conclude il vescovo di Fabriano «ci accorgiamo che Cristo fa unità di tutte e quattro queste relazioni e la vita può diventare un gioco d’amore nella quale l’una alimenta ed arricchisce l’altra. Ogni giorno, ogni attimo, può diventare una nuova partenza».