MARCHE – L’impennata del prezzo del metano mette in ginocchio tutto il settore del trasporto su gomma. Le aziende fermano le flotte di camion. Gli automobilisti tornano a rifornirsi di benzina. E per le stazioni di servizio il crollo del volume d’affari è verticale. Il prezzo al kg oscilla tra i 2,88 euro e i 3,10 euro salvo rare eccezioni dove il tariffario esposto riporta cifre molto più vantaggiose. Ma, appunto, si tratta di sparute mosche bianche.
Il crollo
La situazione comincia a diventare drammatica. «Da agosto dell’anno scorso abbiamo visto crescere il prezzo del metano di tre volte – racconta Daniele Luzi, titolare del distributore di servizio Tamoil in via Sandro Pertini a Pesaro – da 0,993 siamo arrivati a venderlo a 2.889». Il conto per il cliente è presto fatto: «Se prima un pieno costava sui 10 euro – specifica Francesca Zandri, titolare di due impianti di metano ad Ancona entrambi associati a Confcommercio – adesso può arrivare a toccare i 40 euro». Risultato: «prima facevo intorno ai 400 pieni al giorno – continua Luzi – adesso viaggiamo sui 50-70 al giorno». Chi può, stoppa il rifornimento di metano e preferisce andare a benzina che attualmente è quotata anche meno del diesel. Ma per i gestori dei distributori tutto questo significa ridurre sensibilmente il business. «Rispetto all’anno scorso siamo abbondantemente sul 70% in meno» sottolinea Luzi. E non si vede nemmeno la luce in fondo al tunnel. Anzi, le prospettive sono addirittura peggiori.
I risvolti
Quello che viene a mancare ai titolari degli impianti, dunque, non è soltanto l’incasso giornaliero dovuto ai rifornimenti metano «ma anche tutto l’indotto correlato – spiega Luzi – essendoci meno mezzi di passaggio vendiamo meno accessori». Il settore continua a lavorare seppure con margini molto bassi. «A volte anche in rimessa – ribatte Francesca Zandri -. Non resta che stringere i denti, ma non so per quanto tempo riusciremo a resistere». Senza considerare, poi, che nel settore c’è chi ha investito per ampliare la propria stazione di servizio. «Noi abbiamo aperto un secondo impianto proprio l’anno scorso – continua l’imprenditrice -, abbiamo assunto nuovo personale. E adesso ci troviamo in una situazione che mai avremmo immaginato di dover affrontare». Dal fronte delle aziende di trasporto privato è in atto un vero e proprio terremoto. «Chi aveva le flotte di camion a metano le tiene ferme – continua l’esercente – addirittura sappiamo che chi ha potuto, ha preferito venderli». Dunque un’intera filiera precipitata nel caos. I gestori degli impianti restano a guardare gli sviluppi, ma la preoccupazione è elevata. «Tra l’altro questo tipo di strutture non possono restare ferme – specifica Zandri – perchè se non eroghiamo il metano stivato, l’impianto si scalda e aumenta la pressione. Poi bisogna intervenire per riportare tutto al livello di norma». Problemi su problemi, che aggiungono agitazione al momento già abbastanza teso.