APPIGNANO DEL TRONTO – Un gioiello poco noto ma dal grande valore artistico. Uno scrigno che colpisce per l’impatto visivo e la maestosità delle decorazioni. Un tesoro che presto tornerà a splendere dopo i danneggiamenti subiti a causa del terremoto del 2016, che seguono le lesioni riportate dopo quello del 1997. Si tratta della storica chiesa di San Michele Arcangelo, nel centro storico di Appignano del Tronto, nel Piceno, attualmente oggetto di complessi lavori di riparazione post sisma.
Le origini
Prima però un po’ di storia, poiché la chiesa ha dalla sua un’origine antica. La prima attestazione della sua esistenza si rintraccia infatti nel catasto del sindacato del Castello di Appignano, ed è risalente al 1381. L’edificio venne poi ricostruito (e ampliato) nel 15esimo secolo da maestranze lombarde, in seguito all’esondazione del torrente Chifente, che distrusse il convento dei frati francescani. Tra il 1898 e il 1909 l’edificio fu interamente ricostruito grazie a don Giovanni Benedetti, su disegno di frate Angelo da Cassano d’Adda. Momento importante tra il 1915 e il 1920: il pittore sambenedettese Giuseppe Pauri realizza una raffinata ed esuberante decorazione murale a tempera che riveste interamente la navata centrale, culminando nella Gloria di San Michele Arcangelo nel catino absidale. In seguito, tutte le pareti dell’edificio, le cornici, i costoloni e i pennacchi delle volte, le semicolonne dei pilastri e altri elementi architettonici della chiesa furono dipinti in stile neogotico ed eclettico, con motivi geometrici e a tappeto, a cielo stellato, con pavoni, croci, forme vegetali stilizzate. I terremoti del 1943 e del 1951 provocarono danni ingenti alla facciata, che fu ricostruita ex novo nel 1956 su input di don Vittorio Luciani e progetto di Remo Casini. Gli ornati delle lunette dei portali sono dell’offidano Aldo Sergiacomi, che li realizzò nel 1960.
L’intervento
Le opere più importanti sono state spostate e messe in sicurezza, in particolare la tela dell’altare maggiore raffigurante l’Assunzione della Vergine (1534) di Vincenzo Pagani e il Reliquiario della Santa Croce (15esimo secolo), attribuito all’orafo ascolano Pietro Vannini. Gli operai della ditta Turla stanno compiendo un lavoro molto delicato e articolato che dovrebbe protrarsi per almeno un altro anno. L’obiettivo principale è di procedere alla riparazione dei danni attraverso una serie di operazioni volte anche ad un generale miglioramento della risposta della struttura in caso di eventi sismici. A rivestire primaria importanza, poi, è il recupero degli apparati pittorici del maestro Pauri. La forte umidità dovuta alle infiltrazioni d’acqua aggravate dal sisma, infatti, ha causato il sollevamento e l’esfoliazione delle pellicole, estese alle volte e alle pareti, e in alcune parti anche la macerazione delle camorcanne. Il sisma ha inoltre peggiorato il quadro fessurativo generale, con aperture di nuove lesioni e crolli localizzati soprattutto a livello delle tre absidi e, in minor consistenza, dell’aula. Tra gli interventi in corso vi sono anche la ricostruzione dei merli del campanile, la realizzazione di un nuovo castello per il sostegno delle campane ed il ripristino dell’impianto di illuminazione. anch’esso danneggiato dagli eventi sismici. Il tutto per un importo totale di un milione di euro.