SENIGALLIA – Filippo Trovato, della Polizia Postale di Ancona, di fronte a una platea composta da genitori e insegnanti ha affrontato il tema dell’imputabilità, dell’importante cambiamento che avviene per i ragazzi di fronte alla legge al compimento dei 14 anni e in seguito dei 18 anni.
L’incontro con la polizia postale, che si è svolto lo scorso 20 febbraio nell’aula magna del liceo scientifico Medi, ha concluso il progetto del Comune di Senigallia: “Non è bello fare il bullo”.
Descrivendo il fenomeno, oltre alle indicazioni tecniche e informatiche sulle potenzialità e i rischi dei computer, dei telefoni e dei social, l’ispettore ha sottolineato l’importanza di osservare i ragazzi e i loro cambiamenti, raccomandando di star loro vicini, di fare attenzione a quei comportamenti che dovrebbero far scattare immediatamente dei campanelli d’allarme e, in caso di dubbio o in presenza di situazioni di violazione, di contattare tempestivamente la polizia postale.
Il progetto “Non è bello fare il bullo” ha coinvolto una variegata gamma di professionisti, che ha permesso di affrontare questo fenomeno sotto diverse sfaccettature: l’approccio tecnico e psicologico del dottor Giuseppe Lavenia, la toccante testimonianza di Paolo Picchio, papà di Carolina, la partecipazione e il patrocinio dell’Ordine degli Psicologi delle Marche, la coraggiosa testimonianza di Vincenzo Vetere, vittima di bullismo e giovane presidente dell’associazione Acbs, fino all’incontro con Filippo Trovato della Polizia Postale.
Oltre alle famiglie con i cinque incontri pubblici, il progetto ha coinvolto 500 studenti di nove istituti scolastici. I ragazzi da ottobre a febbraio hanno visto tre film e discusso su questa tematica nel gruppo classe con la mediazione di una psicologa, per aumentare l’empatia, la collaborazione, il rispetto e creare spazi di dialogo come prerequisiti di prevenzione.
Hanno partecipato agli incontri assembleari con gli stessi professionisti che hanno incontrato gli adulti. Una trentina di studenti del liceo Galilei di Ancona hanno ideato e realizzato autonomamente lo spettacolo “Io me e quell’altro in me”, per i loro compagni, come esempio di partecipazione giovanile e di un messaggio costruito con il linguaggi artistici della musica, dell’immagine e della recitazione.