Pesaro

Omicidio Bruzzese a Pesaro: due ergastoli per i sicari

Condannati i due killer ritenuti gli autori dell'omicidio del fratello del pentito di giustizia nel Natale 2018

tribunale di Ancona

ANCONA – Omicidio bruzzese, condannati all’ergastolo i presunti autori materiali dell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del pentito di giustizia. L’omicidio è avvenuto a Pesaro nel Natale del 2018. Un messaggio chiaro per Girolamo Biagio Bruzzese, collaboratore di giustizia.

Sentenza che rispecchia quanto chiesto dalla procura distrettuale per il 43enne Francesco Candiloro e il 44enne Michelangelo Tripodi (indicati dalla procura come gli esecutori materiali dell’assassinio) che rispondevano di concorso in omicidio volontario aggravato dall’aver agevolato un’organizzazione di stampo mafioso, la famiglia Crea di Rizziconi. Cosca alla quale apparteneva Girolamo Biagio, fratello della vittima, prima di diventare collaboratore di giustizia. Dal 2003 con le sue testimonianze alcuni membri della famiglia Crea sono stati condannati. Assieme a loro fu arrestato dai carabinieri del Ros di Ancona nell’ottobre del 2021 Rocco Versace, accusato di aver coordinato le operazioni e di aver controllato le abitudini di Marcello.

Nonostante il processo fosse in rito abbreviato, la richiesta di ergastolo è giustificata dalle aggravanti, come il porto illegale di armi, la ricettazione delle targhe, la sostituzione di persona. La riduzione di un terzo della pena si configurerebbe nella mancata richiesta dell’isolamento diurno.

Candiloro è difeso dagli avvocati Fausto Bruzzese e Gianbattista Scalvi mentre Tripodi dal legale Sergio Rotundo.

A partire da novembre 2018 erano partiti i sopralluoghi nel territorio di Pesaro, con l’utilizzo di auto munite di targhe clonate, documenti falsi per soggiornare nelle strutture ricettive della zona, utenze telefoniche olandesi collegate a sistemi software/hardware crittografati. Bruzzese era stato freddato da più di venti proiettili calibro 9, sparati da due diverse pistole.

Per arrivare ai tre imputati i carabinieri avevano scandagliato un miliardo e mezzo di registrazioni, passando tre anni a spulciare video, celle telefoniche, targhe di auto, mail e il traffico internet.