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Omicidio Vitaletti, chiuse ufficialmente le indagini

Nessuna traccia dell'arma del delitto. Messe a verbale, le deposizioni di 28 persone fra avventori del bar, persone che conoscevano sia il professore ucciso che il presunto omicida, Sebastiano Dimasi

Il luogo dell'omicidio

SASSOFERRATO – Ufficialmente concluse le indagini in merito all’omicidio del professore, Alessandro Vitaletti, lo scorso 28 gennaio in via Buozzi a Sassoferrato. A rispondere dell’accusa di omicidio volontario sarà il muratore di origini calabresi, Sebastiano Dimasi, che è rinchiuso nel carcere di Montacuto in attesa dell’avvio dell’iter processuale.
I carabinieri della Compagnia di Fabriano hanno messo a verbale le deposizioni di 28 persone, fra avventori del bar frequentato sia da Vitaletti che da Dimasi, o che erano nei pressi del luogo dell’omicidio. Ancora nessuna traccia del coltello, l’arma del delitto, che Dimasi ha affermato di aver gettato nei pressi del pubblico esercizio. Nonostante le ricerche, nessun traccia.
Eppure, proprio il ritrovamento dell’arma del delitto avrebbe potuto chiarire, al meglio, la dinamica dell’omicidio. Secondo gli investigatori, Vitaletti è stato accoltellato – ben 24 i fendenti, di cui tre mortali – da Dimasi. Da qui, quindi, l’accusa di omicidio volontario. Il movente sarebbe da ricercare nella presunta relazione che la vittima aveva intrapreso con la ex moglie del muratore. Secondo la difesa di quest’ultimo, invece, si potrebbe configurare l’eccesso di legittima difesa. Dimasi ha, infatti, raccontato che era Vitaletti ad avere il coltello in mano e, quindi, sarebbe stato lui a scagliarsi per primo contro il muratore. Ad avvalorare la tesi, la ferita alla gamba del calabrese suturata in Pronto soccorso. Poi Dimasi sarebbe riuscito ad impadronirsi del coltello e poi trafiggere il presunto rivale in amore.
Al momento, dopo la convalida del fermo e il rigetto della richiesta dei domiciliari, eventualmente anche con cavigliera elettronica, Dimasi resta in carcere a Montacuto.