«La formazione nel settore onicotecnico deve essere riconosciuta a livello ministeriale. Le aziende cercano figure prettamente specialistiche che non solo conoscano le unghie ma che abbiano anche altre conoscenze. Non si capisce quindi perché non ci possano essere percorsi formativi specifici, altamente qualificati e qualificanti. Soprattutto in questo periodo di crisi anche legata al covid, serve velocizzare i tempi per l’individuazione di una figura ad hoc, l’esperto onicotecnico appunto». A parlare così è Laura Di Marzio, presidente di Opa Marche, la realtà regionale degli Onicotecnici Professionisti Associati.
Il nodo della questione è la mancanza di un’adeguata e aggiornata normativa di riferimento a livello nazionale per il settore del benessere delle unghie: attualmente tutto ruota attorno alla legge 1 del 1990 “Disciplina dell’attività di estetista” (GU n. 4 del 5‐1‐1990) che però non tiene conto dello sviluppo delle ricerche e dell’innovazione tecnologica su cui oggi invece possiamo fare affidamento. Proprio l’assenza di una disciplina nazionale, secondo Laura Di Marzio, lascia spazio a regolamentazioni regionali differenti per lo stesso settore, creando confusione a quante desiderano approcciarsi a questa professione.
Ci sono nuove figure da inserire nel settore benessere: basta guardare all’evoluzione dei servizi offerti dalle aziende per capirlo o ai cambiamenti nel mondo della moda: chi meglio del mondo del lavoro può esserne a conoscenza? Molte professioniste onicotecniche vogliono aprire partita iva, non vogliono rimanere nell’anonimato, ma aprire un proprio locale. Il che significa anche pagare le tasse, come tutti, con i benefici per l’intero sistema.
«Forse non ci si è pienamente resi conto del mercato nero che è attivo, soprattutto in rete: un mercato né professionale, né professionalizzante – afferma senza mezzi termini la presidente Opa Marche – in quanto, in mancanza appunto di una regolamentazione ministeriale, chi desiderava formarsi in questo settore ha potuto farlo tramite le aziende di settore che, però, hanno potuto rilasciare solamente attestati non validi ai fini fiscali per il riconoscimento della professione. Solo gli enti accreditati possono formare figure tecniche, specifiche in tale ambito, dando un riconoscimento valido e riconosciuto».
Laura Di Marzio è anche titolare dell’Accademia Venusia, una realtà del fermano – accreditata dalla Regione Marche – che da anni si occupa di formazione: propone corsi altamente specialistici ed innovativi, tenendo conto delle esigenze di mercato: «Ho allievi in classe che hanno speso più di dodicimila euro per tale formazione, avendo in cambio solo attestati con i quali non possono aprire un negozio, perché non hanno valenza ai fini fiscali. Mi chiedo che cosa stiano facendo le istituzioni per ovviare a questo problema. In questo momento registriamo un’assenza a livello nazionale e regionale molto pesante, che agevola l’abusivismo. Di fatto, in questo specifico settore c’è bisogno di figure professionali, di professionisti a 360 gradi che abbiano la conoscenza di materie importanti al giorno d’oggi, quali ad esempio, la sicurezza e prevenzione nei posti di lavoro, la chimica della cosmetica, l’anatomia, l’etica professionale, legislazione aziendale, dermatologia, igiene, sterilizzazione degli strumenti e locali, fino all’inglese professionale per potersi inserire anche in contesti lavorativi dove è forte la presenza di turisti stranieri. Ecco perché è importante un percorso formativo che venga estrapolato specificamente dalla legge 1/90, altrimenti è come un cane che si morde la coda: mancano i riferimenti, non c’è un percorso formativo ben individuato e di conseguenza non si possono creare figure professionali, di cui però c’è bisogno». Non domani: oggi.
Le associazioni Opa, sia nazionale che territoriale Marche, in collaborazione con Conflavoro, credono nella disponibilità delle istituzioni che si faranno carico di questa situazione. Da qui l’appello: «Incontriamoci per risolverla insieme, per ovviare all’abusivismo». In questo settore si stima siano occupate a livello nazionale oltre 180.000 figure operative, non qualificate, che si basano su attestati, videolezioni e servizi web. «Se non riusciremo a muoverci tutti insieme, Ministero, Regioni, associazioni di categoria ed enti di formazione, lasceremo in pratica che chi non è qualificato prosegua poi nella propria attività abusiva, come se fosse legalizzata. Non lo possiamo permettere» conclude Laura Di Marzio.