MACERATA – Frode fiscale milionaria portata avanti con aziende cartiere e fatture false: sequestrati dalla procura di Macerata 11 milioni di euro. Sette le persone indagate tra queste anche un commercialista della provincia, con uno studio a Civitanova e uno a Tolentino, “deus ex machina” delle operazioni illecite.
L’operazione, denominata “Grande Muraglia” è iniziata nel 2016 ed è stata portata a termine dai finanzieri della Tenenza di Camerino, guidati dal capitano Alessandro Tomai.
L’articolata indagine di polizia economico-finanziaria e giudiziaria, coordinata dal procuratore della Repubblica Giovanni Giorgio e dal sostituto procuratore Vincenzo Carusi, ha permesso di sequestrare, come disposto dal gip Claudio Bonifazi, 11 milioni di euro tra beni e disponibilità finanziarie nei confronti di sette degli indagati (tra questi anche un commercialista maceratese). Sequestrati quattro immobili (tra cui due ville) tra Civitanova e Firenze, mezzo milione di depositi bancari, 6 vetture e una moto di grossa cilindrata.
Decine le imprese oggetto di controlli, localizzate tra le province di Macerata, Firenze, Prato e Roma, operanti nel settore del commercio di abbigliamento con punti vendita nelle regioni dell’Italia centrale.
COME FUNZIONAVA LA FRODE
Le società “cartiere” oggetto di indagini, intestate a prestanome di fatto risultati poi irreperibili, emettevano fatture per operazioni inesistenti in favore di altre imprese, al contrario reali, le quali, grazie agli indebiti “risparmi” fiscali, erano in grado di acquisire sempre maggiori quote di mercato realizzando anche una sleale concorrenza a danno degli imprenditori onesti.
«Alcune delle imprese avevano anche dei fatturati che superavano i dieci milioni di euro e molte erano connotate da un limitato arco di tempo di operatività e cessavano di esistere nel giro di nemmeno tre anni» ha spiegato il comandante Alessio Tomei. Le stesse infatti trasferivano il “portafoglio clienti” in nuove attività rigenerando così l’attività imprenditoriale.
A dare il via alle indagini è stato uno stesso errore di stampa che i finanzieri hanno notato nelle fatture prestampate di due società che, apparentemente non avevano nulla in comune se non, come scoperto successivamente, l’attività illecita.