FILOTTRANO – È una difesa appassionata alla donna e alla sua libertà, quella lanciata da Luca Paolorossi e oggetto di grande attenzione mediatica nell’ultimo periodo. La vicenda risale al 16 giugno scorso ed è esplosa in seguito ad un post pubblicato dal noto stilista sul gruppo Facebook “Osimo siamo noi”. Luca Paolorossi, originario di Filottrano, ma residente ad Osimo, durante una passeggiata con la famiglia nella cittadina dei senza testa si era imbattuto in due donne arabe che indossavano il Niqab, il tradizionale velo integrale che lascia scoperti soltanto gli occhi. Nel post incriminato lo stilista si era rivolto al sindaco di Osimo, Simone Pugnaloni chiedendogli di vietare il Niqab. Un messaggio nel quale Paolorossi aveva allegato le foto delle due donne incontrate proprio ad Osimo e dove rivolgeva al primo cittadino un accorato appello: «Caro sindaco, sarebbe il caso di dire loro che il carnevale è a febbraio e se vogliono stare nel nostro paese devono stare alle regole degli italiani, se no tra un po’ i veli glieli leviamo con la forza».
A distanza di alcuni mesi lo stilista è stato condannato dal Tribunale di Ancona per diffamazione e minaccia, al pagamento di 516 euro. Una condanna che però viene respinta con forza da Luca Paolorossi che proprio ieri (31 gennaio 2018) ha depositato presso il giudice l’istanza di opposizione. «Mi oppongo perché trovo ingiusto essere condannato per la mia difesa a sostegno delle donne – spiega lo stilista – il Niqab toglie dignità e la Sharia è una legge che non rispetta l’identità femminile. C’è una sorta di condanna globale su ogni cosa che affermo e alcune persone non mi condividono. Su questa vicenda ho avuto però il sostegno e la solidarietà di esponenti pubblici locali quali l’ex sindaco di Osimo Dino Latini e di personalità di rilievo nazionale come la politica Giorgia Meloni e il giornalista Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano indipendente La Verità. Loro hanno capito cosa intendevo dire e sanno perfettamente cosa può accadere se ci lasciamo prendere la mano. Gli arabi ci hanno tolto già i crocifissi, senza rispettare la nostra tradizione di popolo cristiano».
Paolorossi che da sempre si occupa di moda non ci sta e spiega che «questo velo è imbarazzante per le donne. Non è rispettoso della loro femminilità. Non possono neanche profumarsi, a loro è negato tutto quello che è normale per una donna occidentale. Non contano niente e non hanno nessuna libertà. Non voglio che questo perbenismo venga applicato anche in Italia. Loro fanno molti più figli di noi e tra 20 anni ci avranno conquistato. Le nostre donne allora non avranno più diritti e non potranno più essere libere come lo sono in questo momento storico. Oggi sotto la parola integrazione si cela una grande ingiustizia, ossia la non difesa del popolo italiano e delle sue tradizioni. Ma bisogna stare attenti perché un giorno gli italiani si stancheranno di tutto questo. L’integrazione va fatta nella maniera giusta, insegnando che la donna non è un oggetto e che oltre a Maometto c’è anche Gesù. È per questo che mi batto per il diritto alla libertà di tutte le donne e per il rispetto delle tradizioni occidentali».
Una vicenda quella, sulla convenienza di indossare il Niqab, che è oggetto di grande dibattito a livello internazionale e che sta interessando diversi paesi europei, dove Francia e Belgio si sono già espresse vietandolo in pubblico. «In Italia non è permesso andare in giro a piedi nei luoghi pubblici con il volto coperto dal casco integrale o dal passamontagna. Una legge rispettata dagli italiani, perché non dovrebbero farlo anche loro? Perché a loro è permesso girare a volto coperto? », si chiede lo stilista.
Una norma tornata di grande attualità per la pubblica sicurezza, in seguito agli attentati a sfondo religioso che hanno colpito diversi paesi europei. E il post di Luca Paolorossi era stato pubblicato proprio sulla scia di questi feroci eventi, all’indomani di un attentato e in coincidenza quasi singolare con l’atto terroristico di Parigi di 3 giorni dopo. «Quando ho pubblicato quel post – dichiara lo stilista – si erano verificati già diversi attentati e mi ha colpito vedere persone con il volto completamente coperto dal Niqab. Sotto il velo si può nascondere di tutto, anche armi».
Una percezione di insicurezza sociale e una preoccupazione reale legata proprio agli atti di terrorismo e non al razzismo come spiega Luca Paolorossi che aggiunge «la denuncia non è partita dalle donne arabe, ma da italiane che le hanno indotte a denunciarmi e che lavorano presso un centro culturale osimano. Mi lascia sconcertato che queste donne osimane non abbiano capito che la mia invece era una difesa alla donna. Ho ricevuto insulti sui social e hanno addirittura segnalato il mio post come minaccioso. Comunque – conclude- se queste donne intendono criticare tutto quello che scrivo sui social le ringrazio, perché mi fanno solo una gran pubblicità».