ANCONA – «Le persone hanno molta più paura del Covid-19 adesso rispetto a quanta ne avevano nella prima fase, al punto da arrivare a modificare le proprie abitudini». A tracciare il quadro della pandemia quale punto di rottura di schemi e consuetudini ormai consolidati nel tempo è la psicoterapeuta familiare Alessia Tombesi.
Se nella prima fase emergenziale, tra marzo e aprile, c’era «meno consapevolezza» di cosa stesse succedendo e il covid-19 «era visto come qualcosa di lontano», ora invece, spiega la psicoterapeuta «c’è tanta più paura, legata proprio alla consapevolezza della malattia, ma anche al fatto che i contagi in questa nuova ondata toccano più da vicino familiari, conoscenti, colleghi e amici. C’è chi ha il figlio in quarantena con l’intera classe, oppure chi ha un amico positivo al Covid o un familiare, o un parente o un collega in quarantena. La percezione che il virus si sta avvicinando sempre di più, influisce accentuando la paura».
Un timore che per certi versi è spinto anche «da alcuni titoli che appaiono su qualche media e che possono impattare sulle persone più sensibili come gli anziani». A spaventare è anche il fatto che a differenza della prima ondata, scoppiata in primavera, ad un passo dall’estate, «ora invece molte persone vedono davanti a se un periodo più lungo e questo chiaramente incide».
Ma come stanno cambiando le abitudini, come influisce la paura nei comportamenti? «Molte persone tendono ad uscire di meno – spiega – e anche nel caso della terapia, ormai quasi la metà dei pazienti preferiscono le sedute online, perché si sentono più tranquille. Alcuni hanno più paura ad andare al ristorante, al bar o nei negozi, nei luoghi dove c’è aggregazione, mentre ci sono mamme che, prima ancora che chiudessero le palestre, già non mandavano più i loro figli a fare sport, mentre altre vorrebbero il ritorno alla didattica a distanza, anche se poi per molti bambini non è affatto semplice da seguire».
Il timore del contagio impatta fortemente anche sul fronte delle relazioni interpersonali, tanto che ci sono persone che rinunciano a vedersi con gli amici e con i familiari, mentre quando lo fanno creano una sorta di «bolla relazionale, scegliendo di frequentare una ristretta cerchia di amici o familiari che a loro volta si impegnano a fare altrettanto: una strategia che alcuni hanno messo in atto nel tentativo di arginare il rischio di contrarre il virus».
La psicoterapeuta sottolinea che «è tornata forte la paura del contatto con l’altro, ma non bisogna lasciarsi sopraffare dal panico. Bisogna mantenere un atteggiamento congruo alla realtà, con il virus dobbiamo imparare a convivere, usando tutte le precauzioni e rispettando le misure anti contagio che preservano la nostra salute: mascherina, distanziamento interpersonale e igiene delle mani. Dobbiamo continuare a vivere, per questo i dati vanno letti nel modo più razionale possibile, senza scivolare nella paura, nel panico che sono controproducenti per la nostra salute».
La psicoterapeuta rassicura, rimarcando il fatto che rispetto alla prima fase «c’è una maggiore padronanza nella cura della malattia», insomma dobbiamo sforzarci di guardare il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto: «Un atteggiamento positivo verso la pandemia è fondamentale – conclude – , come in ogni altro tipo di situazione: la paura e il panico, così come il pessimismo, abbassano le difese immunitarie. Serve una prospettiva più reale e meno pessimistica per una continuità, per non andare già di umore e per “tenere botta”».