ANCONA – Sala gremita ieri pomeriggio nella sede della Cgil di Ancona all’incontro “Per non tornare al buio. Dialoghi sull’aborto” . Un evento organizzato dalla CGIL Marche, dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Marche e dalla Fondazione Nilde Jotti, che ha riportato le donne e i loro diritti al centro del dibattito mediatico. Si è parlato dell’applicazione della legge 194/78 e dell’interruzione volontaria di gravidanza, quale diritto all’autodeterminazione e alla salute femminile. All’incontro hanno partecipato Livia Turco, ex Ministra della Solidarietà Sociale e della Salute, attualmente presidente della Fondazione Nilde Jotti. La Turco ha presentato il suo libro intitolato “Per non tornare al buio. Dialoghi sull’aborto”, dal quale è stato tratto il titolo dell’iniziativa. Tra i relatori Daniela Barbaresi, segretaria generale della CGIL Marche, Meri Marziali, presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Marche e Silvana Amati, senatrice. Al termine del dibattito è intervenuto il consigliere regionale Gianluca Busilacchi.
Una storia combattuta quella della legge 194, che fin dagli inizi ha scatenato scontri ideologici e aspre battaglie per veder riconosciuto il diritto delle donne ad una maternità consapevole. Nonostante siano trascorsi quasi 40 anni dalla sua approvazione, abortire è ancora difficoltoso per molte donne che non riescono ad accedere a un servizio al quale hanno diritto per legge. Sulla questione si è pronunciato anche il Consiglio d’Europa, che in risposta ad un ricorso presentato dalla Cgil, ha bacchettato l’Italia invitandola a garantire il servizio. Nel mirino il numero elevato di medici obiettori di coscienza che si rifiutano di praticare l’interruzione di gravidanza. Le Marche rispettano l’andamento nazionale che vede crescere il numero degli obiettori raggiungendo nel 2016 quota 70%, ben 29 in più negli ultimi 8 anni. «La situazione è resa ancora più complessa – ha spiegato Daniela Barbaresi – dal fatto che i pochi medici che non obiettano si trovano a dovere gestire il “carico di lavoro” da soli e molti di questi alla fine non ce la fanno più e pur non essendo obiettori di coscienza, finiscono per diventarlo anche loro».
Come se non bastasse, secondo il Consiglio d’Europa, i medici non obiettori sono discriminati perché vittime di “diversi tipi di svantaggi lavorativi diretti e indiretti”. Intanto su questo fronte si sta muovendo la Regione Marche che ha recentemente approvato una mozione presentata dal Consigliere Gianluca Busilacchi, allo scopo di bandire concorsi per l’assunzione di medici volti a garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza, un po’ come avvenuto in Lazio all’Ospedale San Camillo.
«La mozione – ha sottolineato Busilacchi – vuole essere un atto politico che riporta l’attenzione mediatica su un tema ancora al buio. Vediamo se la giunta manterrà l’impegno di prestare attenzione a questo problema. La legge 194 ha posto due diritti sullo stesso piano, il diritto del medico di obiettare e il diritto della donna alla salute, ma solo sul piano formale e non nella sostanza. Infatti l’obiezione di coscienza non deve cancellare il diritto alla salute fisica e psichica della donna, e quindi il suo diritto di scegliere di interrompere una gravidanza, come sancito dalla legge 194. Per questo motivo chiedo di dare una mano affinché questa mozione non rimanga lettera morta e la mia proposta è di costruire una rete regionale, un comitato tematico per alzare il tiro sul piano mediatico».
Nel tempo, in seguito all’approvazione della legge 194 del 1978, il numero degli aborti è diminuito progressivamente e secondo i dati del Servizio Salute della Regione Marche, nel 2016 sono state eseguite 1619 interruzioni volontarie di gravidanza nella regione, un terzo rispetto a quelle praticate 34 anni fa. «È il segno che la legge 194 funziona – ha spiegato Daniela Barbaresi – e che l’obiettivo di maternità consapevole si è prodotto».
La situazione negli ospedali marchigiani è preoccupante. Nella provincia di Ancona vengono effettuate 486 interruzioni volontarie di gravidanza, il 30% di tutte quelle eseguite nelle Marche, delle quali però 190 vengono praticate presso una casa di cura privata convenzionata. Nella provincia di Macerata ne vengono effettuate 464, il 28,7% del totale regionale, nella provincia di Ascoli Piceno 382 casi, il 23,6%, nella provincia di Pesaro e Urbino si registrano 287 casi, il 17,7%. Nessun intervento invece nella provincia di Fermo.
«L’interruzione di gravidanza è un diritto sancito dalla legge e rientra nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza – spiegato Daniela Barbaresi – Lo scenario negli ospedali marchigiani è difficile e complicato, però sono anche stati fatti passi avanti: la Regione ha recuperato un ritardo sull’aborto farmacologico attraverso l’impiego della RU486, adottando la DGR 604/2016 con la quale ha avviato la sperimentazione dell’interruzione volontaria di gravidanza con ricovero in day hospital presso il Distretto di Senigallia, sperimentazione estesa poi a due Aree Vaste. E significativa è la mozione del consigliere regionale Gianluca Busilacchi, che impegna la Giunta Regionale ad effettuare concorsi per medici non obiettori. Occorre lavorare molto sulla prevenzione e sulla consapevolezza e su questo la scuola può fare molto, insegnando l’educazione alla sessualità fin da piccoli».
Al giorno d’oggi l’aborto è visto ancora come un tabù e la donna discriminata, come se questa scelta non fosse già abbastanza sofferta e tormentata per la donna. Un ulteriore carico di sofferenza le viene imposto dall’esterno. «L’aborto continua ancora ad essere un tema di scontro ideologico – ha spiegato Livia Turco – oggi è importante tenere i riflettori accesi sulla legge 194 e la sua applicazione».
Secondo la Turco i punti su cui intervenire sono l’obiezione di coscienza e il diritto alla salute della donna che deve essere garantito anche «attraverso la mobilità del personale. Si deve investire sulla RU486, è una strada importante anche per disincentivare il ricorso all’obiezione di coscienza».
Per la Turco sono prioritari il rilancio dei consultori, l’attuazione della medicina interculturale e consentire ai giovani di fare figli quando lo desiderano: «si fanno pochi figli, perché oggi avere un figlio è un lusso di fronte ai costi e alla precarietà del lavoro. Si deve costruire una società accogliente verso la maternità. E’ una grande battaglia perché questa società è ostile alla maternità: gli asili nido costano troppo e molte donne sono costrette a lasciare il lavoro». Le donne devono far ascoltare la loro voce e secondo Livia Turco «il gioco di squadra è la carta vincente, è ciò che ha consentito di ottenere risultati per il bene comune». In merito all’applicazione della legge 194 per Livia Turco si devono cercare soluzioni condivise partendo dal suo risultato che ha portato ad un drastico calo degli aborti: «E’ un dato importantissimo. Noi vogliamo una società libera dall’aborto. Le donne – ha sottolineato l’ex ministra – messe di fronte a libertà e responsabilità si attivano per la prevenzione, per non ricorrere all’aborto. Questa legge ha ottenuto un grande risultato, anche culturale, ha trasmesso il valore che l’aborto è un dramma, uno scandalo».
Al termine del suo Intervento Livia Turco ha avanzato una proposta: istituire un Tavolo permanente presso la Presidenza del Consiglio, sulle politiche di sostegno alla maternità e paternità che coinvolga Ministeri, Regioni ed Enti locali, per coordinare e promuovere politiche di sostegno alla maternità e paternità, alla cura dei figli e alla conciliazione di maternità e lavoro.
Silvana Amati nel suo intervento ha citato la lettera ai giovani che introduce il libro di Livia Turco, “Per non tornare al buio. Dialoghi sull’aborto”: « è un contributo significativo il fatto che ci si rivolga ai giovani» ha spiegato la Amati.
«Voglio parlarvi di un tema duro – scrive la Turco nel suo libro rivolgendosi ai giovani – difficile persino da dire, carico di sofferenza e di implicazioni morali: l’aborto. Voglio parlarvi di questo tema difficile per condividere con voi l’impegno e la speranza di una società libera dall’aborto, per costruire con voi una società materna, che sia accogliente del figlio che nasce, della maternità e della paternità. Mi addolora pensare che tante volte voi giovani dovete rinunciare al desiderio di un figlio perché le condizioni economiche e sociali non lo consentono.
Mi addolora perché ho vissuto la bellezza della maternità, e nel mio impegno politico e istituzionale ho promosso leggi e provvedimenti a sostegno della maternità e paternità e per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Se avere un figlio diventa un lusso siamo una società povera, sterile, disumana.
Per questo voglio parlarvi dell’aborto. Per dirvi che esso è un dramma, anche quando è frutto di una libera scelta. Un dramma che bisogna prevenire, che bisogna in ogni modo scongiurare di vivere, sia da giovani che da adulte. Aborto è la soppressione di una potenzialità di vita che diventerebbe figlio, se fosse accolta dal grembo materno. Le donne possono raccontarvi quanto sia duro vivere questa triste necessità, quale scacco del pensiero, quale sofferenza, quale senso di sconfitta e di perdita.
Voglio parlarvi dell’aborto perché mi consente di raccontarvi una storia bella e positiva di questo nostro paese che ci testimonia concretamente che l’aborto si può sconfiggere, che le donne possono scegliere liberamente la maternità e crescere con gioia i propri figli».
Silvana Amati, ha infine ribadito la necessità di tornare a ragionare sui punti nascita e sulla riduzione degli obiettori, come far funzionare i consultori, ricorrere all’aborto tramite la RU486 in day hospital e garantire alle donne un parto indolore gratuito.
Dello stesso avviso Meri Marziali della Commissione Pari Opportunità della Regione Marche, secondo cui è necessario potenziare i consultori, mettendoli nella condizione di informare, accogliere e orientare le donne. «Le Istituzioni che rappresentano le donne – ha spiegato la Marziali – hanno il compito di vigilare affinché ci sia la copertura territoriale di un diritto che spetta alle donne. L’iniziativa con Livia Turco nasce dalla volontà di mettere questo tema al centro del dibattito, per dare un contenuto sostanziale a questo diritto». «La legge 194 – ha concluso – è una conquista di civiltà per le donne, noi dobbiamo lavorare per non tornare indietro rispetto ai risultati raggiunti».