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Pesaro, omicidio-suicidio “pianificato”. Sperindei: «Le donne denuncino»

È questa la tesi della procura: il 47enne moldavo si è presentato a casa della ex moglie con la corda che ha utilizzato per togliersi la vita dopo aver soffocato la donna. Lisetta Sperindei del M5s: «Oltre alla pena serve una terapia psicologica»

PESARO – Omicidio-suicidio, “pianificato”. È questa la tesi della procura visto che il 47enne moldavo si è presentato a casa della ex moglie, 42enne moldava, anche con la corda che ha utilizzato per impiccarsi dopo aver soffocato la donna con un asciugamano in bagno. Un altro caso di femminicidio, su cui riflette la consigliera 5Stelle Lisetta Sperindei.

Un rapporto chiuso da un anno, con lui che non voleva rassegnarsi. Lei aveva confidato ai parenti di alcuni atti di violenza del marito, ma non aveva mai trovato la forza di denunciarlo.

«È preoccupante, dover constatare, con una tempistica allarmante, quanto possa essere fragile, in taluni soggetti, la psicologia maschile di fronte al rifiuto, inaccettato, della propria compagna, per cui l’unica soluzione che prende forma è quella della soppressione della persona che, respingendolo, lo fa sentire inadeguato – sottolinea Sperindei -. Si ripete, in questi casi, l’assenza di amici con i quali condividere interessi, ma piuttosto la presenza di un interesse unico: tenere asservita una compagna come fosse una proprietà personale, facendole capire a suon di botte chi è che comanda, e a chi deve ubbidire. Talvolta, come nell’ultimo triste caso di Santa Veneranda, alla decisione di cedere ad un atto istintivo primordiale subentra l’angoscia per un futuro che proprio l’assenza della sua vittima lo rende incapace di accettare, con conseguente rifiuto anche della propria vita.

E così, per colpa dell’ennesimo uomo che ha deciso di risolvere con la violenza più feroce il suo infelice rapporto di coppia, un’altra madre, ma anche un altro padre, non potranno accompagnare i figli nella loro crescita. Mentre compiangiamo l’ennesima vittima, dallo sguardo dolcissimo, come quello di tante altre compagne di uomini diventati i loro assassini pur di rinnegare loro la libertà dalla loro prigionia, non possiamo non chiederci cosa fare, con quale mezzo ostacolare questo stillicidio di femminicidi che sembra non debba avere mai fine, e la soluzione ci sembra duplice: mentre nelle menti dei giovani si può intervenire nelle scuole educandoli, nelle menti degli adulti è quasi impossibile perchè sono già incanalati negli schemi mentali che hanno elaborato durante la loro crescita».

L’invito della consigliera è quello di non chiudersi, ma raccontare, smettere di subire. «Indispensabile una prima denuncia della compagna, affinchè all’uomo venga imposta dalle istituzioni, insieme all’eventuale pena, anche quella terapia psicologica che potrebbe aiutarlo a scaricare le tensioni e convogliare la rabbia in un canale mentale di accettazione verso quanto gli sta accadendo. E’ una semplice proposta, migliorabile e modificabile, si accettano critiche, ma facciamo qualcosa per arginare questa mattanza».

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