JESI – «Se si perde la capacità di sognare e di progettare nel lungo periodo, le cose importanti non le faremo mai». così Osvaldo Pirani, candidato del Partito Democratico a sindaco di Jesi, durante l’incontro al ristorante Quirino con i residenti del quartiere Smia. Si parla di rotatorie, di sanità, di housing sociale, di manutenzione e socialità. «Il quartiere Smia – dice Pirani – è una zona residenziale moderna e ben servita, ma del tutto priva di luoghi di aggregazione per chi vi abita. Una prova è la necessità di ricorrere alla sala di un ristorante privato per svolgere questa riunione. Una struttura dedicata a questo scopo è necessaria, eppure i fondi che potevano servire allo scopo, sono stati dirottati altrove. Questione di scelte, ma alla fine a prevalere sono sempre motivi di bilancio, inteso in questi anni di amministrazione Bacci “non come strumento al servizio di una politica, ma come fine unico dell’azione amministrativa”»
Osvaldo Pirani ha illustrato ai presenti i punti focali del suo programma. «Ancora una volta – si legge nella nota del Pd – ha sottolineato l’importanza di riallacciare rapporti con le istituzioni sovracomunali, in primis la Regione, e con il territorio circostante, che solo se unito può ambire a crescere. Ha parlato del sogno di una Cittadella della salute da far crescere e funzionare attorno al Carlo Urbani, con una stoccata all’attuale amministrazione: “l’Ospedale nuovo lo ha voluto il centro sinistra ed è stato completato grazie agli sforzi della Regione, gli strepiti di Bacci non sono serviti a niente».
Si è parlato quindi di sicurezza, «questione – afferma Pirani – che non si può pensare di risolvere con un pugno di telecamere, ma che necessita di politiche serie e di ampio respiro. Il discorso è finito anche sulla torre Erap, “un progetto che quando fu avviato aveva un senso, inserito nel contesto di una generale riqualificazione di quella zona, ma che ora non appare più sostenibile. Eppure il problema delle case popolari è ancora di attualità, allora perché non pensare di sedersi attorno ad un tavolo con l’Erap e individuare, in luogo di un palazzo di sette piani, soluzioni meno impattanti magari dislocate su vari quartieri?”».