SENIGALLIA – «Contro il bullismo serve una legge e, se i responsabili della morte di Leonardo sono minorenni, devono capire che non si è trattato di un gioco». Sono le parole di Pia Perricci, avvocata della famiglia di Leonardo Calcina, il 15enne che si è tolto la vita probabilmente perché vittima di episodi di bullismo all’interno della scuola che aveva iniziato a frequentare solo a settembre 2024.
Legale e genitori del ragazzo presenteranno una proposta di legge al ministro all’istruzione Valditara chiedendo anche che vengano previste sanzioni per chi commette tali atti considerati violenti. E nel caso specifico, affermano che Leonardo fosse bullizzato da almeno tre minorenni finiti al centro di accertamenti da parte degli organi inquirenti, ma puntano il dito anche contro la scuola responsabile, secondo loro, di un mancato controllo su quanto avveniva all’interno dell’istituto superiore senigalliese.
Sono queste le novità sulla tragica vicenda del giovane che si è tolto la vita in un casolare di campagna nella frazione di Montignano, a Senigallia, con la pistola d’ordinanza del padre, un agente di polizia locale. Pistola chiusa in cassaforte e poi a chiave in un armadietto, ma ciò non è bastato per evitare l’estremo gesto del ragazzo che avrebbe anche disattivato il wifi perché la videocamera di sorveglianza non registrasse le sue mosse. Nella serata di domenica 13 ottobre è uscito di casa con l’intento di farla finita: il cadavere è stato poi scoperto la mattina successiva, dopo ore di angoscia per il timore che potesse compiere atti violenti a scuola. E invece ha rivolto l’arma contro se stesso.
A ricostruire gli ultimi giorni di vita di Leonardo sono proprio i genitori Francesco e Viktoryia, sostenuti dalla loro legale: una ricostruzione che ha tanti punti ancora oscuri, su cui far luce. E per questo si appellano a chiunque abbia visto o sentito qualcosa relativamente a presunti atti di bullismo che sarebbero avvenuti nell’istituto scolastico fin dai primi giorni di lezione. Non solo insulti e offese, ma anche gesti fisici che umiliavano il ragazzo, che provava vergogna persino a parlarne coi genitori. Su questo clima vogliono fare chiarezza, perché non accada ad altri. Ma vogliono soprattutto giustizia sul comportamento delle istituzioni scolastiche, sicuri che qualcuno del personale sapeva e ha taciuto.
Nella lente d’ingrandimento c’è finito anche un post sulla piattaforma Tiktok, che sarà oggetto di una nuova integrazione alla denuncia già presentata ai carabinieri. E’ evidente che non è stato compreso nulla di quanto accaduto se vengono pubblicati post così, fanno sapere legale e familiari del giovane. E proprio perché forse c’è sotto altro, chiedono con forza che vengano esaminati dagli inquirenti non solo il cellulare, il pc e la consolle della vittima, ma anche i telefonini degli altri giovani segnalati per cercare di scoprire se dalle varie chat possa emergere qualcos’altro rispetto a quanto raccontato da Leonardo ai genitori. Cose di cui si vergognava e che avrebbe provato a raccontare a scuola, ma senza ricevere supporto. Un’accusa che dovrà essere provata: per il momento nei confonti della scuola o del personale non sono stati presi provvedimenti, ma altri accertamenti dovranno essere ultimati.
Di tutti questi elementi e della proposta di legge parleranno al ministro Valditara durante un incontro previsto per il prossimo 6 novembre.