ANCONA – L’esito partorito dalle urne dopo il voto per le elezioni regionali, oltre a dare un nuovo governatore alle Marche, segnando una netta virata verso il centrodestra di una regione, da 50 anni votata al centrosinistra, vede anche formarsi nuovi equilibri fra le forze politiche in gioco nelle due diverse coalizioni, centrodestra e centrosinistra.
Andando ad analizzare il dato delle preferenze, il Pd si conferma il primo partito nella regione con il 25,10% mentre nel 2015 aveva raggiunto quota 35,13%. Lega, seconda forza politica nelle Marche che registra una crescita di quasi 10 punti, passando dal 13,2% di 5 anni fa al 22,39%. Ma sul podio c’è anche Fratelli d’Italia, che raggiunge il 18,66%, triplicando i suoi consensi (6,51% nel 2015) e attestandosi terzo partito nelle Marche. Crolla il Movimento 5 Stelle, che scivola dalla seconda posizione, conquistata alle precedenti elezioni regionali, alla quarta con il 7,12% (18,89%), perdendo 11 punti. In calo anche Forza Italia che passa dal 9,40% al 5,89% e Popolari Marche- Unione di Centro che passa dal 3,41% del 2015 al 2,26%.
Italia Viva ottiene il 3,17%, mentre Rinasci Marche il 2,77%, Civitas-Civici per Acquaroli di Mattei allo 2,08%, mentre la lista Mangialardi Presidente è allo 2,07%, Dipende da noi all’1,90% e Le nostre Marche all’1,87%. Marche Coraggiose, nata dall’unione di Articolo Uno ed ex pentastellati, Maggi e Pergolesi, arriva all’1,49%, seguita da Lista Comunista all’1,31%. Il Movimento per le Marche della Silvestri segna lo 0,92%, Vox Italia Marche è allo 0,47%, mentre il Movimento 3V-Libertà di scelta si ferma allo 0,43% e Riconquistare l’Italia – Fronte Sovranista ltaliano non sfonda lo 0,10%.
In Consiglio regionale andranno a sedere 8 consiglieri della Lega, Mirco Carloni, Chiara Biondi, Filippo Saltamartini, Mauro Lucentini, Andrea Maria Antonini, Luca Serfilippi, Mirko Bilò e Renzo Marinelli. Sette i consiglieri di Fratelli d’Italia, Fancesco Baldelli, Carlo Ciccioli, Elena Leonardi, Andrea Putzu, Guido Castelli, Marco Ausili e Pierpaolo Borroni. Due per Forza Italia, la consigliera regionale uscente Jessica Marcozzi e Gianluca Pasqui, mentre Civitas-Civici per Acquaroli eleggono Giacomo Rossi e Udc-Popolari Marche l’ex sindaco di Osimo e già consigliere regionale Dino Latini. Ma i nomi sugli scranni potrebbero cambiare, perché alcuni di questi nomi sono in ballo per gli assessorati, come Biondi, Saltamartini, Ciccioli, Castelli e la Leonardi che potrebbe rivendicare l’assessorato al turismo.
Per la minoranza invece ci sono l’ex presidente del Consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo e gli ex assessori Manuela Bora, Anna Casini e Fabrizio Cesetti. Poi Micaela Vitri e gli ex consiglieri Andrea Biancani e Francesco Micucci, mentre per Rinasci Marche è stato eletto Luca Santarelli. Per il Movimento 5 Stelle entrano invece Marta Ruggeri e Simona Lupini. Ma a sedere sui banchi dell’opposizione c’è anche il candidato governatore del centrosinistra Maurizio Mangialardi.
Tra conferme e sorprese, nuova Giunta, ancora da definire, e un Consiglio regionale rinnovato, all’interno delle coalizioni come cambiano i rapporti di forza? Lo abbiamo chiesto ad alcuni esponenti.
Carlo Ciccioli insieme al parlamentare Francesco Lollobrigida ad Ancona
Gongola ancora Carlo Ciccioli per il risultato messo a segno dal suo partito Fratelli d’Italia, che ha guidato fino a qualche mese fa, dal 2013, facendolo lievitare da un 2% al 18,66%. «Solo poche settimane fa pensare di superare il 18% e conquistare ben 7 seggi di cui 2 ad Ancona e 2 a Macerata ed essere presenti in tutte le altre provincie appariva un sogno. Invece così è stato grazie all’impegno straordinario dei candidati, dei militanti e di tutta la struttura del movimento».
Consensi, quelli di Fratelli d’Italia, che portano il partito della Meloni ad un soffio dalla Lega nelle Marche, dalla quale la separano 4 punti, ma secondo Ciccioli non ci saranno scontri con l’alleato, anche perché alla Lega vanno 8 seggi, mentre a Fratelli d’Italia 7 più il presidente, insomma una situazione di equilibrio fra le due forze politiche.
Ma se nel centrodestra sono tutti rose e fiori per via della vittoria, nel centrosinistra ci sono ancora diversi mal di pancia per la sconfitta, subita, che anche se attesa, non era prevista con uno stacco di oltre 12 punti. Dopo le dichiarazioni del segretario regionale dei dem, Giovanni Gostoli che all’indomani dell’esito delle regionali ha posto la necessità di aprire una riflessione interna al partito, ci ha pensato la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, ad asfaltare il Pd e le sue scelte. Oggi con un nuovo post su Facebook ha precisato che le sue dichiarazioni non erano contro Mangialardi.
Lanciandosi in una disanima degli esiti elettorali in Toscana, Campania e Puglia, dove il centrosinistra ha vinto, chiarisce che «nelle Marche abbiamo preso complessivamente il 37%, l’insieme dei Partiti del centrosinistra hanno ottenuto il 35%, in particolare il Pd ha ottenuto il 25% (tenete conto che le liste variamente denominate “contenevano” tutte le formazioni politiche di cui sopra, l’unica lista legata direttamente al candidato presidente era appunto quella Mangialardi Presidente che ha ottenuto il 2% e dunque non c’è stata quella forza attrattiva autonoma del candidato presidente come invece c’è stata in Campania ed in Puglia. E dunque i numeri, non le mie opinioni , ci dicono che nelle Marche non c’è stata né la sufficiente tenuta dei partiti (che ha consentito la vittoria in Toscana) né l’effetto “traino” di un candidato presidente che attirasse consistenti voti fuori dai partiti tradizionali (che ha consentito la vittoria in Campania ed in Puglia)».
Insomma secondo la Mancinelli «Mangialardi che è stato un buon anministratore e un ottimo combattente in questa campagna elettorale, era un candidato presidente più simile al toscano Giani che a De Luca o Emiliano, e dunque per vincere aveva bisogno che i partiti tradizionali tenessero come in Toscana, il che però nelle Marche non è avvenuto, perché Giani ha avuto partiti complessivamente al 45%. Maurizio complessivamente al 35%». «Nulla di offensivo verso Maurizio – precisa – tutt’altro. Fin qui non è una valutazione politica è una constatazione di fatti in base ai numeri». Sul perché della vittoria nelle Marche, come ha dichiarato al quotidiano La Repubblica «La destra ha vinto perché ha offerto delle soluzioni. Ma il caso Marche non è isolato: serve in fretta una rinascita delle forze progressiste».
A tracciare un quadro è Piergiorgio Carrescia di Italia Viva che osserva come nel 2015 la coalizione di centrosinistra vinse con il 43% dei consensi e il rapporto fra Pd (35%) e tutti gli altri Partiti della Coalizione (8%) era poco più di 1 a 4. Un quadro che però è profondamente mutato con le regionali 2020 che vede un Pd ridimensionato al 25% e che quindi «rappresenta solo 2/3 della coalizione che ha ottenuto il 37%; un 12% sono i piccoli partiti – spiega – . Questo rapporto, per una legge elettorale che sta mostrando tutte le sue criticità, vedasi l’assurdo che un partito della stessa coalizione con molti meno voti sarà in consiglio e Italia Viva no, dà al Pd un peso oltre la sua reale rappresentatività».
Ma a parte questo aspetto, «le elezioni consegnano da un lato il maggior partito del centrosinistra in calo costante di consensi, di elettori “fidelizzati”, e dall’altro una frammentazione di tutte le altre forze politiche che è preoccupante». Più che una coalizione, secondo Carrescia, che coglie l’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, «quella voluta dal Pd nel nome di una finta discontinuità e accettata o subita dagli altri era e lo si è visto un mero cartello elettorale». L’attacco frontale di Carrescia va ancora più a fondo: «Se qualche anno fa però il Pd aveva interlocutori che erano comunque espressione di sensibilità diverse ma diffuse e radicate, dall’Udc a Leu, oggi gli interlocutori sono tutti deboli se si pensa che solo Italia Viva ha superato il 3%, una soglia che le avrebbe assicurato, in una corsa solitaria il superamento della soglia di sbarramento per concorrere al riparto dei seggi regionali. Il rapporto oggi quindi cambia ma rischia di fossilizzarsi nelle solite guerre interne del Pd come già lo scontro interno che si è aperto dopo il voto dimostra».
Una frammentazione, quella del centrosinistra, fatale e che «non aiuta a creare una forte proposta riformista ma rischia solo di perpetuare l’egemonia di un gruppo dirigente ormai asfittico e gattopardesco che ha consegnato le Marche al centrodestra dopo 50 anni: una capacità di governo decrescente che si è accentuata negli ultimi anni. Mi auguro che i timidi segnali di aggregazione di quelle forze politiche, penso a Italia Viva, Azione, + Europa, Psi, esperienze di Liste Civiche che hanno un progetto riformista moderno e post ideologico che non ricorrono il populismo grillino o fallimentari modelli del secolo scorso si rafforzino e che possa maturare in questi anni di opposizione una nuova proposta politica per rilanciare lo sviluppo delle Marche».
A commentare l’esito delle urne è anche Sauro Longhi, l’ex rettore della Politecnica delle Marche, il cui nome era ventilato come possibile candidato governatore in grado di unire Pd e 5 Stelle. «I marchigiani, oggi più che nel passato, sono preoccupati per i tanti problemi che investono la nostra regione, dalla ricostruzione post-terremoto, alla congiuntura economica, al miglioramento del servizio sanitario e assistenziale, solo per citare i più importanti, quelli che si possono toccare con mano. E per il nuovo governo regionale hanno scelto di cambiare. La scelta sicuramente non si è basata sui programmi, perché di questi non si è quasi mai discusso, ma su un generico desiderio di cambiamento. Al centrosinistra sono mancati elementi di innovazione e di discontinuità rispetto al passato, si è voluto replicare lo stesso modello rinunciando ad aprire un vero laboratorio politico di area progressista – dichiara togliendosi qualche sassolino dalla scarpa – , aperto ad idee e persone che avrebbero fatto la differenza con proposte e programmi attenti ai problemi delle persone e proponendo agli elettori vere proposte di cambiamento capaci di risolvere i tanti problemi della Regione. Ma così purtroppo non si è voluto fare. Ora non ci resta che scoprire i programmi che il centro destra intende attuare nei prossimi 5 anni».
Anche in casa 5 Stelle la delusione è forte. A parlare è il senatore Mauro Coltorti: «Il Movimento 5 Stelle ha subito una pesante sconfitta nella regione. Non possiamo negare le evidenze anche se la polarizzazione del voto ha certamente amplificato la portata della sconfitta. Chi ha veramente perso nelle Marche è il Partito Democratico che ha pagato anni di privatizzazioni dei beni comuni e di dismissioni sistematiche dei servizi ad iniziare dalle strutture sanitarie regionali. Noi abbiamo pagato, ancora una volta, l’inesperienza e la mancanza di una organizzazione capillare nel territorio. Vedremo se questa tendenza sarà invertita o se la destra andata al governo continuerà nelle privatizzazioni e nelle dismissioni dei servizi.
Dalle sconfitte si deve imparare e prendere le misure per ripartire».